Il Metaverso è una sorta di realtà digitale in grado di fornire agli utenti interazioni ed esperienze ricche e realistiche. Diverse sono le aziende impegnate nella corsa al virtuale. Non solo l’industria dei videogiochi, l’intrattenimento o l’economia: anche la sanità sta esplorando il Metaverso, luogo perfetto per formare il personale medico. E’ ormai noto l’utilizzo dei sistemi di telemedicina soprattutto durante la pandemia. Ecco che quindi l’obiettivo della innovazione digitale in campo medico potrebbe creare davvero un’opportunità in più per migliorare l’accessibilità ai percorsi di cura, a una maggiore e più frequente interazione medico-paziente.
Diversi sono i possibili ambiti applicativi nel Metaverso, che vanno dalla formazione dei professionisti sanitari alla comunicazione medico-paziente, ai trattamenti di riabilitazione e alle sperimentazioni.
Tecnologie che fino a pochi anni fa erano inaccessibili, oggi sono disponibili a costi molto inferiori. La realtà virtuale applicata alla formazione dei medici, infatti, permette di creare simulazioni realistiche utili sia all’apprendimento sia alle esercitazioni, con l’ulteriore vantaggio di consentire la ripetizione delle procedure anche in assenza del docente: un quantitativo infinito di pazienti da analizzare, la possibilità di visionare in profondità gli organi, visibili anche da angoli non consentiti da un normale campo chirurgico, la possibilità di sperimentare e sbagliare in un ambiente realistico, senza creare conseguenze al paziente.
Esistono programmi di living anatomy che permettono agli studenti di “guardare” all’interno di una rappresentazione 3D del corpo umano, visualizzando strutture anatomiche particolarmente difficili da discernere a occhio nudo nella dissezione tradizionale, interagendo con esse come fossero reali. La tridimensionalità di queste immagini permette un’interazione non solo visiva, ma vera e propria, attraverso strumenti che danno a un chirurgo una retroazione tattile. Interessante è anche l’applicazione del mondo virtuale per ridurre il dolore reale del paziente, che secondo i ricercatori ha una forte componente psicologica. Un obiettivo dei programmi è ridurre il dolore in pazienti ustionati durante la cura delle ferite: in uno studio, i pazienti venivano quindi immersi in un ambiente virtuale ghiacciato in cui erano impegnati a lanciare palle di neve contro dei bersagli. In questo modo veniva assorbita la loro attenzione, lasciando meno risorse disponibili per elaborare i segnali di dolore. La realtà virtuale viene utilizzata anche nel trattamento del dolore cronico con una terapia non invasiva che i pazienti possono seguire a casa, attraverso un visore di realtà virtuale, un controller e un amplificatore di respirazione. L’obiettivo è trattare i sintomi fisiologici del dolore ed alleviarlo attraverso tecniche come il rilassamento profondo, lo spostamento dell’attenzione, l’accettazione. Numerose sperimentazioni hanno utilizzato la realtà virtuale anche nel trattamento del disturbo da stress post traumatico. Negli Stati Uniti ambienti immersivi sono stati utilizzati per l’esposizione prolungata di veterani o sopravvissuti all’11 settembre. Sempre più frequente, inoltre, il ricorso alla realtà virtuale nelle terapie cognitivo-comportamentali volte al superamento delle fobie. Anche in questi casi l’intervento si realizza attraverso l’esposizione del paziente alla fonte di ansia in un ambiente protetto, alla presenza del terapeuta.
La tutela dei diritti della persona nel Metaverso
E i nostri diritti come verranno tutelati nel Metaverso? Abbiamo visto che all’interno del Metaverso gli utenti attraverso i loro avatar personalizzabili possono muoversi ed esplorare gli ambienti come nel mondo reale, fino al punto da relazionarsi con gli altri utenti, parlare e fare tutto quello che si potrebbe fare nel mondo reale. Come nel mondo reale, anche nel Metaverso c’è il rischio che vengano violati i diritti dell’uomo, considerato che l’avatar utilizzato riflette le specifiche di ogni utente. Fin dai primi utilizzi della piattaforma molte donne hanno raccontato di aver subito aggressioni verbali da parte di altri avatar con voci maschili, pedinamenti e continui apprezzamenti non richiesti. Nel marzo 2022 è arrivata la prima denuncia per molestie sessuali sul Metaverso. Una ricercatrice ha riportato che il suo avatar sarebbe stato condotto forzatamente in una stanza e, in seguito, molestato da altri avatar, mentre alcuni utenti, purtroppo come spesso avviene nel mondo reale, assistendo alla scena senza intervenire, scattavano fotografie, giravano filmati e incoraggiavano i molestatori a continuare. Il tema delle molestie, in tutto ciò, ha evidenziato le prime problematiche del social considerando che una molestia nel mondo virtuale porti degli strascichi sulla persona proprio come se il reato fosse consumato nel mondo reale: ansie, attacchi di panico, insicurezze e paure. La vicenda ha inevitabilmente acceso il dibattito non solo sul grado di sicurezza del Metaverso, ma anche sui profili giuridici dei reati commessi nella realtà virtuale e delle misure di tutela necessarie per “governare” un fenomeno di questa portata, anche perché nel Metaverso si possono consumare reati come quelli sopra evidenziati ma anche relativi ad insulti a sfondo razziale e omofobico, oltre che molestie verbali di ogni genere.
L’ordinamento italiano, nel corso degli anni, si è adeguato in vario modo all’avvento delle nuove tecnologie e possiamo quindi affermare che il nostro ordinamento giuridico contiene una serie di reati volti a tutelare le persone rispetto alle condotte illecite commesse sfruttando la tecnologia. Ricordiamo la legge sul revenge porn (L. 10 luglio 2019, n. 69), cioè la diffusione di materiale multimediale contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona ritratta, quella sul cyberbullismo(L. 29 maggio 2017, n. 71), l’istituzione del reato di cyberstalking, ossia il reato di atti persecutori commessi tramite strumenti informatici o telematici ex art. 612-bis, comma 2, c.p., o la diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3, c.p., vale a dire la lesione all’onore e alla dignità mediante mezzi di pubblicità diversi dalla stampa, ivi compresi i social network. Da un punto di vista tecnico, invece, a seguito dei primi fatti illeciti commessi sulla piattaforma Horizon Worlds, Meta ha annunciato la creazione della Safe Zone. Si tratta, in sostanza, di una sorta di “bolla protettiva” che gli utenti possono attivare quando si sentono minacciati, impedendo a qualsiasi altro avatar di parlare con loro o di avvicinarsi.
Sarà sufficiente tutto ciò?