Una parentesi nel tempo, una spanna di terra, una mezzaluna di colline e campagne solcata dalle acque generose del Piave e del Sile, ricompresa tra Asolo a est e Oderzo a ovest, nei primi cinquant’anni del Cinquecento è stata grembo fecondo per una cultura di contaminazione e mutamento. Una storia di arte e pensiero raccontata da «Un Cinquecento inquieto. Da Cima da Conegliano al rogo di Riccardo Perucolo». La mostra, aperta dall’1 marzo fino al 8 giugno a Palazzo Sarcinelli di Conegliano,curata da Giandomenico Romanelli e Giorgio Fossaluzza e promossa dalla Città di Conegliano e Civita Tre Venezie, con la partecipazione della Regione del Veneto, narra con ampia testimonianza di opere, documenti, oggetti di culto, incunaboli, quella storia così poco nota e così ricca che caratterizzò la vita culturale e artistica del territorio coneglianese nella prima metà del XVI secolo. La data di partenza del percorso espositivo è il 1517, cioè la scomparsa di Cima da Conegliano – di lui in mostra
La piccola città del «Colle di Giano», mai giunta veramente alla dignità di civitas, mostra in quel periodo la brillantezza di un centro di interessi economici e di scambi – sul tracciato verso il nord, allo sbocco della vallata che si chiude con Ceneda e appena più a settentrione Serravalle – che la resero luogo di riferimento
Di Ceneda era Marcantonio Flaminio, umanista di rara sensibilità nella difficile mediazione tra riforma e tradizione, così come Alessandro Cittolini di Serravalle, umanista proteso alle ragioni dell’intelletto, indotto a fuggire all’estero perché in odore di eresia e morto a Londra. Tensioni non omologate con l’ortodossia cattolica, inquietudini illuminate da una luce che veniva dal nord, dal fuoco sempre più vivace delle chiese riformate; giochi di potere che coinvolgevano interessi ben al di sopra della religione.
Di un tessuto complesso, innervato di innovazione e tradizione, di entusiasmi e timori, la mostra al Sarcinelli raccoglie molto e molto addita, essendo il patrimonio artistico dell’inquieto cinquecento disseminato in pievi e palazzi della «mezzaluna inquieta»; ciò che si ammira nell’esposizione è richiamato da percorsi necessari e sorprendenti che si snodano nel vicino territorio. Così a pochi metri dalla sede espositiva, la Scuola dei Battuti con gli affreschi di Francesco da Milano annunciati in mostra da una splendida sala dedicata alle xilografie di Dürer, fonte della iconografia del da Milano, di cui è esposto anche un magnifico trittico provenente da Caneva di Sacile.
Accanto a eccellenze assolute come Palma il Vecchio con la grande pala di San Pietro dalle Gallerie dell’Accademia o la pala Paris
Fonte: Corriere del Veneto