John Cassavetes e “Quella sporca dozzina”, “Rosemary’s Baby” e “Gli intoccabili”. Ma anche la moglie Gina Rowlands e i figli Nick, Zoe e Alexandra. Una dinastia del cinema indipendente
Occhi fiammeggianti, volto espressivo e nevrotico, John Cassavetes nato a New York il 9 dicembre 1929, figlio di immigrati greci, già a vent’ anni frequenta i corsi di recitazione e regia all’ American Academy of Dramatic Arts. Dopo alcuni lavori come assistente di scena a Broadway, partecipa come attore a diverse serie televisive e a numerosi film, tra i quali “Delitto per le strade” di Don Siegel; “Il fango della periferia” di Martin Ritt; “Lo sperone insanguinato” di Robert Parrish. Ben presto però il mondo hollywoodiano gli sta molto stretto.
Nel 1957 fonda una scuola di recitazione e nel 1959 firma la sua prima opera da regista, “Ombre”, divenuto in seguito il manifesto del nascente “New American Cinema”, il nuovo e battagliero cinema indipendente che si oppone apertamente all’industria di Hollywood e alle sue regole. “Ombre”, girato in 16 mm a bassissimo costo, segue le avventure notturne di tre ragazzi neri newyorkesi, interpretati da attori non professionisti. Presentata alla Mostra di Venezia del 1960 la pellicola, un pamphlet antirazzista, suscita interesse e attenzione. Il regista, artista inquieto e refrattario a ogni etichetta, ribadisce la sua indipendenza rifiutando di firmare il manifesto programmatico del “New American Cinema”.
In apertura: “Ombre”, film del 1959, girato in 16 mm a bassissimo costo
Nel 1961 gira in California “Too Late Blues”, una vicenda non priva di riferimenti autobiografici di un musicista jazz in lotta contro le spietate leggi del mondo discografico. Nel 1964 gira “Gli esclusi”, storia di un ragazzo problematico, film che sarà un insuccesso commerciale segnato anche da forti contrasti con il produttore Stanley Kramer. Un’ esperienza infelice per Cassavetes di fatto estromesso dagli studios californiani.
John Cassavetes, la popolarità degli anni Sessanta
Negli anni Sessanta però, grazie al suo ruolo di attore, conosce un periodo di grande popolarità. “Contatto per uccidere” di Siegel (dove l’antagonista è il cattivissimo Ronald Reagan nella sua ultima apparizione cinematografica); “Quella sporca dozzina” di Robert Aldrich; “Rosemary’s Baby” di Roman Polanski e anche “Gli intoccabili” girato in Italia per la regia di Giuliano Montaldo, gli procurano il denaro necessario a produrre e girare i suoi film liberi e indipendenti. Il mondo che lui vuole rappresentare sul grande schermo è quello della gente comune, uomini e donne alle prese con le difficoltà esistenziali a cui nessuno può sottrarsi; una sorta di studio minuzioso e ragionato dell’animo umano.
“Per me – confessa il regista- i film hanno poca importanza. Le persone sono più importanti”. Con questa affermazione Cassavetes esprime la sua profonda umanità, il suo desiderio di raccontare la vita, i sentimenti e i vizi delle persone. Nel ’68 torna sulla Laguna Veneta con il suo nuovo film “Faces”, mai distribuito in Italia, con cui affronta il tema della coppia e del matrimonio. Un argomento che lo porterà a firmare tre capolavori: “Mariti” (1970); “Minnie & Moskowitz” (1972); “Una moglie” (1975), una sorta di indagine matrimoniale sull’ America degli anni Settanta. Tutti e tre i film saranno presentati alla Mostra di Venezia del 1975 in una memorabile personale a lui dedicata.
Nella sua carriera John avrà sempre al suo fianco la moglie, l’attrice Gena Rowlands, sua compagna di vita e di arte fino alla sua morte e la scuderia degli amici e colleghi inseparabili formata dagli attori Seymour Cassel, Ben Gazzara, Peter Falk. Forse nessuno come lui, a parte il grande maestro Ingmar Bergman, ha saputo mettere in luce i disordini affettivi e piscologici di una famiglia borghese analizzandone implacabilmente le nevrosi e le infelicità più intime.
Il cinema di John Cassavetes, legame con la vita quotidiana
Nel ’76 si concede una incursione nel genere noir, “L’ assassinio di un allibratore cinese”, dove si permette di smantellare la struttura narrativa di un filone con le sue ferree regole. Nel 1978 dirige ancora la Rowlands in “La sera della prima”, un ottimo ritratto di una attrice teatrale di fama, colpita da depressione e solitudine, cui segue la partecipazione come attore a due film di successo, “Panico alla stadio” e “Fury”, che gli permettono di finanziare ancora una volta le sue opere come regista.
