Il racconto della vita di una delle figure più strane e particolari del Medioevo: Gioacchino da Fiore. E della sua visione sul millenarismo, il concetto della fine anticipato nelle scritture dall’ultimo dei testi sacri, l’Apocalisse
Diciamo subito che, a dispetto di nome e cognome, il regista del film è italianissimo essendo nato a Corigliano Calabro. E proprio la sua regione d’origine sta alla base del copione che dovrebbe essere la messa in scena della vita di una delle figure più strane e particolari del nostro Medioevo: Gioacchino da Fiore dove per Fiore si intende l’attuale comune di San Giovanni in Fiore in provincia di Cosenza. Abbiamo detto “dovrebbe” perché da subito si coglie un’ambiguità di fondo nelle scelte drammaturgiche del sig. Giordano Fiume: una irresistibile propensione a scivolare dal versante storico a quello fantasy.
A cominciare dalla giovinetta in candida veste che accompagna alcuni viaggi dell’inquieto monaco lungo i sentieri della Penisola al guardiano della porta uscito paro paro da un videogioco insieme con il drago apocalittico a sua volta ricalcato sulla saga di Eragon. In fondo Gioacchino da Fiore non è che uno dei tanti visionari che popolarono l’età di mezzo. Alcuni accolti nel seno della Chiesa ed elevati agli altari (uno per tutti il suo quasi contemporaneo Francesco d’Assisi), altri messi a rosolare legati a un palo su una catasta di legna come il fiorentino fra’ Michele Minorita. Quando lo spartiacque tra santità ed eresia era più sottile del filo di un rasoio.
Ma torniamo al film e alle visioni gioachimite che sicuramente mantengono ancora oggi una loro suggestione. A cominciare dalla quella tripartizione della storia sulla falsariga dell’immagine trinitaria del Dio cristiano. Caso unico tra tutte le religioni nel senso che ebraismo e islamismo, per esempio, sono rigorosamente e rigidamente monoteiste mentre l’induismo contempla una pluralità di dei così come altre fedi orientali, per esempio il buddhismo, credono in una molteplicità di principi metafisici che si riverberano nell’immanenza. Il Dio uno e trino è un’”invenzione” totalmente e unicamente cristiana. Altro capitolo, il millenarismo. Ossia il concetto della fine, anch’esso particolarmente presente nel pensiero medievale. Non nel senso creduto dai più ossia il timore della fine del mondo allo scoccare dell’anno Mille (cosa mai documentata dalle fonti) quanto la consapevolezza di provvisorietà e precarietà dell’umana esistenza orientata tuttavia a un bene superiore e metafisico, plasticamente rappresentato dai tre regni dell’oltretomba. A sua volta anticipato nelle scritture da quel guazzabuglio di metafore, iperboli, segni e simboli cervellotici contenuti nell’ultimo dei testi sacri: l’Apocalisse.
Da notare che la parola greca apocalisse significa “rivelazione”. Titolo quanto mai inadatto per un testo che non rivela un bel nulla, ma ingarbuglia soltanto la mente anche più disposta all’elucubrazione. Ebbene, di tutto questo (e molto altro del pensiero gioachimita) viene fuori qualcosa nel film? Ni. A qualche buon momento, soprattutto nella rappresentazione della vita conventuale, fanno riscontro alcune scene raccogliticce che apportano poco significato al testo. Come l’incontro con Costanza e re Riccardo d’Inghilterra o la chiassata persecutoria da parte dei monaci “rivali”. Da ultimo, a una fotografia impeccabile che ci restituisce scorci incantevoli di Calabria, Campania e Lazio fa riscontro una musica fastidiosa e insistente. Sicuramente la consulenza storica di una studiosa di Gioacchino da Fiore come Valeria De Fraja ha giovato alla definizione dell’insieme, un po’ meno la strizzata d’occhio a i gusti “Made in Usa” più vicini alla Marvel Comics che alla meravigliosa immaginazione medievale europea.
Resta una sola breve nota a margine. A tutt’oggi il film più riuscito su un argomento simile a quello trattato da Giordano Fiume è, resta e rimane Vision, girato nel 2009 da Margarethe Von Trotta e mai distribuito in Italia. Interpretato da una superlativa Barbara Sukowa nei panni di Ildegarda di Bingen. Due parole su quest’ultimo personaggio. Vissuta tra il 1098 e il 1179 Ildegarda fu monaca e badessa nel convento benedettino di Bingen, in Renania. Donna coltissima, mistica e teologa nonché esperta di botanica (il che voleva dire, ai tempi suoi, di farmacia e medicina) e dunque guaritrice. Scrittrice, poetessa, drammaturga e musicista. Insomma una delle tante donne che illuminarono di sé quella luminosissima epoca che fu il Medioevo. Particolarmente ricco, al contrario dell’età moderna, di donne importanti in moltissimi campi. Vision si può vedere su YouTube in lingua originale (cioè tedesco) con sottotitoli in francese. Per chi proprio non può farne a meno:
Dettagli del film Il monaco che vinse l’Apocalisse
altro tit orig Joachim and the Apocalypse sceneggiatura Jordan River, Michela Albanese cast Francesco Turbanti (Joachim) Elisabetta Pellini (Costanza d’Altavilla) Nikolay Moss (Riccardo Cuor di Leone) Bill Hutchens (il cabbalista) Giancarlo Martini (Aharon) Yoon C. Joyce (il guardiano della soglia) Ilaria Barra (figura angelica) Vicenzo Di Rosa (Nicolaus) Alessandro Cipolla (Johannes) Concetto Calafiore (Lucas) Federico Palumbo (Joachim bambino) Isirido Sgamma (papa Lucio III) genere storico lingua orig italiano prod Ita, Usa 2024 durata 90 min.