Alle 6,20 del mattino comincia la giornata di Georges Simenon. Dopo una doccia fredda e una bevanda calda si chiude nel suo studio portandosi dietro un thermos con vino, whisky, tè o caffè. Naturalmente sulla scrivania vi è una collezione di pipe e una miscela di tabacco speciale al fianco di un astuccio di pelle rossa contenente una decine di matite temperate. Seguendo poi un calendario da lui preparato dopo solo tre ore di scrittura un nuovo capitolo del romanzo a cui sta lavorando è finito. Metodico e preciso il romanziere belga ci ha regalato più di duecento romanzi nel corso della sua vita leggendaria. È venerdì 13 febbraio 1903 al numero 26 di rue Léopold a Liegi, Belgio, quando viene alla luce Georges Simenon, registrato dalla madre all’anagrafe il 12 per motivi scaramantici. I Simenon, Désiré il padre d’origini bretoni, un impiegato e Henriette Brull, sua madre, una commessa la cui famiglia proviene dalla Germania, sono gente modesta. Georges va a scuola dai gesuiti, abbracciando studi classici che lo indirizzano presto verso la scrittura. Giovanissimo entra alla Gazette de Liège, dove tiene una rubrica quotidiana e dopo la morte del padre si trasferisce a Parigi iniziando una collaborazione con Le Matin e quasi contemporaneamente si sposa con Régine Renchon detta Tigy. Sistematosi in un appartamento in Place des Vosges, Simenon comincia così la sua fortunata carriera di scrittore, mandando alle stampe un’infinità di romanzi popolari, ottanta in pochi anni, dal 1925 al 1934. La sua prolificità narrativa si esprime particolarmente quando è a bordo della sua imbarcazione “Ginette” con la quale si muove sui canali francesi. Nel 1931 in Olanda, il suo battello Ostrogoth, un cutter di dieci metri, si ferma perché in avaria. E’ qui che lo scrittore, accompagnato dalla moglie, mette a punto il personaggio di quello che diventerà uno dei poliziotti più famosi della letteratura ed anche del cinema. Jules Maigret con la sua immancabile pipa diventa così il protagonista di tantissimi romanzi, tra i più noti, “Maigret e il caso Saint Fiacre”, “Maigret si difende” e “Maigret e il corpo senza test”. Nel 1935 nasce Marc il suo primogenito e nel 1940 la guerra costringe Simenon a trasferirsi a Fontenay-le-Comte, un piccolo villaggio della Vendea. Alla fine del conflitto lo scrittore è coinvolto in una polemica con il comitato di epurazione che lo accusa di collaborazionismo con l’occupante nazista; accusa dalla quale verrà in seguito prosciolto. Gli Usa diventano così la sua seconda casa. Simenon a New York sposerà la seconda moglie Denyse Ouimet. Va poi ad abitare nel Connecticut, dove dà alla luce molti dei suoi lavori più significativi, quali “Tre camere a Manhattan”, 1946 e “La neve era sporca”, 1948. Nel 1949 nasce il suo secondo figlio John e nel 1953 la figlia Marie-Jo. Nel 1955 stufo della vita americana torna in Francia e si stabilisce prima a Cannes e due anni dopo nel cantone svizzero di Vaud, diventando padre del suo ultimo figlio Pierre. Ancora molti viaggi in giro per il modo per Simenon che nel 1963 trasloca di nuovo, prendendo casa vicino a Losanna. Lasciato dalla moglie, sarà accudito per il resto della sua vita da Teresa Sburelin, una domestica d’origini friulane. E’ il quel periodo che lo scrittore entra nel pieno della sua maturità artistica firmando i romanzi “Il Presidente”, 1958, “Betty”, 1961, “L’ottavo giorno”, 1963, “Il gatto”, 1967 e la monumentale biografia del 1973. Muore il 4 settembre 1989 a Losanna.
Il cinema e Georges Simenon
Sessantacinque film sono stati tratti dagli oltre quattrocento romanzi da lui scritti, non dimenticando una moltitudine di sceneggiati e adattamenti televisivi realizzati in tutto il mondo. Ovviamente tanti sono i registi che si sono cimentati con le sue opere, dal già citato Marcel Carné (La vergine scaltra, 1949) a Jean – Pierre Melville (Lo sciacallo, 1962), da Claude Chabrol (Betty, 1992) a Pierre Granier –Deferre (L’evaso, 1972; Noi due senza domani, 1973) e a Patrice Leconte (L’insolito caso di Monsieur Hire, 1988). I romanzi di Simenon, incentrati sulle atmosfere e sugli stati d’animo dei personaggi rappresentati, appaiono spesso antitetici rispetto ad un’idea di cinema tradizionale, che si basa invece sulla recitazione e sulla sceneggiatura. Paradossalmente i libri dello scrittore belga si sono sempre prestati a varie chiavi di lettura; terreno fertile per la creatività di molti sceneggiatori e registi cinematografici. Nel 1932 a Simenon è offerto di portare sullo schermo un terzo film, dopo La nuit du carrefour e Le chien jaune, dal titolo Il delitto della villa, tratto dal suo romanzo “Una testa in gioco” del 1931. Il cinema è ormai entrato prepotentemente nel mondo affascinante dello scrittore. Dalla fine degli anni Trenta all’inizio degli anni Quaranta anche altri suoi testi letterari sono riproposti sul grande schermo. Georges Lacombe, Louis Daquin, Maurice Tourneur sono i registi che realizzano pellicole tratte da Simenon. Henri Decoin si segnala nel 1941 per la regia di un’ottima pellicola, Gioventù traviata prodotta dalla Continental, la casa di produzione voluta dagli occupanti nazisti per imporre un cinema di regime. Les