Nel 1980 è sempre sua moglie la protagonista di “Gloria”-Una notte d’estate”, film che si aggiudica il Leone d’ Oro a Venezia. Nel 1984 John e Gena in “Love Streams” (1984), Orso d’ Argento a Berlino, interpretano un fratello e una sorella alla deriva che in un breve incontro fanno il bilancio negativo delle loro esistenze. Nel 1985 il regista firma la sua ultima fatica “Il grande imbroglio”, una commedia di stampo hollywoodiano classico, ma di scarso interesse.
Il cinema di John Cassavetes così fortemente legato alla vita quotidiana delle gente comune, ha suscitato nella critica interrogativi sul suo pensiero e sulle sue convinzioni politiche e sociali. Alla classica domanda: “Lei è comunista?”, lui risponde alla Chaplin: “Sono un umanista”. Una qualifica che per il suo paese d’ elezione in quel periodo poteva apparire sospetta! In un’altra occasione, la sua permanenza in Italia per le riprese del film di Paul Marzusky “Tempesta”, nel quale lui era il protagonista principale, a una domanda di Michele Anselmi de l’Unità (“in America lei è considerato che da molti il Bergman americano”) lui ribatte: “Quale onore!- Le etichette mi vanno sempre strette. Certo, anch’io parlo di incomunicabilità, e anch’io indago sulle sottili incrinature dei rapporti umani, anch’io mette in scena realtà disparate. Però, forse, sono meno pessimista. Amo i miei personaggi, mi confondo con loro, non mi piace vederli perdenti”.
Carattere non facile, John Cassavetes è un uomo inquieto e un artista alla ricerca di nuove strade da disegnare con la sua cinepresa. “Il nostro primo incontro- ricorda Giuliano Montaldo in un’intervista rilasciata all’Unità in occasione della sua scomparsa-non era stato dei più facili. Lo avevo voluto, insieme alla moglie Gena Rowlands e a Peter Falk, per “Gli intoccabili”, una storia di mafia ambientata nell’America contemporanea. Avevo amato i suoi primi film, soprattutto “Ombre” e “Faces”, ma era stato il successo da attore in “Rosemary’s Baby” ad alzare le sue quotazioni al box office. Credo che non amasse molto il ruolo che avevo scelto per lui, un mafioso che esce di prigione e che medita la grande vendetta, ma era tutt’altro che passivo sul set. Dietro ogni azione, battuta o movimento c’era un perché, non era attore da accettare ordini senza fiatare. All’inizio ci studiammo per un po’; furono giorni tesi, poi però John capì che tutti noi della troupe lo amavamo, e con lui il suo cinema. Di cui non si stancava mai di parlare. Allora stava facendo il montaggio di “Mariti”, un film che gli era costato molta fatica. Come sempre quando lavori fuori dalla grande industria cinematografica. Eppure non avrebbe scambiato per nulla al mondo quella sua libertà. Libertà di decidere il montaggio, di scegliere gli attori, di inventarsi le storie senza dover contrattare tutto con i signori di Hollywood…”.
Ammalato da molti anni di cirrosi epatica a causa dell’eccessi di alcol e sigarette, John Cassavetes muore a Los Angeles il 3 febbraio 1989. Al suo funerale, insieme alla sua adorata Gena e ai loro tre figli Nick, Zoe e Alexandra, anche Peter Falk e Ben Gazzara, gli amici e i compagni che hanno condiviso con lui l’avventura straordinaria di un cinema realizzato fuori dagli schermi e lontano da Hollywood.
Gina Rowlands, compagna nella vita e sul set di John Cassavetes
Nella storia del cinema molti sono i sodalizi tra un’attrice e un regista: Bergman- Rossellini, Masina- Fellini, Karina-Godard, Marlene-Sternberg, per citarne alcuni ma , come scrive Goffredo Foti “pochi sono stati così intensi come quello tra John Cassavetes e Gena Rowlands, un’attrice il cui nome è indissolubilmente legato ai film di suo marito, fedele al punto di essere diventata dopo la morte di John attrice privilegiata dei film di un altro Cassavetes, il loro figlio Nick, anche su idee che John non fece in tempo a realizzare. Ma Gena Rowlands- prosegue Fofi- esisteva già, prima dell’incontro fatale con John nel 1963 sul set di Gli esclusi, e ha continuato a brillare di luce propria durante e oltre la vita di John, se è vero che la sua interpretazione migliore dopo quelle di Una moglie, La sera della prima e Gloria, è stata Un’altra donna, un ammirevole ritratto tracciato da Woody Allen, una donna che si crede realizzata e capisce di non esserlo ascoltando senza volere, oltre la sottile parete del suo appartamento, le confessioni della fragile Mia Farrow al suo psicanalista”.
