Molti turisti stranieri, di passaggio a Roma, spesso dicono di essere sorpresi dalla quantità di anziani che vedono in giro per la città. Rispetto a quasi tutte le altre grandi città europee, Roma non solo è più antica ma ha gli abitanti più vecchi: l’età media è di 43 anni, poco meno della media nazionale. A Parigi invece è di solo37, a Berlino 40.
Se l’Italia continuerà ad invecchiare a questo passo solo l’immigrazione potrà evitare il declino demografico. Uno studio dell’Istat uscito di recente ci permette di tirare le somme e speculare sui possibili risvolti futuri. Qui parliamo dunque di trend nel senso più vasto del termine.
L’età media dovrebbe continuare ad aumentare. Il picco sarà nel 2059 quando l’età media si stabilizzerà a 49 anni e 6 mesi. La causa di questo è un tasso di fertilità che da oltre venti anni è sotto i due figli per donna e che non mostra di voler invertire la tendenza. L’Istat stima che nel 2065 la popolazione italiana dovrebbe essere di 61.5 milioni di persone, praticamente al livello attuale. Soltanto che sarà composta da molti più anziani di adesso. Gli over-65 dovrebbero passare dal 20% attuale a circa il 30% della popolazione.
Di conseguenza il rapporto tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione in età attiva (detto “tasso di dipendenza“), oggi pari al 30,9%, dovrebbe crescere fino a un livello del 59,7% nel 2065. Si tratterebbe di quasi il doppio di quello attuale. Ma già oggi il livello è elevatissimo. Ed è tra le principali cause di fondo dell’insostenibilità del sistema pensionistico italiano. Se ci sono poche persone in età da contribuente e tanti pensionati, non c’è riforma che tenga.
Che la popolazione italiana sia destinata a non crescere e a invecchiare non sembra essere in discussione. La demografia è infatti una delle poche scienze sociali che è realmente in grado di fare previsioni nel medio termine senza un grande margine d’errore. Conosciamo i tassi di fertilità delle donne in età riproduttiva oggi: bassi. Siamo dunque in grado di sapere quante donne in età riproduttiva ci saranno tra 20-30 anni: relativamente poche. Anche se queste avessero tassi di fertilità molto più alti, il fatto che esse siano così poche fa si che non sarebbero in grado di cambiare più di tanto il trend dominante del declino demografico.
“La démographie, c’est le destin – la demografia è il destino”: aveva dunque ragione il filosofo August Comte? Guardando meglio le stime dell’Istat ci accorgiamo invece che c’è in realtà un ampio margine di errore. Questo perché nelle previsioni vengono dati per scontati trendmigratori tutt’altro che certi!
I dati citati prima danno per scontata la previsione tutt’altro che certa che gli immigrati in Italia dagli attuali 4,6 milioni diventino 7,3 milioni nel 2020 e poi intorno ai 14,6 milioni nel 2065. Questi numeri derivano dall’ipotesi che l’immigrazione netta (immigrati – emigrati) si dimezzerà dal 324,9 mila attuale a un numero compreso tra i 113,4 e i 238 mila. Anche considerato l’ampio margine d’errore, ci sembra una previsione azzardata alla luce delle molteplici strade economiche e geopolitiche che potrebbe prendere l’Italia nei prossimi 50 anni. L’immigrazione è una veraincognita, al contrario della fertilità italiana. Un’altra ipotesi dell’Istat alla radice di questa stima è altrettanto incerta: che il tasso di fertilità delle donne straniere rimanga sostanzialmente invariato in questo lungo periodo sul 2,3 figli per donna.
La popolazione italiana potrebbe dunque crescere e svecchiarsi; oppure potrebbe invecchiare ulteriormente e crollare. Cosa succederà dipende principalmente non da noi ma dai flussi migratori. Per mantenere un sistema previdenziale nel 2065 dovranno esserci milioni di immigrati in più. Per quei partiti che si pongono contemporaneamente come paladini dei pensionati e strenui oppositori dell’immigrazione è un vero dilemma.
di Lorenzo Newman