Al cinema: “Stanlio&Ollio” di Jon S. Baird

titolo orig. Stan & Ollie sceneggiatura Jeff Pope cast Steve Coogan (Stan Laurel) John C. Reilly (Oliver Hardy) Nina Arianda (Ida Kitaeva Laurel) Shirley Henderson (Lucille Hardy) Danny Huston (Hal Roach) Rufus Jones (Bernard Delfont) Susy Kane (Cynthia Clark) genere commedia prod Usa, GB, Can 2018 durata 98 min.

 

Per tutte le star, prima o poi, arriva il tempo del declino e dell’oblio. Così per Stanlio e Ollio, negli anni ’50 del ‘900, dopo aver sbancato i botteghini cinematografici per oltre 20 anni con titoli come Zuppa d’anatra (1927), I due legionari (1931), I figli del deserto (1933), I fanciulli del West (1937), Noi siamo le colonne (1940), Gli allegri imbroglioni (1943) e decine di altre pellicole di successo planetario. Tuttavia, nel 1937, proprio all’apice del successo, la celebre coppia comica si separa per un breve periodo quando Laurel, mente creativa e ideatore delle gag, rompe con il produttore Hal Roach ritenendo di essere sottopagato, mentre Hardy, pressato dai debiti alle corse e dagli alimenti alle ex mogli,

 

resta con Roach. L’episodio è narrato nel film di Baird come anticipatore di quanto avviene nell’Inghilterra del 1953 dove i due attori si esibiscono in una tournée teatrale in attesa di girare una parodia di Robin Hood. Ma, appunto, il declino incombe. Sotto forma di alberghi di quart’ordine e squallidi teatri semivuoti, ma anche di problemi di salute e stanchezza del repertorio. Tanto che il produttore del film su Robin Hood si eclissa e Ollio ha un collasso che gli impedisce di recitare. Questo periodo particolare e poco noto della biografia di Laurel e Hardy consente a Baird e al suo sceneggiatore di mettere in scena un commovente omaggio al cinema che non c’è più con la complicità di due attori straordinari come Coogan e Reilly chiamati al difficilissimo compito di non far rimpiangere i due veri assi della risata. Ottimamente sostenuti da Henderson e Arianda nel ruolo delle mogli, altra “strana coppia” nella vita vera, perfetto contraltare della finzione cinematografica. Il risultato è un omaggio sincero all’arte immortale dei due comici e un’operazione nostalgia sul cinema che fu e che nessun effetto speciale potrà mai eguagliare.

 

E allora perché vederlo?

Perché ci sono cose che noi umani…

 


SCELTO PER VOI

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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