L’attrice effettivamente ha dato prova del suo talento in “Una moglie”, film nel quale la protagonista cade in una profonda crisi psicotica. E ancora in “Gloria” lei incarna con cipiglio professionale da grande interprete la tranquilla moglie di un gangster che trova la forza di difendere un bambino portoricano la cui famiglia, che abitava l’appartamento accanto al suo, veniva sterminata da una banda nemica (la pellicola avrà poi un remake con Sharon Stone). Gena, arrivata ad Hollywood dai palcoscenici di Broadway, si distingue subito nel western moderno “Solo sotto le stelle” al fianco di Kirk Douglas per la regia di David Miller (1962), sceneggiato dal grande Dalton Trumbo, uno degli scrittori di cinema più perseguitati dal maccartismo, autore anche del copione “Spartacus”.
Nata a Cambria nel Wisconsin il 13 giugno 1934, la ragazza, dotata di una volontà di ferro, si mette subito in gioco nel film “L’alto prezzo dell’amore” (1958) al fianco di José Ferrer. La sua carriera prosegue con 13 film di buon livello, tra i quali “L’investigatore” (1967) di Gordon Douglas con Frank Sinatra; “Gli intoccabili” (1969) di Giuliano Montaldo, con John Cassavetes; “Panico nello stadio” (1976) di Larry Pierce; “Pollice da scasso” (1978) di William Friedkin con Peter Falk, dove l’attrice se la cava alla grande maneggiando un fucile durante una rapina.
Nel 1954 Gena sposa John diventando poi madre dei suoi tre figli e sarà lui diretta in “Gli esclusi” (1963), con Burt Lancaster e Judy Garland; “Faces” (1968); “Mariti” (1970); “Minnie e Moskowitz” (1971). Del 1974 è “Una moglie”, film che le fa guadagnare il Globo d’Oro e il premio del National od Review e “La sera della prima” (1988).
Dopo la morte di John, Gena non ha smesso di recitare. Tra le sue migliori interpretazioni “La luce del giorno” di Paul Schrader, “Taxisti di notte” di Jim Jarmusch, “Serenata alla luna” di Terence Davies, “Scherzi del cuore” di Carroll. Sotto la direzione del figlio Nick ha recitato in “Una donna molto speciale” (dove nella finzione viene corteggiata da Depardieu) e ancora in “She’s So Lovely” con Sean Penn. L’attrice, oggi novantatreenne, ricorda spesso la sua vita coniugale ed artistica con John: “Mio marito come Orson Welles ha lottato sempre per finanziarie le sue opere. Faceva l’attore, e aveva un laboratorio a New York dove si davano appuntamento molti artisti. Inoltre partecipava regolarmente come ospite ad una trasmissione radiofonica durante la quale il conduttore chiedeva ai radioascoltatori un piccolo contributo da dare a John per girare le sue pellicole”.
I figli Nick, Zoe e Alexandra Cassavetes sulle orme del padre
Nick, il primogenito della famiglia Cassavetes, nato a New York nel 1959, dopo aver frequentato l’università e aver giocato a pallacanestro ottenendo buoni risultati (dovrà abbondonare il basket per un infortunio), studia all’Accademia d’arte drammatica e debutta come attore in alcune serie televisive. Nel 1996 è pronto per la sua prima regia dirigendo la madre, come già citato, in “Una donna molto speciale” e l’anno successivo si fa apprezzare per “She’s So Lovely”, la cui sceneggiatura era stata scritta dal padre John (il film è presentato al Festival di Cannes). Nel 2002 dirige Denzel Washington in “Johnny Q”, mentre nel 2005 è autore di un’altra pellicola di grande successo, “Le pagine della nostra vita” seguito nel 2006 da “Alpha Dog”. Ancora nel 2009 firma “La custode di mia sorella”, film tratto dal romanzo omonimo di Jod. Nick, attore, sceneggiatore, regista, continua la sua carriera di autore con “Yellow” (2012), “Tutte contro di lui” (2014) e “God Is a Bullet” (2023).
Sua sorella Alexandra, nata a Los Angeles nel 1965, ha seguito le orme di famiglia. Attrice e regista ha iniziato a recitare da bambina in due film del padre John, per poi lavorare come sceneggiatrice e regista del documentario “Z Channel: A Magnificent Ossession”. Si è poi fatta notare nel 2013 con il lungometraggio “Kiss of the Damned” (di cui ha scritto anche il copione) presentato fuori concorso alla 69esima Mostra del Cinema di Venezia.
Sua sorella Zoe, nata nel 1970, è anche lei attrice, regista e sceneggiatrice. Dopo aver recitato da bambina sia in cinema che in televisione, affronta la sua prima regia nel 2000 con il cortometraggio “Men Make Woman Crazy Theory”, presentato al Sundance Film Festival. Nel 2007 dirige il film “Broken English” interpretato da Parker Posey e da sua madre Gena. Il suo secondo lungometraggio si intitola “Day Put of Days”, storia di un’attrice quarantenne che cerca di sopravvivere nella giungla di Hollywood.
A Nick, Alexandra e Zoe va l’onore e l’onore di proseguire la strada tracciata dal loro padre John Cassavetes, uno dei giganti del cinema indipendente americano.