Il commissario Maigret
Jules Maigret nasce secondo la fantasia di Simenon nel 1887 a Saint Fiacre nell’Allier. A nove anni rimane orfano di madre ed è allevato da una zia a Nantes, dove studia medicina. Rimasto nuovamente solo interrompe gli studi e si trasferisce a Parigi per entrare in polizia. Dopo una lunga gavetta come flic (è stato agente- ciclista portamessaggi, poi alla Buon Costume, alla sorveglianza delle stazioni della metropolitana e agli incroci), Maigret nel 1913 entra al 36 Quai des Orfévres, sede anche della mitica Brigade Criminelle. Nei romanzi di Simenon il poliziotto ha dai 45 ai 60 anni d’età. Fuma la pipa, porta il cappello, beve birra, divora lo spezzatino di vitello e vive nella Parigi dagli anni Trenta agli anni Settanta. Risolto l’ultimo caso va in pensione e si ritira a Meung- sur –Loire in una villetta con il giardino che cura con passione. Lo scrittore lo ha fatto abitare al 21 di Place des Vosges e al 132 di Boulevard Richard – Lenoir “. Maigret è il personaggio simenoniano che è stato maggiormente saccheggiato dal cinema e dalla televisione, oltre che in Francia, sul piccolo schermo in Inghilterra, Germania, Francia, Italia, Olanda, Unione Sovietica e Giappone (l’attore che lo ha interpretato aveva ovviamente gli occhi a mandorla!). In Italia la Rai lo ha reso celebre con il familiare Gino Cervi in un’amatissima serie, Inchieste del Commissario Maigret, trasmesse in bianco e nero dal 1964 al 1972. Quattro cicli di gran successo. La prima volta di Maigret al cinema è per merito di Jean Renoir che dirige nel 1932 La nuit du carrefour, tratto dal romanzo “Il crocevia delle Tre Vedove” con Pierre Renoir, seguito nello stesso anno da Le chien jaune di Jean Tarride, dal romanzo “Il cane giallo”, nel quale il celebre poliziotto è interpretato da Abel Tarride. Se dalla sua nascita fino alla seconda guerra mondiale, periodo corrispondente ai primi due cicli, 1929- 1933 e 1938- 1941, il commissario era stato un tipico funzionario statale, trovando a detta dello stesso Simenon, la sua miglior incarnazione filmica nel Pierre Renoir di La nuit du carrefour, nel terzo ciclo, dal dopoguerra al 1972, Maigret è più riflessivo, una via di mezzo tra il confessore e lo psicologo. Dal 1991 al 2005 Bruno Cremer, ottimo attore francese è protagonista di ben cinquantaquattro episodi della serie televisiva Il commissario Maigret e nel 2004 anche il nostro Sergio Castellitto si cimenta nei panni del poliziotto più famoso di Francia nella serie tv Commissario Maigret diretta da Renato De Maria con Margherita Buy nel ruolo della moglie del celebre commissario. Ancora nel 2016 è l’attore inglese Rowan Atkinson, famoso per il personaggio di Mr. Bean, si cimenta nel poliziotto con la pipa nei quattro episodi della serie televisiva di buon successo Maigret prodotta dal figlio dello scrittore John Simenon.
Jean Gabin, il più classico dei Maigret
Nel 1955 al ritorno dagli Usa Georges Simenon scrive due romanzi, ”Maigret et le corps sans tete” e “Maigret tend un piège”. Nel 1957 esce in Francia Il commissario Maigret, il film diretto da Jean Delannoy ed interpretato da Jean Gabin, a cui seguiranno, sempre con Gabin, Maigret e il caso di Saint- Fiacre, 1959, ancora per la firma di Delannoy e Maigret e i gangsters, 1963 di Gilles Grangier. Le tre pellicole contribuiscono a rinsaldare il successo e la popolarità dell’attore dopo la fama conquistata negli anni Trenta (Il Porto delle nebbie, Alba tragica, La grande illusione e L’angelo del male) e la parentesi della guerra nella quale egli combatte per la Francia libera contro il nazismo. Dal 1945 in avanti Jean Gabin, anche in seguito al naturale mutamento del suo fisico dovuto all’inevitabile passare degli anni, fa molta fatica a trovare ruoli a lui adatti. Fortunatamente il divo francese riscopre proprio in questo personaggio, il fascino e la grinta giusti per riconquistare il suo pubblico. Nasce così anche una grande amicizia e stima tra l’attore e lo scrittore che durerà tutta la vita.Nel 1958 Gabin sarà il protagonista di un’altra pellicola tratta dal libro di Simenon “In caso di disgrazia”, portata sullo schermo da Claude Autant- Lara e tradotta in italiano con il titolo La ragazza del peccato. Il film fa definitivamente esplodere il mito di Brigitte Bardot, qui nei panni di una giovanissima provinciale coinvolta in una rapina che cerca protezione nelle braccia di André Gobillot, un avvocato di mezza età, principe del Foro di Parigi. L’ attore era già stato l’interprete di altri film tratti da Simenon, quali La vergine scaltra, 1949 di Marcel Carné (da “La Maria del porto”); Sangue alla testa, 1956 diretto ancora di Gilles Grangier (dal romanzo omonimo del 1942); Il Presidente, 1960 di Henri Verneuil; Le chat – L’implacabile uomo di Saint – Germain, 1971 di Pierre Granier –Deferre, in coppia con Simone Signoret.
Grande indagatore della natura umana raccontata attraverso migliaia di pagine scritte, Georges Simenon, il Balzac del Novecento, amava confessare: ”Non ho preferenze tra i miei romanzi. Quello che cerco è che le persone leggano, mi leggano. Perché, quando mi leggono, significa che non mi sono sbagliato troppo sull’uomo”.