Un giorno, qualche anno fa, ho conosciuto il GGG. Il Gruppo Grotte Gavardo è un’associazione di volontari che hanno cominciato nella notte dei tempi ad addentrarsi nelle caverne bresciane alla ricerca di segni del passato. Ci andavano la domenica, perché ognuno di loro per vivere faceva un altro lavoro e a quei tempi c’era solo la domenica, e non tutte, per dedicarsi alle proprie passioni. Un giorno, in una grotta chiamata Buco del Frate, trovano un orso delle caverne intero. Intero per quanto riguarda lo scheletro, ovviamente. Lo raccolgono e lo portano via. Ma dove metterlo? Nasce l’idea di fare un piccolo museo. Un paio di stanze dove mettere l’orso e le altre cose che vanno pian piano trovando in giro, camminando nelle campagne e facendo quella che si chiama raccolta di superficie. Passano dopo i contadini e raccolgono cosa del passato la terra restituisce dopo l’aratura. Un giorno iniziano a scavare un villaggio di palafitte in un laghetto prosciugato. il sito si chiama Lucone ed è tra le colline di Polpenazze del Garda. Trovano una piroga di legno di 4000 anni fa nella fanga, la tolgono, le fanno un calco e poi lei si scioglie, come accade al legno così antico, troppo fradicio e inconsistente per resistere al contatto con l’aria. Il museo cresce con gli anni e poi si trasferisce in un bell’edificio quattrocentesco annesso alla parrocchiale di Gavardo, con tanto di piacevole chiostro.
Dopo più di trent’anni in estate sono ancora lì al Lucone, e ultimamente hanno deciso di cambiare il significato del proprio acronimo: ora GGG corrisponde a Gruppo Geriatrico Gavardese. Gabriele, Angelo, Carlo, Tita, Pico, Eligio, Sergio, Cecco e gli altri: è quasi commovente vedere i loro occhi luccicare ogni volta che viene trovato un reperto degno di nota. Quest’anno sono venute fuori una vasca e un vassoio di legno, ma ora i tempi sono cambiati e i legni antichi si mettono nelle celle frigorifere in attesa di restauro. I tempi sono cambiati, ma non l’entusiasmo e la magica manualità che ha permesso loro di costruire geniali macchinari utili al lavoro come la setacciatrice automatica e l’ingegnoso sistema per fotografare le sezioni. Il GGG è poliedrico. Scavano di fianco agli studenti universitari che appena sbarcati dalla facoltà li guardano con aria di sufficienza, ma presto capiscono che quei vecchietti ne sanno molto più di loro e sono degli archeologi veri, non un manipolo di rimbambiti che giocano con la terra. Inoltre tagliano l’erba, puliscono e organizzano lo spiedo di fine scavo, che è un barbecue di lusso. Magari ogni tanto si incriccano mentre sono inginocchiati a scavare, ma hanno una resistenza alla fatica che certo non ho visto nei loro colleghi ventenni.