Una favola da leggere ai nipotini

LO STRANO CASO DELLA FRISONA VOLANTE

Un giorno in una stalla nacque una mucchina. Il che di per sé non è strano, se non fosse che invece questo animale un po’ strano lo era. Innanzitutto aveva una coda così lunga che strisciava per terra e poi una specie di cresta, come quella di alcuni dinosauri.

Le mucche non avevano mai visto un incrocio tra un dinosauro e una mucca, ma, siccome non avevano pronto un nome per una draghessa frisona, la chiamarono Carolina e la trattarono come una di loro, senza farsi troppe domande. Carolina cresceva e le sue macchie nere diventavano sempre più grandi, sempre più grandi.

Un giorno la mucca Valentina, che era la stilista della stalla, trovò nel pagliaio un libro di fiabe di sua cugina Elzevira, la scrittrice della stalla, lo sfogliò e trovò un animale che assomigliava in tutto e per tutto a Carolina, eccetto per il fatto che, invece di essere bianco e nero, era di un bel verde smeraldo, come una lucertola che avesse mangiato molto fieno. Si trattava di un drago.

Valentina lo disse a Maricurì, la scienziata del gruppo, che lo disse a Elisabetta Prima, la presidente del consiglio delle mucche. Elisabetta Prima convocò una riunione straordinaria.

Le mucche, appresa la notizia (ma qualche sospetto già ce l’avevano), non si stupirono molto, ma si preoccuparono per Carolina. Valentina spiegò che i draghi non erano più di moda da secoli e aggiunse anche che erano scomparsi dalla faccia della terra perché erano stati tutti uccisi dai cacciatori di draghi. Maricurì, che era scienziata, osservò che non erano del tutto scomparsi, visto che Carolina esisteva ed era una di loro. Giusto.

“Che cosa dobbiamo fare?” chiesero in coro le mucche preoccupate. Temevano che, se si fosse saputa in giro la cosa, sarebbero arrivati dei cacciatori di draghi o, peggio ancora, dei giornalisti della televisione.

“Dobbiamo proteggerla. Cosa può fare un drago che sembra una mucca?” domandò Elisabetta Prima.

“La mucca!” rispose Maricurì, che era molto intelligente.

Tutte furono d’accordo.

“Allora la terremo qui con noi e non diremo niente.” La decisione fu unanime.

Carolina diventò grande senza sapere chi era.

Man mano che cresceva – e Carolina cresceva – capiva che in lei c’era qualcosa di strano. Non faceva il latte, tanto per cominciare, e poi c’era quella coda che diventava sempre più lunga. Inoltre il fatto di essere grande come dieci mucche messe insieme non era un particolare che le sfuggiva.

“Ragazze,” disse una sera durante una cena all’aperto, “non avete mai notato che sono un po’ diversa da voi?”

“Ma cosa dici, Carolina?” si stupì Valentina.

“Non ho mai visto una mucca più normale di te.” Replicò Maricurì.

Carolina non si sarebbe mai permessa di mettere in dubbio l’opinione di una scienziata come Maricurì, ma non era convinta.

Cercò di fare finta di niente, ma si sentiva sempre più infelice. Non le piaceva più brucare l’erba e passava sempre più tempo seduta nei prati, sospirando. Un giorno sospirò troppo forte e carbonizzò un faggio. Carolina corse alla stalla gridando in preda al terrore, e mentre urlava nuvole di fumo le uscivano dalla bocca e dal naso. Il fumo dal naso non è tipico delle frisone.

“Calma, Carolina, calma,” intervenne Elisabetta Prima, temendo che un sospiro di troppo incenerisse la stalla.

“Dobbiamo dirglielo.” Sentenziò Valentina e Maricurì le spiegò che era un rarissimo bovinosauro, cioè una non comune dragomucca.

“Un drago? Un drago?” continuava a ripetere Carolina, che pianse tutte le sue lacrime ma non sospirò nemmeno una volta.

Svanita del tutto l’allegria, Carolina si legò un fazzoletto intorno alla bocca e, siccome non voleva più saperne di divertirsi, si mise a guardare la televisione.

Le mucche si inventarono di tutto per distrarla: organizzarono una festa con le galline sull’aia, una spassosa ricerca dell’ago nel pagliaio, un ballo in maschera in cui tutti dovevano travestirsi da drago. Niente, Carolina rimaneva fissa davanti alla TV.

Un giorno, mentre guardava un documentario sulla savana, vide un branco di elefanti. Erano tutti normali elefanti, eccetto uno, che era molto più grosso degli altri, stava in disparte e aveva un lenzuolo legato davanti alla proboscide. Che fosse anche lui un drago? Registrò la scena e chiamò Maricurì.

“Sì, c’è la possibilità che sia un dragofante.”

“Devo saperlo e per saperlo devo partire. Prenoto subito la nave.” Carolina pensò che doveva per forza andare in Africa con la nave, perché si sa che le mucche viaggiano in treno o in nave.

“Perché navigare quando si può volare?” osservò Maricurì.

“Ma sei matta? Hai mai visto una frisona in aereo?” replicò Carolina. “E poi non so se ci sto sui sedili.”

“Maricurì non si riferiva all’aereo.” Intervenne Elisabetta Prima. “Tu puoi volare, Carolina.”

