Essere stati educati da un genio e non saperlo, salvo poi accorgersene quando sei genitore di adolescenti allo sbando. Né più né meno di come eri tu, ma tu hai avuto alle tue spalle qualcuno che ti ha saputo raddrizzare con competenza e decisione: la Nonna Ida.
La Nonna Ida, contadina cremonese che aveva fatto la quarta elementare e come lettura fissa aveva il giornale “Confidenze” (rivista su cui pubblicavano racconti che avercene, di scritti così bene), quando facevi o dicevi qualcosa che secondo lei non era corretto ed educato se ne usciva con l’espressione lapidaria “àrda che te dò ‘na sgiafa” (guarda che ti do uno schiaffo). Siccome era una persona pratica ti comunicava tale intenzione dopo che la sgiàfa l’avevi già presa da un minuto ed eri lì mezzo rimbambito, perché la Nonna Ida aveva mani come badili e non aveva paura di usarle.
Aveva fatto per decenni la mondina e in alternativa lavorava in una fabbrica dove facevano la seta: le sue mani erano state forgiate dalla risaia e dall’acqua incandescente in cui si facevano bollire i bachi.
Lei si esprimeva con frasi lapidarie. Il suo secondo concetto base era “Stödia, àsen” (Studia, asino). E aggiungeva, stavolta in italiano, “altrimenti farai la fine che ho fatto io”. Lei, arrivata a Milano dopo la guerra, era andata a servizio, ovvero a fare la cameriera nelle case dei ricchi. Lo faceva con la sua straordinaria dignità, perché lei non si è mai sentita serva e nessuno si è mai permesso di trattarla come tale, datosi che era un’irreprensibile sgobbona con una lingua affilatissima.
Se ti comportavi male in pubblico appena aveva occasione ti prendeva da parte e ti diceva “vilàna” (maleducata). Per lei essere definiti villani era il più terrificante insulto che si potesse ricevere, la massima umiliazione concepibile. Pronunciava questa parola con grande dispiacere, perché nella sua mentalità significava aver toccato il fondo, non essere nemmeno meritevoli della sgiàfa liberatoria.
Questa è stata la peggiore parolaccia che abbia mai detto. A pensarci bene aveva ragione.
Cosa si può dire di più orrendo a un ragazzino? Lei era una contadina ma non è mai stata villana. Se qualcuno le avesse tirato un cestino in faccia lei si sarebbe rifiutata di toccare l’autore di tale gesto, perché un villano non merita nemmeno la sberla correttiva, in quanto si è posizionato al limite dell’educazione e deve rientrare per conto suo, espiare nel silenzioso disappunto finché non rientra con consapevolezza nell’ambito della civiltà. Non gli avrebbe parlato fino a che non fosse ritornato a essere la persona che doveva essere, a seguito di opportuno pentimento.
Se non ti piaceva il riso in brodo con il prezzemolo te lo presentava ogni sera finché non lo finivi tutto, persuaso dalla fame. La sera dopo ti cucinava la sua specialità. Quando ti preparava gli gnocchi voleva dire che il tuo comportamento era di nuovo diventato accettabile.
La Nonna Ida, quando infine avevi capito come funziona il mondo e avevi abbassato la testa sui libri per un tempo adeguato, ti diceva che stavi semplicemente facendo il tuo dovere, niente di più. Anzi, dovevi ringraziare perché stavi usufruendo di un privilegio. Privilegio non era un termine presente nel suo lessico, ma lei nel suo dialetto sapeva farsi capire molto bene.
Alla fine, il giorno in cui ti sei laureato, lei, fierissima e sorridente nel suo paltò vecchio di trent’anni, è rimasta in un angolo, piena di vergogna in un posto che le metteva soggezione. Tutti troppo intelligenti per lei, questi dottori. Quando le raccontavi cosa stavi facendo come professionista lei rispondeva “Sì, ma con tutto quello che hai studiato quando ti trovi un lavoro vero?”
L’ultima sgiàfa te l’ha data che avevi 35 anni ed eri già madre di due figli, perché avevi detto una brutta parola davanti ai bambini, ai quali stava facendo vedere le mucche che pascolavano. È morta come il grande essere umano che era, senza dare fastidio a nessuno: un bel giorno si è seduta un attimo e ha chiuso gli occhi per sempre.
Ma i suoi insegnamenti no, hanno ancora gli occhi aperti. Avere con i piedi per terra, studiare, non perdere mai la speranza, essere umili ed educati per regola: se non lo fai ti meriti una sgiàfa, metaforica o meno. La Nonna Ida certe metafore le bruciava nel camino. E faceva bene.