Continua, con questo testo, la fortunata rubrica di commenti, punto di vista di noi senior, genitori e nonni. Uno sguardo disincantato e anche un po’ ironico sui problemi della nostra società. Senza strilli o acredine, ma non la giusta severità di chi ne ha viste molte in giro!
I FORZATI DELLA NONNITUDINE (parte prima)
Tutti i giorni alle 16,30, all’uscita di scuola, incontro Nonna Colombo e Nonna Brambilla, che attendono i loro petulanti nipoti. Nonna Colombo vive nella rassegnazione e, a capo chino, trascina la cartella a rotelle di Matteo, decenne virgulto con il 39 di piede, il quale nemmeno si figura di portarsela da sé, la sua cartella, né di mostrare una qualche gentilezza. Almeno Nonna Colombo ha le rotelle. Per Nonna Brambilla non è stato previsto tale lusso. Camilla saltella verso di lei, ovviamente non la saluta, ma si limita a rifilarle senza complimenti lo zaino, il quale, dal peso, si stima debba contenere il banco, la maestra e un paio di scaffali di legno della biblioteca scolastica. Nei minuti precedenti l’epifania degli infanti, Nonna Colombo mantiene il suo sorriso distaccato e dice con tono serafico che, malgrado l’età e gli acciacchi, è contenta di riuscire ancora ad aiutare la figlia per quanto può.
Nonna Brambilla, invece, è molto più belligerante. Lancia strali e maledizioni assortite contro la figlia che la obbliga a questa servitù della gleba, e si lamenta che, dopo aver portato la creatura a danza, dovrà correre a casa a preparare la cena, poiché, abitando nell’appartamento di fianco a quello della figlia, deve provvedere a cucinare per tutti. Si lamenta, ma non si ribella. Non pensa che è questo verbo, “deve”, ciò che non funziona.
Quando vedo le due nonne arrancare sotto la neve, la pioggia o in quelle impreviste giornate torride di fine maggio, mi chiedo se non sia meglio che vadano a casa e confessino ai figli che non ne possono più, di questi lavori forzati.
Vi è mai capitato di vedere in giro dei poveri nonni che spingono passeggini e carrozzine, che si affaccendano con sollecitudine ansiosa intorno a bambinetti, mentre una signora di 35/40 anni li angaria con crudeltà? È quasi certamente la loro figlia, che, una volta nato il piccolo, si trasforma in una terribile aguzzina di due neo-nonni innocenti. Perché non le comunicano che non ha partorito solo lei, ma che ci sono in giro altri casi di donne che hanno generato prole?
Perché non se lo guarda lei, suo figlio, e non lascia che i nonni facciano i nonni e non i vicari del genitore? Chi ha detto che il nonno debba sentirsi ogni minuto pieno di gratitudine per aver potuto vedere la continuazione della propria stirpe? Cara puerpera, non devi dare per scontato che i tuoi debbano prestare servizio presso di te per sempre e, se vuoi fare figli, liberissima, ma essi sono un tuo problema. Come puoi pensare che i tuoi poveri genitori, dopo aver accudito te, abbiano il dovere di crescere anche i tuoi figli e di farti risparmiare i soldi della tata o la fatica di responsabilizzare chi tu per tua volontà hai messo al mondo?
Ci sono nonni che non si vedono mai, perché sono al mare, a passeggio, in giro, in gita o più semplicemente altrove a vivere la loro vita. Un tempo li criticavo per il loro scarso interesse nei confronti dei figli e dei nipoti, per la troppo sporadica partecipazione alla vita della famiglia. Ora so che fanno bene, molto bene.
Fare il nonno deve essere una gioia. I nonni devono essere complici dei nipoti, compagni di gioco, devono ridere con loro. Nonni e nipoti devono essere liberi di sperimentare insieme un rapporto che attraversa le generazioni e l’arco dell’esistenza. Quindi tu, cara mammina, visto che sei rimasta a casa fin dopo i trent’anni e hai lasciato ai tuoi solo una sparuta oasi di pace tra la tua dipartita da casa e il tuo ritorno con figli, abbi la cortesia di capire che questo è il tempo dei tuoi doveri, e che l’epoca in cui pretendevi assistenza parentale continua si è conclusa. È terminata, finita. Stop. È tuo compito insegnare ai bambini ad avere rispetto dei loro nonni, non a pretendere soltanto, come invece fai tu, che non sei un bell’esempio.
In poche parole, è ora che cresci.
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