“Cosa?”

“Certo, i draghi hanno sempre volato, da che mondo è mondo. Da piccola tu volavi. Ma, come forse saprai, le mucche di solito non volano e allora, per proteggerti, ti abbiamo insegnato a restare a terra.”

“Ma ora è tempo per te di sollevarti. Ce la farai.” Se lo diceva Maricurì era vero.

Carolina fece la valigia e salì sulla collina, seguita dalle mucche più tristi e preoccupate che si fossero mai viste.

Arrivata in cima, spiccò un gran salto: era agile come un bovino (in fondo era una mucca), ma riuscì a rimanere sospesa in aria (in fondo era un drago).

Non aveva neppure un accenno d’ala, ma volava.

Dopo un lungo viaggio Carolina atterrò in Africa, nel bel mezzo della savana. Faceva caldo e c’erano un sacco di animali che potevano fornirle utili informazioni sull’elefante con il lenzuolo.

Chiese a un leone, ma niente.

Chiese a una zebra, niente.

Un facocero, niente.

Gnu, niente.

Si sentì stanca, si sdraiò, sospirò e carbonizzò un baobab.

“Ehi tu, mucca in gita, mi hai bruciato la punta della coda!” la sgridò una leonessa.

“Perdonami, sono un disastro.” Si scusò lei.

“Sei peggio di Filippo.”

“Chi è Filippo?”

“L’elefante più maldestro del mondo.”

“Dove lo posso trovare?”

“Nella Radura degli Alberi Bruciati, quella che un tempo, prima che ci andasse ad abitare Filippo, era la Radura degli Alberi Verdi.”

Carolina si fece spiegare la strada, ringraziò e si alzò in volo. Trovò presto Filippo, che riconobbe dalle dimensioni e dal lenzuolo. Scese in picchiata verso di lui.

Quando vide la mucca volante, Filippo non si scompose. Dopo quello che aveva scoperto di se stesso, niente poteva stupirlo. Aveva consultato G.S., il Grande Saggio della foresta, e G.S. gli aveva rivelato un grande segreto: a Filippo usciva il fuoco dalla proboscide perché era un drago.

“Ciao, Filippo. Mi chiamo Carolina e credo di essere come te.”

“Lo escludo. Non sembri per niente a un elefante. Assomigli di più a una mucca o a una zebra che ha inghiottito un ippopotamo intero.”

“Volevo dire che anch’io sono un drago.” Si corresse Carolina.

“Ma dai, davvero?”

Carolina sospirò e le uscì una fiammata che non bruciò niente, perché per fare danni era arrivata tardi. Si trovava nella Radura degli Alberi Bruciati, appunto.

La frisona volante raccontò dell’allevamento, di Maricurì e delle altre, del documentario e della decisione di venirlo a cercare. Filippo raccontò della sua vita felice con gli elefanti, che gli volevano bene ed erano rimasti con lui anche se aveva ridotto male la loro bella radura.

Nessuno dei due però aveva capito bene chi era e perché era nato così.

In quel momento scese dall’alto G.S. A G.S. piaceva scendere dall’alto, perché tutti si impressionavano molto e anche perché G.S. era un macaco.

“Ogni tanto nasce un drago.” Spiegò G.S. “Ma sono sempre stati tempi difficili, per i draghi. Cacciatori di draghi, principesse petulanti che pretendono di essere rapite per farsi salvare da principi odiosi, calzolai delle dive che vogliono la pelle di drago per fare borse e scarpe, inviati dei giornali che cercano tipi strani da intervistare. Un drago non può permettersi di fare il drago senza essere perseguitato dagli scocciatori. Così i draghi fin da tempi remoti hanno deciso di mimetizzarsi tra gli altri animali, ed è per questo che voi siete una mucca e un elefante. Il resto è un mistero, non chiedetemi altro.”

Come spiegazione non era molto convincente, ma un Grande Saggio è un Grande Saggio, anche se è un macaco.

Carolina e Filippo diventarono grandi amici, ma, per quanto sia bella la savana e simpatici gli elefanti, a Carolina mancavano le sue mucche e la sua stalla. Voleva tornare a casa. Prima di partire insegnò a Filippo a volare, così avrebbero potuto vedersi una volta alla stalla e una volta alla radura. E così fu.

Prima o poi può capitare di vedere una mucca pascolare tra gli elefanti o un elefante che si aggira fumante tra le mucche. Succede anche di incontrare una mucca o un elefante che volano. Viviamo in un mondo pieno di draghi.

Clementina Coppini: scrive più o meno da quando aveva sei anni, un po’ come tutti. Si è laureata in lettere classiche ma non si ricorda bene come ci sia riuscita. Scrive su Giornalettismo, il Cittadino di Monza (la sua città), El-Ghibli, www.grey-panthers.it e su un paio di giornali cartacei. Ha pubblicato tanti libri per bambini, qualche romanzo come feuilleton su Giornalettismo, un romanzo con Eumeswil e adesso le è venuta questa idea del romanzo in costruzione. Ha una famiglia, due figli, un gatto e si ritiene, non è chiaro se a torto o a ragione, una discreta cinefila e una brava cuoca. Va molto fiera delle sue ricette segrete, che porterà con sé nella tomba.
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