“In buono stato di conservazione, con capelli e barba…”, così è apparso Enrico IV agli occhi dei suoi scopritori, il team di scienziati francesi che, a distanza di alcuni secoli, lo ha oggi autenticato.
Enrico IV, “il buon re” di Francia, colui che nel 1598 emanò l’Editto di Nantes garantendo libertà di culto ai protestanti, fu pugnalato a morte il 14 maggio 1610 da un fanatico cattolico e seppellito nella basilica di Saint-Denis; oltraggiato più tardi, prelevato dalla tomba e privato della testa, fu gettato in una fossa comune; il cranio fu venduto più volte all’asta e conservato, fino al ritrovamento, in collezioni private.
In buone condizioni, il viso ha un colore dorato, è munito di barba e capelli e presenta gli occhi parzialmente chiusi e la bocca aperta; tratti distintivi, una piccola macchia scura di undici millimetri sopra la narice destra, un foro nel lobo destro per un orecchino e una lesione ossea sopra il labbro superiore sinistro inferta al sovrano da Jean Chatel, nel tentativo di ucciderlo.
Un pavimento musivo di straordinaria bellezza e una chiesa bizantina, residenza e sepoltura forse del biblico Zaccaria. Individuata in Giudea a Hirbet Madras, sito di un’importante comunità ebraica di età romana, e scavata dall’Israel Antiquities Authority, la chiesa, identificata grazie al ritrovamento di pietre con incise croci e distrutta nella rivolta di Bar Kokhba del 135 d.C., conserva al suo interno un meraviglioso mosaico con motivi floreali e disegni di animali, che ne testimonia l’edificazione sopra una più antica struttura di epoca romana quando l’insediamento sembra fosse abitato da ebrei; la piccola grotta funeraria, individuata nei pressi, è stata interpretata come la sepoltura del profeta. Studiosi che hanno visitato il sito, avvalendosi dell’ausilio di fonti cristiane, hanno proposto l’identificazione del luogo con la dimora e la tomba del profeta Zaccaria; proprio la chiesa sarebbe commemorativa, designata per segnalare il luogo della sepoltura.
SEPOLTURE A PROVA DI ABILI SCALATORI
Altezza da brivido, monti inarrivabili, ritualità funebre assai particolare.Scavate a 4.200 metri di quota su un versante montuoso di difficile accesso, nei pressi del villaggio di Samdzong nel Mustang in Nepal, sorprendenti caverne realizzate dall’uomo hanno restituito i resti di ben ventisette individui vissuti all’incirca 1.500 anni fa, inumati secondo un rito funebre himalayano fino ad oggi sconosciuto. I corpi, scarnificati all’incirca per il 67%, venivano privati di organi e muscoli e, ridotti a scheletri, deposti su ripiani di legno, accanto a resti di capre, mucche e cavalli, probabili offerte sacrificali.
Un’analisi condotta sul loro DNA sembra testimoniarne una parentela, lasciando ipotizzare che le tombe siano state scavate come vere e proprie sepolture di famiglia. Similitudini con tale rituale si riscontrano nel rito tibetano di “sepoltura a cielo aperto” e in uno praticato nell’antica Persia.…singolari modalità di donare eterno riposo ai propri cari!
APPUNTAMENTO A…
con “IL SEGRETO DEL POZZO”
Sette pozzi d’età romana individuati ad Oderzo, l’antico Municipium romano di Opitergium, in territorio trevigiano, scrigni di splendidi oggetti di utilizzo quotidiano, piatti, brocche, coppe ed utensili, narratori dell’antica civiltà Caput mundi.
Museo della Centuriazione Romana, fino al 15.06.2011
di Alice Cecchetti, archeologa