Dopo lo straordinario risultato del primo appuntamento, torna l’abbinata di capoluoghi veneti (prima Verona, alla Gran Guardia, dal 26 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014; poi Vicenza, in Basilica Palladiana, dal 22 febbraio al 4 maggio 2014) per la seconda, grande esposizione promossa tra Verona e Vicenza dal Comune di Verona, dal Comune di Vicenza, dalla Fondazione Cariverona e da Linea d’ombra, main sponsor UniCredit, special sponsor Segafredo Zanetti, a cura di Marco Goldin.
Questo secondo capitolo è dedicato alla storia del paesaggio in Europa e in America dal Seicento al Novecento.
Il precedente del ciclo, come si ricorderà, era stato riservato alla storia dello sguardo e dunque alla vicenda del ritratto ma anche alla descrizione del corpo. Nelle due sedi i capolavori riuniti da Marco Goldin erano stati ammirati da 367.999 persone.
“Verso Monet” intende invece raccontare lo studio della natura a partire dal XVII secolo, per giungere alle ninfee dipinte da Claude Monet nella prima parte del Novecento.
Facendo ricorso a oltre novanta dipinti e a dieci preziosi disegni provenienti come sempre da alcuni tra i maggiori musei del mondo, e da alcune preziose collezioni private, la mostra sarà divisa in cinque sezioni, che descriveranno i momenti fondamentali legati alla narrazione della natura come fatto autonomo e indipendente rispetto all’inserimento delle figure. Insomma, quella sorta di emancipazione dell’immagine quando il paesaggio non è più visto come semplice fondale scenografico, ma campeggia quale divinità assoluta e dominante.
Per questo motivo la mostra prenderà in esame i punti di snodo di una vicenda che diventerà sempre più centrale nella storia dell’arte, fino a giungere all’Ottocento, che a buon diritto è stato denominato “il secolo della natura”. Quindi, senza allargarsi a innumerevoli e frazionate esperienze, starà piuttosto stretta ai cardini fondamentali. E in questo senso il titolo dell’esposizione sancisce l’idea dell’enorme cambiamento attuato da Claude Monet a partire dalla seconda metà degli anni sessanta del XIX secolo, lui impegnato in quel momento a dipingere nella foresta di Fontainebleau e sulle coste della Normandia sulla scia di Boudin. Monet che trapassa dal senso pur nobile della realtà, che a Corot prima di lui giungeva da una tradizione secolare – evidenziata in questa mostra –, e si spinge con le ninfee finali, ma già con le “serie” dell’ultimo decennio dell’Ottocento, verso il campo aperto di un paesaggio che non dimenticando appunto la realtà si appoggia quasi totalmente ormai sull’esperienza interiore. Aprendo così ad alcune delle manifestazioni più belle e nuove della natura dipinta nel corso del Novecento. Monet dunque quale paradigma del nuovo paesaggio, il punto di attraversamento tra un prima e un poi. Per questo motivo, la sua presenza coprirà una parte ampia dell’intera esposizione, con venti dipinti. Una vera e propria mostra nella mostra.
Il percorso della mostra prende il via da “Il Seicento. Il vero e il falso della natura” proseguendo in “Il Settecento. L’età della veduta”, quindi “Romanticismi e Realismi”, poi “L’Impressionismo e il paesaggio” per approdare a “Monet e la natura nuova”.
Per cui la mostra trascorrerà dalle esperienze introduttive di Annibale Carracci e Domenichino, fino a quelle, dai primi due derivate e fondamentali, di Lorrain, Poussin e Salvator Rosa nel XVII secolo per documentare il passaggio dal falso al vero della natura, per andare poi nell’Olanda sempre seicentesca di Van Ruisdael, Seghers, Van Goyen e Hobbema tra gli altri, quando la verità del vedere fonda il paesaggio moderno. E una decina di disegni da Lorrain a Rembrandt, da Koninck a Van Ruisdael, segneranno l’importanza di questa tecnica nell’esplorazione diretta della natura. Per incontrare quindi subito alcuni artisti che sono stati pietre miliari per la nuova immagine del paesaggio. Come diranno bene talune vicende successive, nel Settecento e ancora nell’Ottocento. Per il Settecento si è scelta prima la sosta su Van Wittel, per la nascita del concetto di veduta, e poi un suggestivo, e importante, affondo veneziano tra Canaletto, Bellotto e Guardi a sintetizzare la meravigliosa età della veduta veneziana, con una ventina di opere per lo più provenienti da musei americani e per questo esposte raramente o mai in Italia.
Per entrare poi nel XIX secolo, con le figure imprescindibili di Turner, Constable e Friedrich, coloro che ridisegnano l’idea della natura entro il nuovo spirito romantico. I vari realismi porteranno quindi la mostra tra la Francia di Barbizon, la Scandinavia, l’Est Europa e l’America della Hudson River School. Fino a che giunge Monet a rovesciare, utilizzando dapprima gli elementi proprio del realismo, il concetto di paesaggio dipinto. E lasciandosi così affiancare dai compagni impressionisti e post impressionisti, da Renoir a Sisley, da Pissarro a Caillebotte, da Degas a Manet. Per giungere alle esperienze fondamentali di Van Gogh, Gauguin e Cézanne. Tutti presenti con nuclei di opere selezionate, a cominciare dalle sette di Vincent van Gogh, grazie alla usuale, preziosa collaborazione del Van Gogh Museum di Amsterdam e del Kröller-Müller Museum di Otterlo. Per dire solo di due dei musei prestatori, che poi vanno dalla National Gallery di Washington al Museum of Fine Arts di Boston, dal Philadelphia Museum of Art al National Museum of Wales di Cardiff, dallo Stedelijk di Amsterdam allo Szepmuveszeti di Budapest solo per citarne alcuni tra i tanti.