Agosto è il mese dell’abbandono. Di quello piacevole, che comporta il prendere distacco dalle preoccupazioni, dallo stress, dalle noiose abitudini, dalla a volte sconfortante quotidianità. Distacco temporaneo, certo, ma forse è anche meglio così, perché dopo due o tre settimane via da casa le abitudini sembrano più spassose, la quotidianità più appetibile. Si è pronti insomma a riconsiderare ciò che si è lasciato. Questo si chiama rigenerarsi, riposarsi, rilassarsi e anche (perché no?) divertirsi.
Ma c’è anche l’abbandono triste, che per fortuna (se ci va bene) non ci compete. Chissà perché queste cose quando ne parli non riguardano mai nessuno. Uno finisce per domandarsi se si tratti di leggende metropolitane. Tranquilli, non lo sono: è la gente che se la racconta e che la racconta. Tale abbandono (che a quanto pare non riguarda mai noi e nessuno che conosciamo) comporta sempre l’allontanamento, ma non implica compiere l’azione di allontanarsi bensì subirla. Vuol dire in soldoni essere mollati al proprio destino, soli come cani. D’altronde alla fine i più giovani hanno il diritto di distrarsi un attimo dalla cura dei vecchi che hanno sul collo tutto l’anno. Loro, i grandi anziani, devono capire, non è che possono pretendere. Magari a loro volta, in passato, si sono comportati nello stesso modo con genitori e prozii e via discorrendo. Quindi va bene così. Giusto, no?
Giusto no. Non è che, siccome mio cugino di ottavo grado ha abbandonato il cane in autostrada (altro abbandono di cui si sente parlare in questo periodo) e ha potuto farsi le ferie in santa pace senza botoli che abbaiano, allora è una buona idea, da replicare.
Certo i vecchi sono pesanti, si sa, e ogni tanto bisogna tirare il fiato, ci mancherebbe. Ma, come in molte altre questioni, bisogna considerare caso per caso. Se la persona è indipendente, se la si assiste davvero tutto l’anno e si ha proprio bisogno di staccare, se questo individuo merita (perché in ogni età l’amore bisogna meritarselo, anche se poi ognuno è liberissimo di amare pure gli indegni). Chi stai lasciando a casa da solo con la badante e un ventilatore moscio è la stessa persona che ti teneva i figli da piccoli, che ti ha aiutato con il mutuo, che ti ha dato una mano quand’eri in difficoltà? Poi c’è anche quello che si è dimenticato di te il giorno in cui è andato in pensione e torna ora ottuagenario accampando pretese. C’è quello ingestibile e quello depresso che ti fa venire la botta di tristezza ogni volta che gli parli.
C’è di tutto e le sfaccettature sono davvero molte. La questione è ampia, ma la domanda che ciascuno deve porsi è una sola:
“Io come voglio che mi trattino quando sarò vecchio e ritenuto (a torto o a ragione) inutile?” Non fatevi questa domanda da essere umano, ma da cane o gatto. Immaginate voi stessi dietro il guard rail di un’autostrada, confusi (non ci vedete bene, avete gli arti stanchi e vi mancano le forze), che avete solo voglia di scappare ma non avete il coraggio nemmeno di muovere una zampa.
Chi, per quanto rognoso e infame, merita un trattamento del genere?
Certo voi, intanto che andate a ricrearvi con o senza prole varia ed eventuale, mica internate la gente all’ospizio con le pantegane in stanza. No, voi mandate vostro padre al Giovane Baldanzoso Querceto, residenza di lusso per anziani, oppure vostra madre viene affidata all’efficientissima tata slava o sudamericana (che magari ha figli e nipoti che vorrebbero andare al mare anche lei ma loro un po’ insomma è giusto che s’arrangino). Oppure li lasciate in questa condizione (privilegiata) tutto l’anno (E allora perché non ve li tenete vicini almeno per una settimana, o scellerati?).
Fate quello che vi pare, ma, quando i vostri figli vi blinderanno in situazioni analoghe, ricordate di non lamentarvi. In ogni caso, prima di partire, provate a guardate il vostro guard rail presente, passato e futuro e vedete se la cromatura vi piace.