I 28 capi di stato e di governo dell’Unione hanno raggiunto un’intesa sulla nomina ad Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza di Federica Mogherini, Ministro degli Affari esteri del governo Renzi.
A un mese e mezzo dal Consiglio europeo di giugno, conclusosi in uno stallo pressoché totale, le speranze del governo italiano di garantire a Mogherini il posto di capo della diplomazia europea sembravano tramontate, ma gli ultimi giorni di trattative si sono rivelati cruciali.
Tra gli altri, due sono i fattori che hanno pesato maggiormente sulle nomine di oggi. Innanzitutto la consapevolezza dei leader europei che non si potesse tardare ulteriormente prima di dare alle opinioni pubbliche, reduci dal voto di maggio, un segnale: quello che la macchina non si è inceppata. Il segnale giunge tra l’altro nello stesso momento in cui Jean-Claude Juncker, insoddisfatto dalle nomine dei Commissari compiute dagli stati membri, chiede più tempo per mettere a punto la sua squadra.
Del pari determinante appare essere stata l’intesa sulla nomina di Donald Tusk a Presidente del Consiglio europeo. Nell’infinito rompicapo di Bruxelles, il primo ministro polacco si è rivelato il “contrappeso” ideale alla nomina dell’italiana: da un lato perché la formazione cui è a capo, Piattaforma Civica, è affiliata al Partito popolare europeo, mentre Mogherini proviene dalla grande famiglia socialista; dall’altro perché la nomina di Tusk risponde ai timori di quei paesi dell’Europa centro-orientale che vorrebbero dare un segnale forte a Mosca nel contesto della crisi ucraina.
(foto: Consiglio dell’Unione europea)