25 artisti europei interpretano un tema classico in pittura: quello del trompe l’oeil, ovvero dell’inganno dell’occhio.
A riunirli intorno al progetto è Rob Smeets, celebre storico dell’arte e collecteur olandese che nel suo buen retiro nel cuore di Perugia ha scelto di trasformare lo storico complesso dei Gerosolimitani in un suggestivo tempio dell’Arte.
Qui, ogni anno, riunisce un cenacolo di artisti intorno ad un tema che coniuga antico e contemporaneo, attualità e memoria, suggestione e simbolo.
L’appuntamento quest’anno è dal 25 maggio al 15 settembre ed è di quelli da non perdere.
Il tema del trompe l’œil, commistione di inganno e di verità, falso, più vero della natura, ha percorso tutta la storia della pittura occidentale, dall’antichità ai giorni nostri, sollecitando l’interesse soprattutto di artisti fiamminghi e olandesi del Sei e Settecento, tra gli specialisti del genere, come Cornelis Gijsbrechts, Samuel van Hoogstraten, Domenico Remps, Jacob Biltius, Wallerand Vaillant, Cornelis Brizé, Christoffel Pierson, ma anche di maestri italiani come Giuseppe Maria Crespi, Giuseppe, Caterina e Pietro Leopoldo della Santa, dei francesi Jean-Baptiste Siméon Chardin, Jean-Baptiste Oudry, Louis-Leopold Boilly, di una nutrita schiera di pittori americani del tardo Ottocento come William Michael Harnett, John Frederick Peto e John Haberle e, attorno agli anni trenta del Novecento, di alcuni esponenti del Surrealismo.
“Trompe-l’oeil”, cioè una rappresentazione pittorica che ha come fine l’inganno visivo di chi osserva, che vuole fare apparire vero ciò che vero non è, che si prende gioco dello spettatore, creando un’opera che aspira ad annullarsi come pittura per presentarsi come frammento della realtà, grazie ad accorgimenti cromatici e prospettici. Artisti di tutti i tempi si sono cimentati in questo genere di pittura, apprezzato soprattutto dal collezionismo francese, olandese e italiano dal XVII al XIX secolo, ma che affonda le sue origini nell’antichità classica, da quando, cioè, nella sfida perenne fra vero e mimesi del vero, soprattutto i pittori tentarono di andare oltre la verosimiglianza, ingannando l’osservatore mediante una contraffazione della realtà.
La letteratura artistica antica e moderna, da Plinio il Vecchio, passando per il Rinascimento e fino al Neoclassicismo, ha più volte descritto “gli inganni dell’occhio” creati degli artisti, sempre con lo stesso scopo: tentare di accreditare l’idea che l’arte può spingersi tanto avanti da confonderci sui confini fra spazio reale e imitazione, prolungando il reale nell’immaginario. L’aneddotica parla del grappolo d’uva del pittore Zeusi, che gli uccelli beccavano tanto era verosimigliante, della finta tenda dipinta da Parrasio, che Zeusi chiese di scostare per vedere il quadro, ma che è essa stessa il quadro, del cavallo dipinto da Apelle, che avrebbe suscitato il nitrito di altri cavalli, delle tegole dipinte, sulle quali i corvi avrebbero tentato di posarsi, fino ai volatili rappresentati da Protogene sullo sfondo di uno dei suoi quadri, ai quali, secondo Strabone, una pernice avrebbe tentato di avvicinarsi. Ma Filostrato descrive anche un dipinto di Narciso alla fonte, con un’ape posata su un fiore, tanto realistica da sembrare vera, al pari della mosca che un giovanissimo Giotto in assenza di Cimabue, racconta Vasari, dipinse sul naso di una figura del maestro, che, tornato, avrebbe tentato più volte di scacciare con la mano.
Il trompe l’oeil ha ancora oggi qualcosa da dire, una sua modernità come la mostra vuole dimostrare.
La sua attualità consiste, come scrive Ernst Gombrich, nel legame che unisce pittore e spettatore, “sul reciproco potenziarsi dell’illusione e dell’attesa”. Ogni inganno dell’occhio presuppone la presenza di un contesto spazio-temporale, in questa occasione, una moderna galleria e la partecipazione di uno spettatore attivo, che interagisca con l’opera, che la guardi, la studi, la osservi, prima per crederla reale, poi, per ammirare l’abilità del suo artefice, quindi per provare attrazione, divertimento, sorpresa o paura ma anche per riflettere.