Da vedere in DVD: Perfect Days di Wim Wenders

Da Wenders con Perfect Days una bella lezione di cinema soprattutto per quel che il cinema è in grado di esprimere senza mostrarlo esplicitamente

Con Perfect Days si capisce cosa vuol dire l’intensità senza bisogno di dire neanche una parola. E il commento potrebbe tranquillamente chiudersi qui, con questo assioma che peraltro riassume come meglio non si potrebbe forma e contenuto (ovvero senso ed estetica) di quest’opera giapponese del 79enne cineasta tedesco Wim Wenders. Risparmiata la tiritera sugli autori della terza età già fatta a proposito di Bellocchio, vediamo tuttavia di non limitarci all’assioma in quanto i nostri maestri (Aristarco, Ferrero e Peroni) ci hanno insegnato che una critica (positiva o negativa che sia) deve somigliare a un provvedimento della magistratura. Nel senso che deve sempre essere motivata. Dunque cerchiamo di motivare.

Wenders e Yasujirō Ozu

Innanzitutto si scrive Wim Wenders, ma si deve leggere, e neppure troppo in filigrana, Yasujirō Ozu (1903-63). Ozu è l’autore certamente più amato da Wenders nel firmamento del cinema mondiale già oggetto nel 1985 del bellissimo documentario Tokyo-ga girato dallo stesso Wenders sulla vita e le opere del maestro giapponese a 22 anni dalla sua scomparsa. Non un semplice tributo, non un omaggio acritico, ma un’intelligente disamina delle caratteristiche principali del cinema di Ozu, fatto soprattutto di silenzi e assenze. Esattamente come qui. Va però subito aggiunto che se lo spirito e lo stile di questi “giorni perfetti” risentono dell’influsso remoto di Ozu non di meno lo spirito e lo stile del cinema di Wenders si emancipano dal confronto e conferiscono un’impronta del tutto originale al risultato. A cominciare dalla scelta del personaggio principale e del suo lavoro per non parlare del fenomenale design architettonico di (alcuni) bagni pubblici di Tokyo che, grazie a Perfect Days, sono diventati persino una vera e propria attrazione turistica. E se è vero quanto si legge a proposito della genesi del soggetto, ossia che la committenza iniziale era un documentario puro e semplice sulle latrine della capitale giapponese, va ascritto a ulteriore merito di Wenders l’aver trasformato quella scialba idea in una straordinaria e struggete metafora del vivere umano. Dei misteri che avvolgono ogni anima.

Wenders, cinema d’autore

Anche quella del più umile dei lavoratori della cui vita “vera” non sappiamo nulla, del cui passato non sappiamo nulla, delle cui gioie e dei cui dolori possiamo percepire solo fuggevolmente quel che affiora dal suo sguardo muto o che trapela dalle poche frasi pronunciate da chi lo incontra per scelta o per caso. Insomma: una bella lezione di cinema soprattutto per quel che il cinema è in grado di esprimere senza mostrarlo esplicitamente. Perché solo i grandi autori (e Wenders lo è come lo è stato Ozu) sono in grado di mostrare attraverso le immagini quello che le immagini non mostrano. Ed è esattamente questa l’impronta (e, oseremmo dire, la quintessenza) del cinema d’autore destinato a durare nel tempo come tutte le opere d’arte, rispetto al cinema di consumo destinato all’oblio a partire dal giorno dopo il suo passaggio sullo schermo.

Dettagli del film di Wenders

titolo orig. idem sceneggiatura Wim Wenders, Takuma Takasaki cast Kōji Yakusho (Hirayama) Tokio Emoto (Takashi) Arisa Nakano (Niko) Aoi Yamada (Aya) Yumi Asō (Keiko) Tomokazo Miura (Tomoyama) genere drammatico lingua orig. giapponese prod. Giappone, Germania 2023 durata 123 min.

 

DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi

 

Egidio Zanzi:
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