Da vedere al cinema: Megalopolis di Francis Ford Coppola

Il film di Coppola mette in scena la storia di Cesar Catilina, un architetto di New Rome, che ha un piano utopistico per ricostruire la città, totalmente distrutta da una catastrofe. Si scomodano i fasti imperiali dell’antica Roma con uno stucchevole parallelismo tra la Roma dei cesari e l’America del terzo millennio

Per sapere che l’impero americano è in declino non serve poi molto. Basta ascoltare (non necessariamente nell’ordine, né tutti insieme) un comizio di Trump, un discorso di Rimbam-Biden o le tautologie petroliniane di Kamala Harris (“se viene su lui è maschio, se viene su lei è femmina”). E invece il “grande vecchio” di Hollywood Francis Ford Coppola (all’americana con l’accento sulla seconda o) scomoda i fasti imperiali dell’antica Roma con uno stucchevole parallelismo, del tutto infondato per giunta, tra la Roma dei cesari e l’America del terzo millennio. E manca anche il bersaglio perché i personaggi che clona per questo suo fantascientifico polpettone appartengono all’ultima età repubblicana. Epoca di guerre civili, vero, ma esattamente l’epoca che precede l’affermazione del sistema politico imperiale un secolo e mezzo prima della sua massima espansione. Forse un ripassino di storia romana non avrebbe guastato.

Nella sostanza vediamo invece transitare sullo schermo, tra mirabolanti effetti speciali peraltro ben orchestrati, un bel centone di scene cinematografiche da numerosi film di varia qualità. È il firmamento filmico di Coppola? Bella domanda! Nessuna risposta. Partenza con Il cielo sopra Berlino (1987) di Wenders, passaggio tra “i problemi sindacali con il porto” (Fronte del porto, Kazan, 1954), asta di verginità (Pretty Baby, Luis Malle 1978), sauna di Olivier e Laughton in Spartacus (Kubrick, 1960) e corsa delle bighe di Ben Hur (Wyler, 1959). Ma l’approdo finale (soprattutto per il botteghino) sono le patonzie dal Caligola (1979) di Brass-Guccione dopo aver sparpagliato, un po’ ovunque come il prezzemolo sull’arrosto, Metropolis (1926) di Fritz Lang.

Non va meglio in colonna sonora, a partire da una musica inadeguata, per passare alle citazioni. Si citano (quasi sempre a sproposito) la poesia di Catullo e le liriche di Saffo, le Catilinarie di Cicerone (Usque tandem…) e Shakespeare a nastro, dall’Amleto alla Tempesta (“Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni…”) a un pretenziosetto: “La vendetta di Dio sull’umanità? Pandora!” nel senso del vaso, I presume. E per non farci mancare nulla ecco il protagonista su una trave sospesa nel vuoto come la celebre foto del 1932 di Charles C. Ebbets. Ah, dimenticavo: en passant c’è anche la sigla della Rko (1928-1959), mitica casa di produzione hollywoodiana del periodo d’oro.

Dunque alla fine cosa resta di questo fritto misto tra melodramma, gangster story e peplum? Niente di nuovo sotto il sole: fiducia cieca nella tecnologia, rinnovo dell’american dream, casa-famiglia-bambini, volemose bbene, ciao e arrivederci. Ma c’era forse da aspettarsi qualcosa d’altro?

I dettagli del film di Coppola

tit. orig. idem sceneggiatura Francis Ford Coppola cast Adam Driver (Cesar Catilina) Giancarlo Esposito (Franklyn Cicero) Nathalie Emmanuel (Julia Cicero) Aubrey Plaza (Wow Platinum) Shia LaBeouf (ClodioPulcher) Jon Voight (Hamilton Crassus) Talia Shire (Constance Crassus Catilina) Laurence Fishburne (Fundi Romaine) Grace VanDerWaal (Vesta Sweetwater) genere fantascienza lingua orig. inglese prod. Usa 2024 durata 136 min.

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
Related Post