tit orig La fracture sogg e sceneggiatura Catherine Corsini, Laurette Polmanss, Agnès Feuvre cast Valeria Bruni Tedeschi (Raf) Marina Foïs (Julie) Pio Marmaï (Yann) Aissatou Diallo Sagna (Kim) Caroline Estremo (Pat) Jean-Louis Coulloc’h (Laurent) Camille Sansterre (Elodie) Marin Laurens (Adrien) Ferdinand Perez (Eliott) Clément Cholet (medico) Ramzi Choukair (Hamza) Norman Lasker (Djalil) Chamaïl Kahaloun (Naïla) Cécile Boncourt (Blandine) Yannik Landrein (Loïc) genere drammatico lingua orig francese prod Francia 2021 durata 98 min.
Più che il roboante titolo italiano che rifà il verso al film di John Landis del 1985 (che in originale era peraltro Into the night) e all’album di Vasco Rossi, a metterci sulla strada giusta per orientarci nelle intenzioni della regista è il titolo originale: La fracture (la frattura). Perché di questo si tratta, di fratture. Frattura in senso proprio è quella al gomito che porta Raf al pronto soccorso di un ospedale della capitale francese, ma frattura è anche quella, sentimentale, che ha lacerato i suoi rapporti con Julie, partner di vita per oltre dieci anni. Frattura sociale è invece quella che porta, nella brandina accanto a Raf, il gilè giallo Yann, camionista e dimostrante che si è beccato un bella raffica di schegge in una gamba in seguito a una “carica di alleggerimento” della polizia.
Dunque i piani di lettura sono tre, quante appunto le fratture di cui si parla. Nel teatro di un affollatissimo e incasinatissimo pronto soccorso che non ha nulla da invidiare ai nostri standard. Dove a causa dei tagli alla sanità pubblica l’attesa media è di svariate ore, dove mancano o sono difettose alcune attrezzature, dove il personale si prodiga come può tra turni massacranti spesso mandato allo sbaraglio e con scarsa preparazione specifica. Sempre più gemelle anche in questo, Francia e Italia, come nel disagio sociale dovuto al sempre più scarso potere d’acquisto di salari e pensioni e con una classe politica poco incline all’ascolto della base e molto proclive alla retorica. Detto ciò, va subito aggiunto che la regista non affonda più di tanto il coltello nella piaga. Né in quelle personali né in quelle sociali preferendo trincerarsi dietro alcuni bozzetti di maniera come gli isterismi di Raf nel suo rapporto con Julie, o un generico invito alla pacificazione con la scena del poliziotto “buono” che lascia andare uno spaurito Yann in fuga dall’ospedale. Tanto che, alla fine, il personaggio che emerge su tutti, suo malgrado, è quello di Kim, corpulenta e non certo avvenente infermiera di colore sulle cui spalle finisce per gravare il peso del primo intervento (non solo sanitario) sulla marea dei pazienti… molto poco pazienti. Incluso un giovane sbandato con problemi psichici che, come succede spesso anche da noi, staziona negli angiporti degli ospedali perché nessuna struttura specifica è in grado di occuparsi di lui.
Doverosa postilla finale. Il film è francese e dunque recitato in francese. A cominciare da Valeria Bruni Tedeschi la quale, torinese di nascita, è naturalizzata francese (come la sorella Carla, ex première dame) e dunque perfettamente bilingue. Ebbene: nella stolida versione italiana la Bruni viene doppiata con un timbro in falsetto istericheggiante che nulla ha a che vedere con la sua voce originale, dal timbro basso e un po’ “sporca”. Voce che conosciamo bene essendo l’attrice apprezzata interprete anche di moltissimi film italiani. Domanda delle cento pistole: era così difficile far doppiare Valeria Bruni Tedeschi da Valeria Bruni Tedeschi? Oppure nel 2022 siamo ancora ai livelli di 70 anni fa? Quando nel film La domenica della buona gente (1953) Nino Manfredi doppiava Renato Salvatori e Corrado Mantoni (sì, proprio lui, il futuro campione della tv nazional popolare) doppiava Manfredi che recitava nello stesso film! Ma vi sembra normale?! Quando la finiremo con la barbarie dei furti di voci? Oltretutto doppiare un film può costare fino a 30-40mila euro mentre per sottotitolarlo ne bastano 2-3mila. Signori distributori, volete cominciare a risparmiare, visto che non siamo più in anni di vacche grasse?
E allora perché vederlo?
Perché tutti, una volta o l’altra nella vita, per noi stessi o per qualcuno che ci è caro, abbiamo fatto la fila in un pronto soccorso ospedaliero.