Sospese nel vuoto. Donne con i piedi per terra e anche no

Due donne mi vengono in mente quando, nel periodo del 25 novembre, penso alle donne: Samantha che è partita per la stazione Soyuz e la donna appesa al cornicione per scappare dal suo stupratore. Sospese nel vuoto entrambe, con destini diversi. Samantha realizza i sogni di intere generazioni di donne che, oltre a desiderare di imparare a ricamare e a cambiare i pannolini (e oltre a queste sacrosante attività) hanno desiderato di fare l’astronauta o altro ancora. Vederla sorridere dallo spazio ha il suo perché. La peruviana che, nuda, è rimasta appesa al cornicione nel tentativo di fuggire all’uomo che l’aveva violentata e di chiedere aiuto, ha tutta un’altra vicenda da raccontare. Entrambe sono sospese nel vuoto con le loro storie, su entrambe le quali vale la pena riflettere.

Ci sono donne che attraversano piccoli e grandi inferni di botte e lividi, di umiliazione e dolore. Conosco molto bene gente che ha attraversato questo piccolo grande inferno sulle sue gambe, che ha camminato nella mota in ginocchio e ne è uscita in piedi. So che si può fare, lo so per esperienza personale. Quando mi dicono che non bisogna mettersi al livello dei bastardi sapete cosa rispondo? Certo, giusto, mai mettersi al loro livello. Meglio scavare un buco, passare da sotto, spuntare da dietro e dare loro una pedata nel sedere. Una pedata poderosa, beninteso. Quando sei uscito dal fango, pure se non ci sei entrato per tua volontà. ma sono stati gli altri a buttartici dentro, non puoi non esserti sporcato, ma questo è davvero un dettaglio. Bisogna fregarsene di queste sottigliezze, perché l’unica cosa certa è che da queste situazioni l’importante è uscire.

Uscire in qualsiasi modo, basta andarsene. Dapprincipio evincersi da certe creature sembra difficile, quasi impossibile. Sembra difficile e lo è. Si ha paura, la stessa che si proverebbe nel sentirsi sospesi nel vuoto quando si soffre di vertigini, appunto. Invece decidere di lanciarsi (metaforicamente parlando, mi raccomando) senza pensare a quello che c’è sotto a volte è la migliore delle soluzioni. Bisogna avere il coraggio di mettere una distanza tra sé e chi ci fa del male. Sospendersi nel vuoto in certi casi è molto meglio che tenere i piedi per terra. Dipende da chi altro tiene i piedi sullo stesso pavimento. Dipende se costui, oltre a tenere i piedi ben saldi per terra, sa tenere le mani a posto. Se non lo fa, meglio cambiare pavimento.

Non si può sempre salvare l’anima dei dannati, può essere molto più utile ed educativo lasciarli perdere. E anche dar loro una bella sonora e pubblica lezione non è un’opzione da sottovalutare, anzi. Sembra poca cosa da dire, un banale consiglio per donne maltrattate nel giorno della loro (tragica) ricorrenza. Invece denunciare e punire il maltrattatore è un’impresa che richiede coraggio. È qualcosa di eroico e tutti dovrebbero rendere onore alle donne che decidono di salvarsi. Quindi solidarietà vada alle vittime ma anche alle ex-vittime, alle donne che scelgono di stare sospese nel vuoto piuttosto che condividere il proprio piano di calpestio con anime nere.

Clementina Coppini: scrive più o meno da quando aveva sei anni, un po’ come tutti. Si è laureata in lettere classiche ma non si ricorda bene come ci sia riuscita. Scrive su Giornalettismo, il Cittadino di Monza (la sua città), El-Ghibli, www.grey-panthers.it e su un paio di giornali cartacei. Ha pubblicato tanti libri per bambini, qualche romanzo come feuilleton su Giornalettismo, un romanzo con Eumeswil e adesso le è venuta questa idea del romanzo in costruzione. Ha una famiglia, due figli, un gatto e si ritiene, non è chiaro se a torto o a ragione, una discreta cinefila e una brava cuoca. Va molto fiera delle sue ricette segrete, che porterà con sé nella tomba.
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