sceneggiatura Peter Chelsom, Tinker Lindsay, Silvio Muccino, Michele Pellegrini, Amina Grenci dall’omonimo romanzo di Stephen Amidon (Mondadori) cast Marco D’amore (Roberto Santini) Maya Sansa (Claudia Raffelli Santini) Silvio Muccino (Stefano Tommasi) Valeria Bilello (Elena Ventini) Ludovica Martino (Angela Santini) Giulio Pranno (Dario Ventini) Tommaso Ragno (Walter Spezi) Beatrice Grannò (Maria Spezi) Fabrizio Bentivoglio (Curzio Pilati) genere thriller prod Ita, 2020 durata 119 min.
Sotto la patina della provincia felix, meta di turismo d’elite estivo, Forte dei Marmi presenta un cotè invernale assai più inquietante: “la città non è così perbene come sembra. Sotto un velo di ipocrisia vengono commessi illeciti che vanno dal favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione (anche minorile), corruzione e altri reati che sono trasversali, coinvolgono popolani e ricchi, giovani in cerca di affermazione e notabili”. NB: il virgolettato è tratto dalla scheda Wikipedia del film “Il commissario Pepe”, 1969, di Ettore Scola interpretato da Ugo Tognazzi che impersona il commissario del titolo a Vicenza, profondo Nord. Che significa tutto ciò? Che “mutatis mutandis” questo prodotto televisivo di Peter Chelsom tratto dal romanzo di Stephen Amidon non è altro che l’ennesima versione del marcio che cova sotto la perbenistica cenere della provincia italiana. Dove i destini umani, sociali e politici si fanno e si disfano in base alle conoscenze, agli interessi, alle velleità o agli appetiti di una piccola élite di persone in grado di controllare l’intero corpo sociale.
Non entriamo nei dettagli della trama, complicata come di prammatica, ma abbastanza scontata nel suo sviluppo generale, e fermiamoci solo su alcuni aspetti apparentemente marginali ma che caratterizzano bene il “prodotto” e lo collocano nel quadro dell’enterteinment ad uso domestico. Partiamo dagli interpreti, dato che a loro è affidato il compito di delineare i vari stereotipi del genere. Marco D’amore, noto al pubblico televisivo come camorrista della serie Gomorra, si trova qui dall’altra parte della barricata, nel ruolo di un vigilantes che gestisce un piccolo impero informatico attraverso cui controlla le ville dei paperoni del luogo. Per ciò che avviene fuori dalle loro sorvegliatissime mura, ma soprattutto per ciò che avviene dentro. Se di Clint Eastwood dei tempi d’oro si disse che aveva due sole espressioni (col cappello e senza) a D’Amore ne basta e avanza una: poco ci manca infatti che si porti la berretta di lana anche a letto. La sua ambiziosa consorte, in corsa per la poltrona di sindaco, è interpretata da Maya Sansa, altra habituè del piccolo schermo, che fa coppia perfetta proprio a cominciare dal monocordismo espressivo. Quanto al povero Bentivoglio, l’unico a vantare un curriculum prevalentemente cinematografico, sembra ormai condannato a ruoli come qeullo interpretato qui di vecchio danaroso, bavoso e trafficone, burattinaio sin troppo esplicito dei misfatti locali. Muccino si destreggia come può in un ruolo sbagliato mentre il giovane Giulio Pranno, qui nella parte di un adolescente svalvolato, mostra di avere un talento da tenere d’occhio (la riprova in Comedians di Salvatores). Di conserva anche la soluzione finale. Se a suo tempo l’integerrimo funzionario del film di Scola doveva mollare la presa perché il “sistema”, l’”ambiente” dimostravano di avere gli anticorpi giusti, anche qui l’epilogo assume il sapore più di una nemesi divina che di una giustizia umana in grado di discernere tra grano e loglio. E anche questo la dice lunga su quanto poco sia cambiata la società del nostro paese in 52 anni.
“Security” si può vedere sulle piattaforme web Sky Cinema e Now.
E allora perché vederlo?
Perché le città italiane di mare sono bellissime anche d’inverno.