Gli incubi della società contemporanea di Stephen King

“Per me il terrore – il vero terrore, ben diverso da tutti i demoni e gli orchi che avrebbero potuto vivere nella mia mente-cominciò un pomeriggio di ottobre 1957. Avevo compiuto dieci anni. E… mi trovavo al cinema: lo Stratford Theater, nel centro di Stratford, Connecticut” (Stephen King, Danze macabre, Teoria, Roma-Napoli, 1992). È probabilmente in quel pomeriggio autunnale che nasce artisticamente uno degli scrittori più geniali capace di smuovere i nostri incubi più nascosti. Se William Shakespeare è considerato il più grande sceneggiatore della storia del cinema per gli innumerevoli film tratti dalle sue opere, Stephen King lo segue a ruota con più di quaranta pellicole e otto serie tv tratti dai suoi romanzi. Il grande narratore delle inquietudini contemporanee con la sua enorme produzione letteraria continua ad alimentare l’industria del cinema che guarda a lui, alla sua fantasia come un patrimonio infinito, fonte d’ispirazione per numerosissimi adattamenti destinati al grande e al piccolo schermo.

Lo scrittore, nato il 21 settembre 1947 (secondo alcune fonti l’anno è il 1946) a Portland nel Maine, è dotato fin da piccolo di una fervida immaginazione. Il ragazzo ama i fumetti, il cinema horror e la letteratura, ma la sua infanzia non è felice: la separazione dei genitori lo colpisce in modo particolare provocando in lui un fortissimo attaccamento al nucleo familiare e nella sua opera vi è una costante messa in crisi di questo istituto sottoposto alle disgregazioni più tragiche. Il ragazzo comincia presto a scrivere racconti che sforna a ritmo frenetico e per pagarsi l’università svolge lavoretti vari soprattutto durante le vacanze estive.

Shining

Prima di diventare un giovane professore di letteratura fa anche il benzinaio, partecipa al movimento del Sessantotto e tenta di arruolarsi per il Vietnam, ma è riformato (ha i piedi piatti e problemi di udito ad un orecchio). Dopo aver pubblicato cinque romanzi firmandosi Richard Bachman grazie al conforto di sua moglie Tabitha, nel ’73 scrive Carrie, il romanzo con il quale conquista la fama prima in America e poi in tutto il mondo con 500 milioni di copie vendute. Lo stesso libro gli varrà il titolo di “moderno maestro dell’horror” cui seguiranno a ritmo incalzante nuove opere dai risultati molto redditizi. Stephen King sa esorcizzare le sue e le nostre paure interpretando meglio di altri suoi colleghi le angosce dell’essere umano. Metodico, lavora ogni giorno, salvo a Natale, il 4 luglio e per il suo compleanno, dalle 8,30 alle 12. È superstizioso e quando scrive non smette mai di lavorare se la pagina è il numero 13 o un suo multiplo. Nel giro di dieci anni riesce a mettere sulla carta tante di quelle atrocità horror, perversioni e incubi da soddisfare la fantasia puritana: sambernardi posseduti dal demonio, cicli mestruali che diventano terribili maledizioni, automobili che rinascono e uccidono a ritmo di rock, cadaveri che si trasformano in bombe ad orologeria, cervelli che si animano da soli. “Io scrivo per una generazione di persone cresciute sotto l’influenza della cultura culturale, da Hollywood agli hamburger dei McDonald’s”. Batte sul computer 1.500 parole al giorno con implacabile precisione che gli derivano da vecchie trame, vecchi racconti, vecchi film. Nessuno come lui ha una ricchezza interiore enorme. E anche i suoi rapporti con i registi chiamati a trasportare sullo schermo le sue fantasie, sono davvero singolari. Di Stanley Kubrick, l’autore di Shining dice: “Kubrick è un uomo freddo, pragmatico e razionale nei confronti del soprannaturale. All’ epoca mi chiamava dall’ Inghilterra a tutte le ore del giorno e della notte. Una volta mi chiamò alle 7 di mattina per chiedermi: ma tu credi in dio? Io mi levai la schiuma da barba che mi era entrata in bocca, ci pensai e disse: sì, credo che ci sia un dio. Kubrick rispose: io no, io non credo che ci sa un dio e riattaccò. Non che la religione debba venir per forza coinvolta nell’ horror, ma uno scettico sviscerale come Kubrick proprio non poteva capire il puro male disumano dell’hotel di Shining. Così ha cercato il male nei personaggi e ha realizzato una tragedia domestica, con qualche sfumatura soprannaturale”. Stephen King abita in una casa dipinta di rosso cupo difesa da una cancellata di ferro battuto decorata da ragni e vampiri stilizzati che non incutono la minima paura ai fan costantemente disposti a rispettosa distanza da lui. Spesso il democratico King si reca in una libreria indipendente di Bangor- Derry per apporre la propria firma sulle copie dei suoi romanzi. Una lunga fila di persone, adolescenti, donne giovani e anziane dall’aria timida, distinti signori con la valigetta e ancora operai e bambini, si mettono in coda.

The Mist

Stephen King grato ai piccoli editori che l’hanno sostenuto quando era sconosciuto, evita di comparire nei megastone delle grandi catene. Hollywood a metà degli anni Settanta ha già inserito il romanziere tra gli autori da tenere d’occhio.  Nel ’76 Brian De Palma dirige Carrie – Lo sguardo di Satana, il libro con cui Stephen ha guadagnato i primi veri soldi, storia della giovane Carrie White ossessionata da una madre integralista religiosa che scopre di avere poteri paranormali. Li userà al ballo di fine anno per vendicarsi del bullismo subito in molti anni. Nel 1983 tocca a David Cronenberg portare sul grande schermo La zona morta, protagonista Johnny (un ottimo Christopher Walken), un giovane risvegliatosi dal coma che si rende conto di vedere il futuro. Allora farà di tutto per frenare l’ascesa al potere di un uomo politico megalomane che potrebbe diventare presidente degli Stati Uniti e scatenare una guerra nucleare. Nel 1983 esce un film di grande successo, Christine la macchina infernale di John Carpenter, vicenda di amore e di morte tra un adolescente problematico e una Plymouht Fury rossa del 1957. Nel ’86 dal racconto Il corpo” Rob Reiner trae Stand by me, ritrovamento del cadavere di un ragazzo scomparso nei boschi dell’Oregon da parte di un gruppo di suoi coetanei. Amato dal pubblico e dalla critica del 1990 è Misery non deve morire per la regia ancora di Rob Reiner, storia dello scrittore Paul Sheldon (James Caan) salvato da una sua fan (Kathy Bates) dopo un incidente stradale. La donna però lo sequestra nella sua casa obbligandolo a non modificare il destino dell’eroina dei suoi romanzi Misery. Seguono decine di pellicole per il cinema e per la televisione, tra le quali The Mist del 2007 di Frank Darabont, una cittadina del Maine invasa da una strana nebbia che tiene prigionieri i clienti di un supermercato terrorizzati dalle misteriose grida provenienti dalla fitta coltre e appartenenti a terribili creature. L’attività frenetica di Stephen King è incontenibile: oltre che autore di racconti e di romanzi, sceneggiatore per la tv, per il cinema e di e-book, il narratore dei disagi dell’America contemporanea continua a stupirci per la sua capacità unica di penetrare nell’ anima e di fare riemergere tutte le paure della nostra infanzia. Un dono nato in quel pomeriggio autunnale nel buio di un piccolo cinema di provincia….

“Misery non deve morire”

 

redazione grey-panthers:
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