Da vedere al cinema: “Arthur Rambo” di Laurent Cantet

tit orig idem sogg sceneggiatura Laurent Cantet, Fanny Burdino, Samuel Doux cast Rabat Nait Oufelia (Karim D) Antoine Reinartz (Nicolas) Sofian Khammes (Rachid) Bilel Chegrani (Farid) Sarah Henochsberg (Léa) Anne Aivaro (Edith) Malika Zerrouki (madre di Karim) genere drammatico lingua orig francese prod Francia 2021 durata 87 min.

 

In letteratura è nata una stella. È un giovane immigrato algerino di seconda generazione che si chiama Karim D. Il suo romanzo d’esordio, Lo sbarco, racconta la storia della propria famiglia, e di sua madre in particolare, dal Maghreb alle banlieu parigine ma con tanto di lieto fine fatto di integrazione e inserimento sociale. Coccolato e vezzeggiato dai salotti letterari, dai giornali e dalle televisioni più importanti, Karim sembra destinato a incarnare il ruolo dell’outsider di successo fino a quando, proprio all’apice della fama e della gloria, si scopre che il bravo ragazzo della porta accanto è anche un feroce blogger, brutto, sporco e cattivo, antisionista, antifrancese, integralista islamico e via deteriorando sotto lo pseudonimo di Arthur Rambo (con l’accento sulla o), grazioso nom de plume che rifa il verso al poeta maledetto Arthur Rimbaud e strizza l’occhio al personaggio di celluloide di Sly Stallone.

La scoperta ributta il giovane nel ghetto, gli aliena simpatie, amici, fidanzate e qualche bel contratto editoriale a cinque zeri, ma, quel che più gli importa, lo allontana dalla propria famiglia cui aveva eretto il monumento di carta. Carino il finale con la “resa dei conti” tra Karim e il fratellino adolescente Farid che di quel Rambo politicamente scorrettissimo, aveva invece un’opinione totalmente diversa. Bella l’idea, bello l’intreccio, bella l’ambientazione e bravi gli interpreti, massimamente sconosciuti. Deboluccia invece la regia, con poche idee e confuse. Un vero peccato perché lo spunto narrativo avrebbe meritato uno sviluppo migliore. Il tema è comunque posto: il ruolo sempre più rilevante dei social nelle realtà culturali contemporanee e la pervasività, l’influenza, il potere del web che si sta fagocitando i vecchi mezzi di comunicazione e le vecchie categorie culturali. A partire proprio dalla letteratura e a seguire con il giornalismo. Un film che merita comunque qualcosa di più di una semplice occhiata.

 

E allora perché vederlo?

Perché Quarto Oggiaro a Milano o Tor Bella Monaca a Roma non sono poi così distanti da Parigi.

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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