Nel quadro generale dell’aumento dell’instabilità matrimoniale, di particolare interesse è lo specifico aumento di separazioni dei 50enni e dei 60enni e più.
Partiamo dal quadro generale: nel 2014, ultimo anno per il quale i dati sono disponibili, le separazioni sono state 89.303, valore quindi di poco superiore a quello del 2005, pari a 82.291; a fronte di tale stazionarietà, è però cambiata la struttura per età dei neo-separati.
In particolare, le separazioni in cui l’uomo ha 50-59 anni sono salite da 5.002, a 21.244; quelle in cui l’uomo ha più di 60 anni da 6.048, a 11.288; analoghi gli andamenti se consideriamo l’età delle donne: le neo-separate di 50-59 anni sono salite da 3.291 a 15.550, quelle con almeno 60 anni da 3.856 a 7.200. Vale a dire che nel giro di 10 anni, sono quasi raddoppiate le separazioni tra gli ultra 60enni, quadruplicate quelle dei 50enni.
E’ importante sottolineare che l’aumento dell’età dei separati non è riconducibile alla posticipazione dell’età al matrimonio che si è verificata negli ultimi due decenni, in quanto gli attuali 50-60enni si sono sposati, di norma, in decenni nei quali l’età al matrimonio era ancora mediamente inferiore ai 30 anni, ma è determinato proprio dall’incremento di separazioni che hanno alle spalle ‘nozze d’argento’: quelle di durata almeno 25ennale sono, infatti, quasi raddoppiate, passando da 12.179 a 22.731.
Possiamo ritenere che alla base di questo incremento vi siano due fattori, ugualmente importanti.
- Il primo, che potremmo definire a carattere ‘generazionale’ è che sono mutate le caratteristiche sociali dei 50-60enni: chi attualmente rientra in queste classi di età è mediamente più scolarizzato rispetto alle generazioni precedenti e ha fatto proprio, da adulto e, ancor prima, da giovane, un modello culturale centrato più sull’autorealizzazione individuale che sul senso di appartenenza familiare. In tale modello rientra, ovviamente, anche una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni affettive e amorose e, quindi, una maggior propensione allo scioglimento del matrimonio nel caso in cui la relazione coniugale non risulti più soddisfacente.
- Il secondo fattore rimanda al mutamento in atto nelle mappe mentali dei soggetti, ossia nelle immagini e nelle prospettive che ci si prospetta rispetto al futuro. Da questo punto di vista, possiamo ritenere che, mentre le generazioni precedenti vedevano la fase che si apriva dopo i 60 anni come una fase ‘breve’, destinata ai bilanci sulla propria vita trascorsa e in cui i progetti per il futuro riguardavano soprattutto figli e nipoti, attualmente i 50-60enni si ‘prospettino’, tendenzialmente, almeno 25-30 anni di vita, di cui larga parte in buone condizioni di salute. La fase dei 50-60 anni si configura, quindi, come una fase nella quale si possono ancora avere progetti per il proprio futuro e in cui ci si può (deve?) dare, eventualmente, una ‘seconda opportunità’. Progetti e opportunità che riguardano il ‘cosa’ fare nella quotidianità della propria vita, dedicandosi ad attività trascurate nella vita adulta, impegnata dal lavoro e dai figli, ma che possono riguardare anche il ‘con chi’ trascorrere i decenni che si hanno ancora davanti.
Ma, questo, può voler dire sia dar corso a nuovi rapporti amorosi e a nuovi progetti matrimoniali, ma può anche voler dire, più semplicemente, terminare un rapporto coniugale considerato non più appagante e piacevole, specie se non c’è più, a fare da collante, la presenza in casa dei figli. Non caso, del resto, i dati Istat ci dicono che, di norma, anche tra gli anziani, le separazioni sono consensuali, ossia vedono un accordo tra i coniugi circa non solo la decisione presa, ma anche rispetto ai diversi punti di possibile contrattazione.
Ovviamente, mutamento ‘generazionale’ e mutamento delle aspettative sono fenomeni da valutare positivamente, in quanto amplificano i gradi di libertà dei soggetti. Ma, occorre anche considerare che, altrettanto ovviamente, sono fenomeni che tenderanno a tradursi, nei prossimi decenni, in un incremento degli anziani soli e che obbligheranno ulteriormente a ridefinire il nostro sistema di politiche sociali, tuttora sostanzialmente basato sul ruolo, nell’assistenza e nella cura, della famiglia e della coppia.
di Carla Facchini, luglio 2016