Sospinti dai fasti di Parasite, i distributori hanno recuperato il film d’esordio di Bong Joon-ho girato nel 2000. Storia minimal, ambientata nei sobborghi di Seul, in un casermone di edilizia popolare come ne sorgono a milioni in tutto il mondo
Di riesumazione in riesumazione, dopo l’ottimo Madre (2009), ecco che arriva adesso sugli schermi italiani lo scarsino Cane che abbaia non morde. Tutti del coreano Bong Joon-ho e tutti sospinti verso i nuovi fasti sull’onda della bufala internazionale Parasite (2019). Spieghiamo. La Palma d’Oro e l’Oscar generosamente assegnati a quest’ultimo film hanno fatto raschiare ai distributori il barile di casa Joon-ho fino a recuperare, a mo’ di reliquia, anche questo film d’esordio girato nell’ormai lontano 2000. Storia minimal, ambientata nei sobborghi di Seul e, in particolare, in un casermone di edilizia economica come ne sorgono a milioni in tutto il mondo, più somigliante a un alveare che a una dimora per esseri umani. Qui vive il giovane Yoon-ju, assistente universitario, con la moglie in attesa del primo marmocchio.
Il giovane aspira alla titolarità di una cattedra e un amico gli suggerisce di “ungere le ruote” con un donativo di 15 milioni di won (circa 10mila euro) al capo dipartimento. Ma il problema parrebbe essere un altro: il molesto latrato dei numerosi cani che affollano l’alveare e che distolgono l’ambizioso giovanotto dai suoi studi. Inizia così una lotta all’ultima zampa in cui si intromette un’altra giovane: la portinaia dello stabile. Nel frattempo la sposina in dolce attesa decide di prendersi… un cane.
Chiaro che il regista gioca sui toni della commedia nera per fustigare, ridendo, i mali della società coreana (coreana?): classismo, arrivismo, corruzione, speculazione (carino il racconto su Boiler Kim nel sotterraneo del palazzo), ma, come avverrà in seguito con Parasite, la critica si ferma alla descrizione del fenomeno senza mostrane le cause. Si ride (amaro) sulle peripezie dell’ambiziosetto (e inetto) Yoon-ju e della sua implacabile persecutrice, ma è un riso stentato, smarrendo il filo generale per troppo divagazioni. In ansia per la sorte dei cani che vediamo passare sullo schermo, un po’ meno per quegli scriteriati a due zampe che li portano in giro al guinzaglio. In ogni caso, la didascalia iniziale avverte che nessun cane è stato maltrattato nel corso nelle riprese e questo ci tranquillizza. Resta però il fatto che nella cucina tradizionale dell’Estremo Oriente la carne di cane entra in svariati menù. Incluso lo stufato di zucca cucinato in cantina perché nella guardiola farebbe troppo odore.
E allora perché vederlo?
Perché, se ci indigniamo per il Festival cinese di Yulin con relativa mattanza di cani da carne, non ci indigniamo allo stesso modo anche per la Sagra della Porchetta di Ariccia con relativa mattanza di suini?
Dettagli del film “Cane che abbaia non morde”
di Bong Joon-ho tit. orig. Peullandaseu-ui gae/Barking Dogs Never Bite sceneggiatura Bong Joon-ho, Sohn Tae-Woon, Song Ji-Ho cast Lee Sung-jae (Yoon-ju) Bae Doo-na (Park Hyeon-nam) genere commedia lingua orig coreano prod Corea del Sud 2000 durata 110 min.