Una madre single, divisa tra il lavoro e mille impegni familiari e un papà anziano colpito da una malattia neurodegenerativa. Con Léa Seydoux, tratto dalla storia vera della registra
Mamma single multitasking, con una bimba da accudire e un papà anziano colpito da una malattia neurodegenerativa (sindrome di Benson, variante dell’Alzheimer) da assistere in modo sempre più assiduo. Alzi la mano chi non ha avuto a che fare, direttamente, indirettamente e per interposta persona, con situazioni simili. Nessuno? Bene. È il terzio millennio, bellezza, e siamo nel vecchio continente. Anzi, nel continente sempre più vecchio. Perché quando si dice che dalle nostre parti si è allungata la vita si dice qualcosa di inesatto. Bisognerebbe dire che si è allungata la vecchiaia. Che è una cosa leggermente diversa. E meno esaltante.
Ma torniamo al film Un bel mattino. La regista dice (anche nei titoli di coda) di aver concepito e scritto la sceneggiatura partendo da un’esperienza personale ossia dal diario scritto dal proprio padre, Ole Hansen-Løve, colpito dalla mattia in questione. Diagnosi devastante specialmente per chi, come lui, prima del buio della mente, è stato un intellettuale, un professore, un artista ossia una persona il cui cervello era il principale se non unico strumento di lavoro. Tema tosto, declinato ormai in mille modi e altrettanti stili dal cinema del mondo occidentale. Quello vecchio, appunto. Dagli inglesi The Father (2020) e Supernova (2021) all’italiano I limoni d’inverno (2023) a questo film francese, per citare solo i più recenti.
Il contenitore de Un bel mattino
Detto del contenuto parliamo adesso del contenitore ovvero delle scelte estetiche compiute dalla regista per impacchettare questa trama e definire i personaggi. Alla mamma multitasking, un’ottima Seydoux nei panni di Sandra, si affianca ben presto un vecchio amico (Clément, cui Paupard conferisce la giusta espressione da pesce lesso) che, altrettanto presto, diventa qualcosa di più di un amico, ossia finisce in branda. Con beneplacito della piccola Linn, una straordinaria Camille Leban Martins che batte tutto il cast. Certamente nonno Georg (un indispettito Pascal Greggory che, si vede lontano un miglio, ha mal digerito la parte) e la solita Nicole Garcia con la sua ormai incurabile sindrome da prima della classe.
Risultato: un film di Rohmer 50 anni dopo Rohmer. Un film di Rohmer senza la leggerezza dei favolosi anni ‘70. Un film di Rohmer aggiornato al XXI secolo per via degli smartphone e per via, appunto, delle malattie che oggi dettano la linea esistenziale. Ben più dei romantici sguardi sulla spiaggia con Pauline o dei raggi del sole che al tramonto diventano verdi. Un film di Rohmer persino nella musica della colonna sonora, discreta, ma ripetitiva. Anche se si tratta della Sonata n. 20 in La+ D 959 di Franz Schubert.
Un film di Rohmer 50 anni dopo con i problemi di oggi, di una società che è cambiata, ma che è cambiata in peggio. Allora diciamola tutta: Un bel mattino, un film sulla precarietà della vita e dei sentimenti, altro bel tema! Come i film di Rohmer, appunto, ma con questa differenza: che i film di Rohmer erano minuetti, questo è un requiem. Perché oggi la vita offre più ombre che luci. Ma allora il bel mattino del titolo? Lo spiega Sandra: una pagina del diario di Georg. Una pagina, appunto. Una sola pagina.
E allora perché vedere Un bel mattino?
Per quanto abbiamo scritto nelle prime dieci righe dell’articolo.
Dettagli del film Un bel mattino
titolo orig. Un beau matin sceneggiatura Mia Hansen-Løve cast Léa Seydoux (Sandra Kienzler) Melvil Paupaud (Clément) Pascal Greggory (Georg Kienzler) Nicole Garcia (Françoise) Camille Leban Martins (Linn) Fejria Deliba (Leila) Sarah Le Picard (Elodie Kienzler) genere drammatico lingua orig. francese e qualche frase di tedesco prod. Fr, Germ 2022 durata 109 min.
DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi