A differenza del conosciuto e frequentatissimo Nepal, il Bhutan costituisce una delle nazioni più remote dell’area himalayana, e al tempo stesso anche una delle più integre e interessanti. Compresso tra le fitte giungle tropicali dell’India a sud e gli aridi altopiani del Tibet cinese a nord, questo regno grande quanto la Svizzera ma abitato da appena 700 mila anime ha aperto le frontiere agli stranieri soltanto nel 1974, ponendo termine a un volontario isolamento millenario che aveva conservato fino al XX° secolo una società feudale e medievale. Ma anche in grado di recuperare in pochi decenni e di assimilare concetti moderni e addirittura avveniristici: ben un terzo del territorio è stato dichiarato parco nazionale, tutti i monumenti storici vengono protetti, è severamente vietato fumare ovunque per legge e i sacchetti di plastica sono stati aboliti da tempo. Uno dei pochi regni buddisti ad aver mantenuto un giusto equilibrio tra tradizione e modernità. Paese piuttosto strano il Bhutan, profondamente impregnato dalla filosofia buddista, ma soprattutto lontano un universo dalla nostra mentalità. Secondo i parametri occidentali basati sul PIL (Prodotto interno lordo), si tratterebbe di una delle nazioni più povere della terra; in realtà qui nessuno muore di fame, non esistono mendicanti, né disoccupati, né criminalità, il 90 % della popolazione ha accesso gratis alla sanità, profilattici compresi, il 78 all’acqua potabile, l’88 al sistema fognario e l’aspettativa di vita negli ultimi 14 anni è passata da 47 a 66 anni. Parametri da sogno nel continente indiano.
La spiegazione risiede nel fatto che in Bhutan, terra ricca di spiritualità e misticismo che noi nemmeno riusciamo ad immaginare, ragionano in maniera completamente diversa dalla nostra, con priorità e valori del tutto differenti, tanto da aver sostituito il PIL con il FIL (Felicità interna lorda). Questa sigla, condivisa e sostenuta anche dal Dalai Lama, pone la persona al centro dello sviluppo, riconoscendo che l’individuo ha sì bisogni materiali, ma prima ancora spirituali ed emozionali; il miglioramento degli standard di vita deve comprendere il benessere interiore, i valori culturali e la protezione dell’ambiente, mentre lo sviluppo deve puntare ad aumentare la felicità delle persone, piuttosto che alla crescita economica. I bhutanesi diffidano della ricchezza perché temono i danni che potrebbero derivare alle loro tradizioni culturali. Provate a dirlo nel resto del mondo.
Cosa può offrire allo straniero questo Paese uscito appena ieri dal feudalesimo medioevale ? Almeno tre cose: la varietà ambientale e paesaggistica, l’architettura e i festival religiosi. Il territorio spazia dalle pianure nella valle del Brahmaputra, poco sopra il livello del mare, alle colline e agli altopiani centrali a 2-3.000 m fortemente incisi dai fiumi, fino alle cime del versante sud dell’Himalaya alte fino a 7.300 m, molte ancora inviolate perché interdette agli alpinisti. Il 72 % si presenta ricoperto da foreste intatte, il 20 da nevi perenni, il 26 da aree protette che ospitano elefanti, leopardi, tigri, scimmie, rinoceronti, orsi, panda, cervi, antilopi e tanti uccelli, con una delle maggiori biodiversità del pianeta. Singolari le abitazioni rurali, assai simili agli chalet svizzeri, in un contesto lindo e ordinato da meritare l’appellativo di Svizzera del continente indiano.
Esiste poi una quantità incredibile di edifici religiosi: i goemba sono monasteri buddisti ubicati spesso in luoghi appartati e di non facile accesso, contenenti uno o più templi con le cappelle di preghiera, gli altari e le statue delle divinità. Infine i chorten sono dei piccoli stupa presenti un po’ ovunque, contenenti reliquie e luoghi di preghiera e di offerte. Dopo la distruzione cinese delle opere d’arte in Tibet, quelle del Bhutan sono rimaste le uniche testimonianze della cultura religiosa e artistica del buddismo tibetano. Gran parte degli dzong e dei monasteri organizzano una grande festa annuale, le quali costituiscono momenti di intensa suggestione scenografica e di aggregazione sociale, con musiche, danze, canti, rappresentazioni teatrali, cerimonie religiose, preghiere, processioni votive, benedizioni e mercatini, che durano tre giorni dall’alba al pomeriggio, il tutto al suono di tamburi, gong, trombe e cimbali. Dato il loro elevato numero, in ogni momento dell’anno ce ne sono parecchi in contemporanea
L’operatore urbinate “Apatam Viaggi” (tel. 0722 32 94 88, www.apatam.it, apatam@apatam.it), specializzato dal 1980 in turismo culturale con accompagnamento qualificato, propone in Bhutan un tour di gruppo di 13 giorni, dedicati alla visita dei principali monumenti storici e artistici del Paese in occasione del celebre Festival di Paro, la più importante manifestazione religiosa e folkloristica che si svolge in uno dei monasteri più grandi e visitati. Partenza il 20 marzo 2016 con voli di linea Lufthansa da vari aeroporti italiani via Francoforte e Delhji, percorso in pullman privato e veicoli 4×4 con accompagnatore dall’Italia, pernottamenti nei migliori lodge e resort esistenti lungo l’itinerario con pensione completa, quote da 4.300 euro in doppia tutto compreso.