Se non fosse per le apparizioni mariane, Medjugorje sarebbe ancora un anonimo e sconosciuto paese collinare di viticoltori nel sud-ovest dell’Erzegovina, a breve distanza dai confini meridionali della Croazia, attanagliato tra storici problemi etnici e religiosi, formando un’enclave croata e cattolica in una nazione a netta prevalenza bosniaco-musulmana e serbo-ortodossa. Ma il 26 giugno 1981 sei ragazzi tra i 10 e i 16 anni annunciano che è comparsa loro in visione la Madonna, presentatasi in un bagliore di luce con il titolo di “Regina della Pace”, affidandogli messaggi e disposizioni di preghiera e di carità. Per tre ragazzi le apparizioni si ripetono tutti i giorni, ancora oggi a distanza di 35 anni (e che alcuni adulti e sposati hanno lasciato il paese, una vivendo a Monza, un altro a Boston), mentre per gli altri tre soltanto saltuariamente. La voce si spande in un baleno, cominciano ad arrivare macchine di curiosi, poi pullman di fedeli e charter di pellegrini in questa novella Lourdes dei Balcani, guidati dagli immancabili fanatici religiosi, locali ed esterni.
Il paese si trasforma: case, fienili e magazzini si trasformano in alberghi, ristoranti, negozi di souvenir, agenzie di viaggi, e tutti ne beneficiano trovando ognuno il proprio business. La chiesa, sempre prudente in materia, in mancanza di miracoli e guarigioni inspiegabili, si astiene da giudizi definitivi. In fondo preghiere, messe e processioni, se pur in maniera esagerata, non hanno mai fatto male a nessuno. Poi arriva la terribile guerra civile etnica jugoslava: Medjigorje si salva, non per intercessione divina, ma perché compatta enclave croata, ma tutto intorno scoppia la delizia della pulizia etnica e la vergogna delle fosse comuni. Dopo il conflitto, l’ostilità da parte delle autorità religione (in prima fila Papa Francesco) e la crisi economica fanno crollare l’afflusso turistico (arrivato negli anni d’oro ad oltre un milione all’anno), creando non pochi problemi economici a tutto l’indotto. In paese c’è poco da vedere: tutto gravita sulla lunga via principale che conduce alla centrale chiesa di San Giacomo, epicentro delle funzioni religiose, con la sua arena estiva di preghiera dotata di 5 mila posti a sedere; nei pressi una grande statua metallica del Cristo senza croce. A meno di 3 chilometri si trovano invece la Collina delle Apparizioni e il Monte della Croce, luoghi di preghiera e di processione lungo impervi sentieri, entrambi dotati di Via Crucis.
Detto tutto ciò Medjugorje, con la sua collaudata ricettività alberghiera a prezzo di saldo (e una cucina di terra e di mare d’impronta italiana davvero genuina a prezzi per noi incredibili), merita una visita di parte di tutti. Per chi ha fede c’è soltanto l’imbarazzo della scelta tra le molteplici funzioni religiose, per chi fede non ha costituisce un formidabile punto di partenza per una serie di escursioni in giornata nel raggio di 50 km ad alcune località poco note, di sicuro interesse turistico.
Blagaj è un grazioso villaggio tra Mejugorie e Mostar, dominato dall’alto dai resti di una panoramica fortezza quattrocentesca, che ospita il Tekija, un monastero derviscio di legno e muratura che sporge in maniera suggestiva da una cavità della parete precipite, affacciato sulle rumorose acque verde azzurro della risorgente del fiume Buna. Questo monastero, meta di pellegrinaggi, ospita al piano superiore i sepolcri di due dervisci tagiki qui giunti nel 1400. La vista migliore sul complesso, che ispira pace e quiete interiore, si gode dalla sponda opposta del fiume. Lungo la strada di accesso si incontra una tipica residenza nobiliare ottomana del 1700, con giardino, isolotto e mulino. Pocitelj, poco a sud di Medjugorie, costituisce uno dei migliori esempi di villaggio etnografico turco bosniaco di stile ottomano, contenuto entro un anfiteatro roccioso naturale affacciato sulla Neretva,e dominato dall’alto dai resti di un vecchio castello con possenti bastioni. Rappresenta un’altra preziosa testimonianza della follia etnica balcanica degli anni 90: fu infatti bombardato e quasi raso interamente al suolo, oggi completamente ricostruito per infondere un minimo di speranza nel domani. Era un’importante roccaforte militare, ungherese nel Medioevo poi turco ottomana, con due potenti torri di difesa, le case con i tetti i pietra, moschee con minareti, scuole coraniche, bagni turchi e quant’altro, un borgo-museo a cielo aperto tra i melograni, una città di pietra che merita un visita ed una sosta per apprezzare le sue genuine bevande di frutta fresca.