Da vedere al cinema: Diamanti di Ferzan Ozpetek

Ozpetek parte da una storia ambientata nella sartoria delle sorelle Canova, specializzata nel fabbricare abiti di scena e costruisce un film corale al femminile senza una vera protagonista. Ogni storia si intreccia all’altra con gusto e credibilità

Film di donne e sulle donne come spesso accade con Ozpetek che qui però si supera costruendo una storia corale con tante comprimarie, ma senza una vera protagonista. Per ottenere questo risultato la scelta cade su un aspetto della “macchina cinema” che solitamente resta in ombra: il reparto costumi. All’inizio, a metà e alla fine entra in scena lo stesso regista che raduna le “sue” attrici attorno a un tavolo conviviale in un verde giardino romano per proporre loro l’abbozzo del film in progetto. Da lì prende la mossa la storia vera e propria ambientata nella sartoria delle sorelle Canova, specializzata appunto nel fabbricare abiti di scena per i set cinematografici e teatrali. La forza lavoro è tutta al femminile tranne un giovane factotum regolarmente tiranneggiato. Lo sviluppo della trama si sofferma di volta in volta sulle piccole, grandi storie che ciascuna delle lavoranti vive sia in sartoria, sia nel privato.

Con o senza uomini accanto, con o senza relazioni familiari o con compagni non proprio all’altezza. Ciascuna di loro, a cominciare dalle titolari, è circondata di luci e ombre, come tutti del resto, che a volte interferiscono con il lavoro mentre altre volte il lavoro diventa il toccasana (o il rifugio) nei momenti negativi. Su tutto ciò prevale la solidarietà femminile anche in quei personaggi, come la algida Alberta, che sulle prime sembrano allergici all’empatia. Film eccessivamente ottimista? Un romanesco “volemose bene” in salsa kebab? In certa misura sì perché le donne, quando vogliono, sanno essere anche molto crudeli, altro che sorellanza mentre qui Ozpetek dirige solamente voci concordi. Ma il punto è un altro: nel film non c’è eccesso di melassa né affettazione. Ogni storia si intreccia all’altra con gusto e credibilità. I registri del sentimento sono toccati al momento giusto e nel modo giusto grazie anche una prestazione delle interpreti certamente difficile da ottenere. E anche questo è un merito del regista. Tra tutte ci piace però segnalare in particolare Mara Venier, nota signora dell’intrattenimento televisivo, che qui ritorna, per così dire, al vecchio amore ovvero al cinema che ne ha contraddistinto gli esordi nel mondo dello spettacolo. E lo fa alla grande, con un’interpretazione da consumatissima attrice. Davvero una bella sorpresa. Infine una piccola chiosa per Geppi Cucciari (o per chi le ha scritto la parte). Perché coniare quell’orrendo neologismo (“vaginodromo”) a indicare l’insieme di donne radunate attorno alla tavola del regista al posto del classicissimo, elegante e sempiterno grecismo che è “gineceo”? Vuoi mettere la differenza!

Dettagli del film di Ozpetek

sceneggiatura Ferzan Ozpetek, Carlotta Corradi, Elisa Casseri cast Luisa Ranieri (Alberta Canova) Jasmine Trinca (Gabriella Canova) Mara Venier (Silvana) Sara Bosi (Giuseppina) Vanessa Scalera (Bianca Vega) Lunetta Savino (Eleonora) Geppi Cucciari (Fausta) Milena Vukotic (zia Olga) Elena Sofia Ricci (Elena) Anna Ferzetti (Paolina) Nicole Grimaudo (Carlotta) Milena Mancini (Nicoletta) Paola Minaccioni (Nina) Carla Segnoris (Alida) Kasia Smutniak (Sofia) Stefano Accorsi (il regista) Aurora Giovinazzo (Beatrice) Giselda Volodi (Franca) Luca Barbarossa (Lucio) Vinicio Marchioni (Bruno) Carmine Recano (Leonardo Cavani) genere commedia lingua orig italiano prod Ita 2024 durata 135 min

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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