Al cinema è in uscita “Momenti di trascurabile felicità” di Daniele Luchetti

sceneggiatura Daniele Luchetti, Francesco Piccolo dai romanzi “Momenti di trascurabile felicità” e “Momenti di trascurabile infelicità” di Francesco Piccolo (Einaudi) cast Pif (Paolo) Thony (Agata) Renato Carpentieri (impiegato) Angelica Alleruzzo (Aurora) Francesco Giammanco (Filippo) Vincenzo Ferrera (Carmine) Franz Santo Cantalupo (Giuseppe) Manfredi Pannizzo (Filippo) genere commedia prod Italia 2019 durata 93 min.

Prendete un po’ di Frank Capra e un po’ del primo Moretti (nel senso di Nanni). Aggiungete un pizzico di letteratura d’evasione (i romanzi di Piccolo) e, vista l’importanza delle centrifughe nella storia, centrifugate il tutto. Risultato: il film di Luchetti. Che si conferma il Mario Mattòli (o il Ferdinando Poggiòli, fate voi) del XXI secolo. Così come Pierfrancesco Diliberto (Pif) è il nuovo De Sica (nel senso di Vittorio) pre (o post)-Zavattini. Manca all’appello la nuova Assia Noris, ma Federica Victoria Calozzo (Thony) ci prova con sincera determinazione e buone chance di riuscita. Tutto ciò per dire che i momenti di trascurabile cinema allestiti dal quartetto citato (regista, sceneggiatori e attori) piacciono e fanno anche sorridere. Cose che, del resto, sono lo scopo del film. Con un pizzico di malinconia che rende ancor più saporito il piatto. Esattamente come facevano i registi e gli attori del passato (compreso il passato prossimo morettiano) che, volenti o nolenti, sono il riferimento diretto di questo cinema d’evasione. Ben confezionato, ben allestito e ben recitato. In una cornice di lusso quale può essere Palermo per una volta teatro di storie normali, di gente comune, di famiglie perbene e non famiglie mafiose. Ciliegina sulla torta il quasi-cameo di Renato Carpentieri ormai abbonato al ruolo di grillo parlante della commedia all’italiana ossia a quella figura di nonno saggio ma un po’ svagato cui si può solo voler bene. Nonostante i toni da finto burbero.

A allora perché vederlo?
Perché davvero il segreto della felicità (come dell’infelicità) sta nelle piccole cose.


SCELTI PER VOI

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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