Caro Presidente Mattarella, l’abbiamo sentita rivelare a una scolaresca i suoi progetti per il futuro: «Sono vecchio e tra qualche mese potrò riposarmi». Non si illuda: la sua aspirazione, ancorché sacrosanta, è impraticabile. Non alludo qui a scenari di alta politica. La mia è una considerazione terra terra che la riguarda in quanto rappresentante della categoria degli ottantenni. Sapesse quanti ne conosco che continuano a ripetere: «Sono stanco, sono stanca, siamo stanchi: lasciateci invecchiare in pace». E intanto non smettono un attimo di occuparsi e preoccuparsi: per i figli, per i nipoti, per tutto. Non smettono perché non possono o perché non vogliono? Al punto in cui siamo, mi sembra una questione secondaria. La nostra è una società sfasata, in cui un trentenne su due abita ancora con i genitori per svariati motivi non sempre riconducibili a lui. E dove, per definire lo stato d’animo degli ex giovani, è stata addirittura coniata una parola: «adultescenza». Dev’essere successo qualcosa di enorme, Presidente, non spiegabile soltanto con le categorie dei sociologi e degli economisti. Ieri mi è capitata tra le mani una foto di mio padre a quarant’anni e sembrava molto più vecchio non solo di me, ma di Lei.
Temo che per gli uomini e le donne della sua generazione, sopravvissuta persino a una pandemia, non sia ancora arrivato il momento di tirare i remi in barca, altrimenti sparisce la barca. Se ne riparlerà tra una decina d’anni. Forse.
Fonte: “Il Caffè” – Corriere della Sera 20 maggio 2021, di Massimo Gramellini