Costruire il Novecento: a Bologna mostra Palazzo Fava

Oggi il gran circo internazionale dell’Arte Contemporanea vuole che i collezionisti considerino le opere d’arte alla stregua di uno dei tanti anonimi prodotti finanziari che si posseggono, sì, ma non si vedono e tanto meno si toccano perché vivono la loro particolare vita virtuale e lontana, per cui l’opera d’arte fila dritta nel caveau della banca.

Eppure solo fino a qualche decennio fa i quadri venivano ancora appesi in salotto, tappezzavano tutte le pareti di casa, e il proprietario, fiero, li rimirava per il suo colto piacere.

Così è stato per la magnifica collezione Giovanardi (ora esposta nella sua interezza a Palazzo Fava a Bologna), una delle grandi collezioni che in Italia sono state formate dal secondo dopoguerra in poi, e che spesso sono andate a costituire il nucleo fondante di un museo o di una istituzione ora aperta al pubblico.

In trent’anni il professor Augusto Giovanardi assieme alla moglie Francesca, approfondendo la loro passione per la pittura hanno cercato fior da fiore le opere che sarebbero entrate nella loro casa. Si potrebbe addirittura parlare di innamoramento quadro dopo quadro perché le opere sono scelte “per la loro individuale capacità di catturare l’emozione di chi li guarda, per la loro misteriosa capacità di ‘restituire lo sguardo’ che viene loro rivolto”, come ben scrive la curatrice Silvia Evangelisti.

I Giovanardi frequentavano le migliori Gallerie d’arte di Milano e conoscevano i più grandi artisti italiani a loro contemporanei. Era la borghesia lombarda illuminata di quegli anni, quella che è stata capace di dare vita a un mecenatismo che non ha paragoni nell’Italia del XX secolo. Ricordiamo solo i nomi di Gianni Mattioli, Riccardo Jucker, Emilio Jesi, Antonio Boschi, Lamberto Vitali, Luigi Magnani: il loro sentimento di responsabilità nei confronti della comunità si è espresso attraverso importanti lasciti e comodati a istituzioni pubbliche.

I capolavori della collezione Giovanardi sono stati esposti al Mart di Trento-Rovereto per 20 anni e ne hanno costituito la struttura portante, ora sono in mostra a Bologna fino al 25 giugno. Il criterio espositivo ci porta a ricostruire i principali snodi della pittura italiana del Novecento, come il rapporto controverso tra due grandissimi Giorgio Morandi e Osvaldo Licini, amici nella giovinezza e ‘nemici’ nella maturità. La pittura in Italia tra le due guerre con Mario Sironi, Carlo Carrà, Massimo Campigli cercava la costruzione architettonica dello spazio indagato plasticamente, l’equilibrio nella composizione e la solidità nella forma (non a caso la mostra s’intitola “Costruire il Novecento”). L’ultima sezione della mostra è stata chiamata “Oltre la forma: il sogno e la terra” perché alla fine degli Anni Trenta la plasticità formale costruttiva comincia a sfaldarsi. Pittori della ‘terra’ come Arturo Tosi, Ottone Rosai, Mario Mafai prediligono ognuno con il suo stile la pennellata materica, istintiva, anche espressionista. I pittori del ‘sogno’ come Filippo De Pisis, Pio Semeghini, invece amano una pittura sottile, veloce, eterea e a volte graffiante.

Una mostra dove la qualità artistica è indubbiamente alta, assolutamente da non perdere.

Testo di Silvia Camerini

Costruire il Novecento-Capolavori della Collezione Giovanardi

 Palazzo Fava, via Manzoni 2, Bologna

Fino al 25 giugno 2017

Orari: da martedì a domenica 10-19, lunedì chiuso

Catalogo BUP euro 34

 

 

 

redazione grey-panthers:
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