In una mia nota del maggio 2010 (https://www.grey-panthers.it/in-scena-diversamente-insieme-di-attilio-a-romita/) riferivo, tra l’altro, la notizia di una iniziativa del Centro Studi Enrico Maria Salerno con il sostegno della Fondazione Roma-Arte-Musei, il patrocinio di Roma Capitale ed in collaborazione con la direzione della Casa Circondariale Rebibbia. Scopo del progetto è mettere in scena opere teatrali con la partecipazione attiva di detenuti. Siamo ormai al terzo anno ed è giusto testimoniare il suo successo in termini teatrali e non solo umani. Il teatro, come specchio della vita, è in grado di esaltare valori positivi e negativi e la partecipazione a questa rappresentazione del mondo reale è certamente uno strumento molto utile per aiutare il reinserimento di chi, per i motivi più diversi, si è escluso dal flusso normale della comunità.
Ma torniamo alla “FESTA”, uno spettacolo corale ideato e diretto da Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito, messo in scena sul Palcoscenico del Teatro Argentina di Roma da una Compagnia formata da 20 “ospiti del Reparto G8 di Rebibbia e 20 giovani allievi della Accademia Nazionale di Arte Drammatica.
La commedia si svolge in due momenti, distanti 12 anni, della vita che un gruppo di cuochi passano a bordo di un transatlantico. I due piani temporali si svolgono e si intrecciano quasi a mostrare quello che si desiderava fosse e quello che realmente è accaduto. I “cuochi protagonisti”, giovani pieni di illusioni, si sono arruolati, vantando esperienze che non avevano, per raggiungere la nuova terra promessa, l’America. Ma il desiderio di rinforzare le loro economie li ha trattenuti a bordo e le traversate si sono succedute anno dopo anno quasi fossero una condanna.
All’inizio del loro andirivieni senza fine una bambinetta, Marion la figlia dell’armatore, è stata il filo rosso che li ha trattenuti a bordo. La bimba ha trascorso i suoi primi 6 anni di vita a bordo ed i cuochi hanno riversato su di lei i loro sentimenti paterni. Poi un giorno la bimba è tornata a terra ed i padri putativi hanno continuato a navigare in attesa del suo ritorno.
LA FESTA è quella del diciottesimo anno di Marion che finalmente, anche per solo un giorno, tornerà a ritrovare i suoi amici cuochi. I preparativi sono frenetici, il menu della festa dovrà essere antico, come ricordo di giorni felici, e moderno per essere adeguato alla moderna signorina che si immagina sia diventata la Marion diciottenne. Purtroppo le ore passano e di Marion non si ha notizia, sembra quasi sparita. Si intrecciano pensieri, illusioni e riflessioni amare su quello che poteva essere e non è stato e forse non sarà mai. A fine giornata una brillante idea teatrale chiude lo spettacolo: ognuno dei protagonisti immagina di avere accanto la sua “Marion” virtuale con la quale tener vivo il ricordo e la speranza.
Tutto lo spettacolo è stato allo stesso tempo divertente e commovente ed è stata perfetta l’integrazione tra i novelli attori, i detenuti, ed i futuri attori, gli Allievi dell’accademia.
Spettacolo a parte è stato il pubblico che, oltre un certo numero di invitati, era composto da parenti ed amici dei novelli attori in scena. Un pubblico attivamente coinvolto che ha sottolineato con battimani ed apprezzamenti vocali. Un piccolo episodio per mostrare il coinvolgimento del pubblico. Sulla scena appare un nuovo personaggio e l’attore recita : “ma tu chi sei? Da dove sei uscito?”, una voce del pubblico, con perfetto tempismo, risponde: “Quello è mi’ padre!”.
Non ho cronometrato gli applausi finali ed il numero di chiamate che giustamente hanno sottolineato l’ottimo lavoro di Attori, Autori e Tecnici.
Visto il successo ed il teatro completamente esaurito, può darsi che si replichi.