Da vedere al cinema: Fiore mio di Paolo Cognetti

Nel primo film da regista, Cognetti si muove di rifugio in rifugio, in compagnia soltanto del fedele Laki. Si sposta sulle pendici rocciose, tra la Val d’Ayas e la Val di Gressoney alla ricerca delle radici che legano persone e territorio

Dal suo fortunato romanzo Le otto montagne, sappiamo che Paolo Cognetti non ama le cime, ma la mezzacosta. Nel senso che alla spinta verso l’alto che muove gli alpinisti alla conquista di una minuscola porzione di terra al di sopra della quale c’è solo l’infinito del cielo antepone la perlustrazione dell’orizzonte. Tendenzialmente a 360 gradi. Eccolo allora che Cognetti si muove di rifugio in rifugio, in compagnia soltanto del fedele quattrozampe Laki, o, al massimo, percorrere qualche sentiero di avvicinamento con occasionali compagni di sortita. Per lo più gli stessi gestori dei rifugi. Il pretesto è esilissimo: nella torrida estate del 2022 nella sua baita di Estoul (frazione di Brusson, in Val D’Ayas, nel massiccio del Monte Rosa) l’acqua sorgiva comincia a scarseggiare. Un fatto inaudito per una montagna perennemente coperta di neve. Cognetti si sposta così sulle pendici rocciose, tra la Val d’Ayas e la Val di Gressoney alla ricerca della causa, ma ancor più, alla ricerca delle radici che legano persone e territorio, gente del posto e quella distesa di prati, boschi, pietre, ghiacci che forma alcuni dei più belli e suggestivi paesaggi delle Alpi Occidentali.

Come in un documentario himalayano, il contesto naturalistico prende immediatamente il sopravvento sul “fattore umano” che l’autore limita a pochi, essenziali dialoghi. A dilagare sono le immagini e la musica (di Vasco Brondi) che regalano sensazioni sconosciute anche a chi non avverte il richiamo delle vette. Dice l’autore di non aver fatto un film su come l’uomo può salvare le montagne, notoriamente minacciate dal cambiamento climatico, ma piuttosto di come le montagne potranno salvare l’umanità. Perché, aggiunge Cognetti secondo il più puro spirito buddhista, nella natura anche quando qualcosa sparisce (a cominciare proprio dall’uomo) non si crea un vuoto, ma qualcos’altro finirà per prendere il posto di ciò che scompare.

 

Il film è in sala solo nei giorni 25, 26 e 27 novembre. Per le sale, info e biglietti: www.nexostudios.it

Dettagli del film di Cognetti

sceneggiatura Paolo Cognetti cast (nel ruolo di loro stessi) Paolo Cognetti, Laki, Remigio Vicquery, Marta Squinobal, Arturo Squinobal, Corinne Favre, Sete Tamang, Mia Tessarolo, Vasco Brondi, Emil Squinobal, Cecilia Mercadante genere documentario lingua orig italiano prod Ita, Belgio 2024 durata 78 min

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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