Da vedere in DVD: Il male non esiste di Mohammad Rasoulof

Il male non esiste è un film composta da quattro episodi con un tema centrale, la pena di morte in Iran. L’opera di Rasoulof ha meritato l’Orso d’Oro a Berlino qualche anno fa

Difficile affrontare un argomento scabroso come la pena di morte in un film. Ci vogliono doti artistiche e sensibilità non indifferenti. L’aveva fatto nel 1988 Krzysztof Kieslowski con il suo Breve film sull’uccidere che, a dispetto del titolo, è la versione “lunga” (84 minuti) di Decalogo V, lo fa Mohammad Rasoulof in quest’opera, Il male non esiste, che ci spalanca il baratro degli “omicidi legalizzati” nel suo Paese. Stato, l’Iran, che è stabilmente in cima alle classifiche mondiali delle nazioni in cui vige e viene praticata questa barbarie. Insieme con altri specchi di democrazia quali Cina e Arabia Saudita. Con i quali le ipocrite democrazie occidentali continuano a fare affari mentre il reprobo paese degli ayatollah è additato come oggetto di scandalo.

Non solo: nel capofila degli ipocriti, gli Usa, la pena capitale si applica in 27 dei 52 tra stati e territori federati, il che contribuisce a collocare anche il paese stelle-e-strisce nei pani alti dell’ignobile graduatoria. Ma torniamo a Il male non esiste di Rasoulof, meritato Orso d’Oro a Berlino tre anni fa. A ritirare l’ambita statuetta è stata la figlia del regista, Baran (che vi recita anche in una piccola parte) in quanto l’autore era agli arresti domiciliari, senza passaporto, con l’ingiunzione di non girare altri film per due anni e dopo essersi fatto una breve “villeggiatura” in carcere, condannato per “propaganda ostile”.

Dunque Rasoulof conosce bene, per esperienza diretta, ciò di cui parla nel film ossia le patrie galere dove a eseguire materialmente le sentenze capitali (ossia, come si dice in gergo nel film, a “togliere lo sgabello da sotto i piedi del condannato”) non sono solo carnefici di professione, ma anche soldati di leva, ossia ragazzi normali che il servizio militare sono obbligati a farlo dovendo sottostare anche a questa inumana corvè. Pena, se si rifiutano, di finire a loro volta nel tritacarne di leggi liberticide. Il primo merito del regista è aver trattato l’argomento con estrema delicatezza, ossia per vie traverse. Calandosi nei personaggi con la dovuta umanità, ma senza la minima edulcorazione. Come nel caso di Heshmat, protagonista del primo dei quattro episodi in cui è diviso il narrato, marito e padre amorevole nonché buon figliolo dell’anziana genitrice. Generoso e accomodante con tutti, oltre che con le tre donne di casa, Hesmat nasconde però un segreto che lo porta, quasi ogni notte ad allontanarsi da casa per compiere il proprio lavoro.

Un’occupazione che tuttavia sembra toglierli altrettanto quotidianamente la gioia di vivere. Svuotandolo come in un’infinita agonia. Sia pur un po’ pallosetto e prolisso, questo primo episodio è il giusto viatico per i due successivi i cui protagonisti sono appunto due ragazzi di leva che si trovano a che fare con il famoso sgabello. Di fronte al quale si comportano in modo diametralmente opposto. Con esiti tuttavia non così dissimili tra loro anche se altrettanto imprevedibili. Forse per lo scarso spessore recitativo dell’attore che interpreta il soldato Pouya (su cui ricade l’intero peso drammaturgico) il secondo episodio è quello più debole. Il bucolico idillio tra Javad e Naana, ossia il terzo episodio, è secondo noi il meglio riuscito dei quattro. Il più imprevedibile per la trama, quello sceneggiato meglio e anche ottimamente interpretato. Al punto da poter essere un film a se stante: una quarantina di minuti di cinema di alto livello. Anche l’ultimo episodio, per certi versi, lo è. Peccato solo che dopo un paio di minuti dall’inizio si capisca subito dove si andrà a parare anche se lo sviluppo dell’intreccio si lascia apprezzare, ancora una volta, per raffinatezza, delicatezza e bravura degli interpreti. Una domanda che può sorgere spontanea alla fine del film è: ma i quattro episodi sono davvero a se stanti o tra loro esiste una più profonda connessione? Possono essere i protagonisti anziani del primo e del quarto episodio la naturale evoluzione, se non le stesse persone, che danno vita al secondo e al terzo? C’è semplice giustapposizione tra i quattro capitoli o una più elaborata struttura a chiasmo? Anche se personalmente propendiamo per la prima ipotesi, il regista lascia campo anche all’analisi più elaborata. E non solo per l’analogia dell’argomento trattato, ma proprio per le dinamiche psicologiche dei personaggi che lo portano in scena. Altro motivo per vedere e rivedere il film.

E allora perché vedere Il male non esiste?

Perché film così vanno semplicemente visti. Punto.

Dettagli del film Il male non esiste

tit. orig. Sheytān vojud nadārad sceneggiatura Mohammad Rasoulof cast Ehsan Mirhosseini (Heshmat) Shaghayegh Shourian (Razieh) Kaveh Ahangar (Pouya) Alireza Zareparast (Hasan) Salar Khamseh (Salar) Darya Moghbeli (Tahmineh) Mahtab Servati (Naana) Mohammad Valizadegan (Javad) Mohammad Seddighimehr (Bahram) Jila Shani (Zaman) Baran Rasoulof (Darya) genere drammatico lingua orig farsi prod Iran, Germania, Rep. Ceca 2020 durata 144 min.

 

DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi

 

Egidio Zanzi:
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