Da vedere al cinema: Una notte a New York di Christy Hall

L’esordiente Christy Hall porta sullo schermo la sua cronaca di una notte a New York a bordo di uno yellow cab. La quintessenza del cinema minimalista supportato dalle notevoli doti interpretative di un Sean Penn e di una Dakota Johnson in stato di grazia

 

Il bello del cinema stelle&strisce è che ogni tanto, tra una puzzonata e l’altra di Hollywood, è capace di estrarre dal cappello a cilindro dello zio Sam qualche piccola perla. Ottenuta con quattro soldi e quattro gatti in scena, ma con sceneggiature di lusso e interpreti altrettanto di lusso. È successo, per esempio, con Sean Baker e i suoi impietosi ritratti dell’America meno scintillante (il notevolissimo Un sogno chiamato Florida, 2017, Red Rocket, 2021, e la Palma di Cannes di quest’anno Anora), e succede con l’esordiente e sconosciuta Christy Hall e questa sua cronaca di una notte nella Grande Mela a bordo di uno yellow cab. New York ha fama di essere la città che non dorme mai e qui ne abbiamo la prova in un’ora e quaranta minuti che coincidono con il tragitto dall’aeroporto Jfk a Manhattan di un taxi con a bordo due sole persone: l’autista e una passeggera.

Corsa comprensiva di sosta forzata a causa di un incidente. Esempio da manuale di rispetto delle unità aristoteliche (luogo, tempo e azione) nello sviluppo drammaturgico con la macchina da presa costantemente incollata ai primi piani degli interpreti fatti salvo alcuni brevi raccordi sulle luci della città riflessi dai finestrini e qualche altra breve inquadratura esterna dell’auto in movimento. E fatto salvo qualche inquadratura ancora più ravvicinata come i dettagli di occhi, bocca, mani che spesso la dicono più lunga so qualsiasi dialogo. La quintessenza del cinema minimalista cui supportano le notevoli doti interpretative dei due soggetti in scena: un Sean Penn in stato di grazia e una Dakota Johnson capace di reggerli adeguatamente il bordone. Con l’aiuto di un terzo personaggio non presente, ma quantomai ingombrante attraverso insistenti e sboccati sms sullo smartphone della ragazza. Terzo e rilevantissimo al punto da dare al film il suo titolo originale che tradotto suonerebbe come papino o meglio il papi di berlusconiana memoria. Perché di un papi stile Arcore si tratta il che permette alla conversazione tra i due perfetti estranei separati dal vetro dell’auto pubblica, di entrare gradualmente nelle rispettive sfere personali, di sottoporsi, quasi, a una seduta psicanalitica nel corso della quale emergono tratti sconosciuti, intimistici, persino scabrosi che non si racconterebbero neppure al migliore amico.

Ma è proprio l’estraneità ad abbattere la diga. La consapevolezza che dopo quella corsa i due sono destinati a non vedersi più per il resto della vita anche se abitano sotto lo stesso cielo. A questo punto, detto tutto il bene possibile di regista, sceneggiatura e attori, resta da elogiare l’eccellente fotografia di Phedon Papamichael e da deprecare l’insulsa e fastidiosa musica di Dickon Hinchliffe. Evitabile, anzi dannoso, anche il pistolotto finale improntato all’inguaribile ottimismo americano. Peccato perché si poteva concludere qualche minuto prima con un bel tacer mentre si è cascati un cicinino nel retorico dopo aver tenuto per 99 minuti la barra dritta. Da vedere rigorosamente in lingua originale con i sottotitoli.

Dettagli del film Una notte a New York

titolo orig Daddio sceneggiatura Christy Hall cast Dakota Johnson (Girlie, la passeggera) Sean Penn (Clark, conducente di taxi) Marcos A. Gonzalez (posteggiatore) genere drammatico lingua orig inglese prod Usa 2023 durata 101 min

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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