Andrea Segre con Welcome Venice affronta il tema delle trasformazioni antropologiche e urbanistiche specialmente in habitat sensibili come quel museo a cielo aperto che risponde al nome di Venezia
Saranno anche presidio slow food, ma l’idea che le moeche (i granchi della laguna Veneta, come spiega bene la didascalia iniziale) vengano fritte vive, così come scampi, aragoste e altre prelibatezze marine vengono cucinate gettandole vive nell’acqua bollente, francamente ci ripugna un po’. E qualcuno dovrebbe spiegarci perché dalle nostre parti ci si indigna tanto per i poveri cani destinati ai fornelli al festival cinese di Yulin e poi si affollano gli stand della festa della porchetta di Ariccia come nulla fosse. Francamente non percepiamo la differenza. Per eliminare i patimenti inferti dagli umani agli animali, a tutti gli animali, basterebbe diventare vegetariani. Fa solo bene alla salute. Fine dello spot, parliamo di cinema e del cinema di Andrea Segre in particolare.
Che è un ottimo cinema come già mostrato nel tempo dai numerosi documentari di taglio sociologico e dai quattro film di finzione girati il 10 anni: Io sono Li (2011), La prima neve (2013), L’ordine delle cose (2017, nostro parere il migliore della quaterna) e questo Welcome Venice di due anni fa. I primi tre sullo scottante tema dell’immigrazione, questo (moeche a parte) su un problema della società fluida del XXI secolo: le trasformazioni antropologiche e urbanistiche che ne derivano specialmente in habitat sensibili come quel museo a cielo aperto che risponde al nome di Venezia. Storia esemplare e paradigmatica quella scelta dal regista: tre fratelli e una casa. Ma non una casa qualunque, una casa di veri pescatori (di moeche) nell’isola della Giudecca, quartiere un tempo popolare oggi affollato di alberghi di lusso.
Tre fratelli, ma così diversi che più diversi non si può: Toni, il più anziano, il pater familias, l’unico in grado di tenere insieme le diverse anime dei congiunti, Piero, ex galeotto, l’unico che vive nella casa della Giudecca e che fa il pescatore, e Alvise, il più imborghesito, che vorrebbe trasformare l’abitazione in un B&B per la danarosa clientela straniera. Non per nulla i residenti nel centro storico della città lagunare sono in costante calo, scesi da poco sotto la soglia d’allarme di 50mila. E pensare che ai tempi della Serenissima in riva al Canal Grande vivevano quasi 140mila persone! Storia esile come i fili di esistenze che possono spezzarsi all’improvviso. Nel casone da pesca in laguna dove si va a fare incetta di granchi. E quando il faticoso equilibrio che ha tenuto tutti insieme fino a quel momento non esiste più ecco che ognuno riesce a dare… il peggio di sé. Per soldi o per ripicca. O per entrambe. Welcome Venice, film di grande finezza, con preziose chicche per lo spettatore cinefilo: la cineteca di Piero. Il vecio rustego cita infatti nell’ordine, senza nominarli, ma evocandone solo le scene clou, Il gladiatore (2000) di Ridley Scott, Tutti a casa (1959) di Mario Monicelli e Spartacus (1960) di Stanley Kubrick. Ben strana accozzaglia di generi e stili, coerente però col personaggio. Che è poi il vero protagonista, nel bene e nel male, di tutta la vicenda. Compresa la burla finale a colpi di moeche (supponiamo non vere, ma in computergrafica). Però qui ci corre l’obbligo di una chiosa. Ma erano proprio necessari quei quattro minuti prima dei titoli di coda? Quei quattro striminziti minuti che in un colpo solo affossano quanto di buono mostrato fino a quel momento? Che bisogno c’era dopo la silenziosa carrellata verticale sui casermoni di Mestre, che dice tutto, quando finalmente anche Piero piega la sua vita sbandata al dio degli sghei e alla logica del profitto? O forse Segre pensa che noi spettatori siamo tutti così mona (scemi) da non capire la morale della favola senza che lui ce la debba sciorinare a tutto schermo? Mistero. Tant’è che lo stesso Segre nell’Ordine delle cose ci aveva ammannito un epilogo coi fiocchi fatto solo di silenzi e sottintesi. Non di moeche straripanti per ogni dove.
E allora perché vedere Welcome Venice?
Ma andè a verlo, ciò! Perché Venessia la xe sempre Venessia, ostreghèta!
Dettagli di Welcome Venice
sceneggiatura Marco Pettenello, Andrea Segre cast Paolo Pierobon (Piero) Ottavia Piccolo (Elisa) Andrea Pennacchi (Alvise) Sara Lazzaro (Lucia) Giuliana Musso (Teresa) Mariano Amadio (Tobia) Roberto Citran (Toni) Francesco Bovara (Manuel) Giuseppe Bognolo (Boris) Silvio Franceschet (Alex) Stefano Scandaletti (Giorgio) Sandra Toffolatti (Silvana) Anna Bellato (Alessandra) Francesco Wolf (Eugenio) genere commedia prod. Italia 2021 durata 99 min.
DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi