Notizia di fine Agosto: “gli USA tolgono l’asfalto, costa troppo. Sempre più numerose le contee che decidono di tornare alle strade sterrate”. (Il Sole 24 Ore) .
Sospendiamo ogni commento sulla notizia, ne riparliamo alla fine di questo pezzo. Ricominciano i riti autunnali, dopo un’estate tropicale e polare, con indici di ripresa lenta, in un eurogruppo dove la sola Germania funziona da locomotiva. La crescita del PIL è insoddisfacente, il colpo di reni postcrisi stenta a manifestarsi, i giovani sono sempre più destinati ad essere forever young, insoddisfatti di questo Paese e di questa Europa che non sanno disegnare il futuro. Tornano le ricerche con le analisi degli orientamenti dei cittadini-consumatori, con la speranza che spicchino segnali-spia di svolte carsiche che prima o poi dovranno creare nuovi boom nella domanda. Torniamo a studiare in estensione e profondità il nostro territorio, cioè l’Italia nelle sue nuove antropologie, nelle sue saturazioni e nei suoi desideri allo stato nascente. Bene. Ma, chiediamoci con onestà, riteniamo che tutto questo oggi basti, che sia sufficiente setacciare a fondo e in lungo e in largo i valori, i comportamenti e gli orientamenti di consumo della nostra popolazione? Certo è necessario, ma non sufficiente. L’Italia è piccola e lo sta diventando sempre di più. I dati sono evidenti, ciò che traina è l’export, mentre la domanda interna sonnecchia. Solo grazie alle esportazioni il nostro PIL riesce a dare segnali di vitalità. Significa che le spinte propulsive arrivano da fuori, e che sono le realtà imprenditoriali che esportano ad aiutare davvero il Paese a crescere. Se cresciamo lo dobbiamo alle domande che arrivano da altri Paesi, da altri continenti che, per nostra fortuna, sanno apprezzare la qualità e la unicità dei nostri prodotti. È una constatazione che non deve preoccuparci ma inorgoglirci. Se siamo apprezzati significa che il nostro USP (Unique Selling Proposition) tiene alla grande, anche e soprattutto nei momenti di crisi. Se le moltitudini di cinesi, indiani, brasiliani e coreani (ma anche turchi) apprezzano i nostri prodotti significa che sappiamo meglio intercettare i desideri, oltre a soddisfare i bisogni.
Se è così, e se diventa sempre più strategico per lo sviluppo produrre con una mentalità multiculturale, viene da chiedersi se siamo davvero attrezzati per affrontare al meglio i nuovi mercati. Certo, chi ci conosce ci apprezza, ma milioni di nuovi consumatori sanno niente di noi, e noi sappiamo troppo poco di loro. Il successo del nostro export è stato favorito dalle aziende che con grandi sacrifici hanno saputo imporsi. Ma gli altri, le altre grandi medie e piccole imprese dell’eccellenza, cosa possono fare, chi darà loro la linea di condotta? I loro think tank (ma sappiamo che non esistono) sono in grado di elaborare scenari per le nuove sfide globali? E gli uffici studi delle associazioni imprenditoriali a geometria variabile stanno creando e divulgando sapere e conoscenza dei nuovi mercati e dei nuovi consumatori ? Chi sa rispondere alle domande degli imprenditori su dove andare, verso quali mercati per poter sviluppare il proprio business ? L’export della Germania è stato aiutato dalla politica, Angela Merkel si è impegnata in prima persona quale globetrotter del Made in Germany. In Italia, lo sappiamo, manca addirittura il Ministro dello Sviluppo Economico. L’export italiano è senza rete di protezione, lasciato alla buona volontà e qualche volta alla straordinaria creatività imprenditoriale dei singoli.
Non dovrebbe essere così. Il mondo delle imprese chiede di venire sistematicamente informato ed educato alla globalizzazione e alle differenziazioni dei mercati. Occorrono studi, ricerche, scenari dedicati ai numerosi mercati e ai differenti tipi di bisogno e di desiderio dei nuovi consumatori. Dai cinesi agli indiani, dai brasiliani ai turchi, sino ai nuovi africani. Occorrono input sui nuovi significati del consumo, e sulle nuove ritualità e stilistiche di vita ignote. Ad esempio, che cosa vuol dire cibo halal e che cosa implica l’alimentazione nel periodo del ramadan. Dovranno essere studiati i differenti stili abitativi, nelle specifiche etnie, e il ruolo degli arredi e dei servizi, e dei prodotti che declinano cittadinanza desiderata. Occorrerà capire il senso delle attese di benessere nella scala delle priorità, per riproporre una inedita scala maslowiana dei desideri e dei bisogni. Un grande impegno che deve coinvolgere tutti, imprenditori, ricercatori, politici e sindacalisti, in sintonia per sostenere e anticipare il nuovo che è fuori dai nostri territori.
Ritorniamo alla notizia di provenienza USA sulle strade asfaltate che pare comincino a costare troppo e a diventare insostenibili per le contee che le devono accudire. Forse è un segnale solo debole, o forse è addirittura l’indice di una tendenza ecochic. Rimane il fatto che in Cina e in India si stanno investendo miliardi di dollari (e/o di €uro) nelle grandi dorsali infrastrutturali, proprio per uscire dallo sterrato, proprio per entrare nel mondo della comunicazione. G.M.
(da “Cinqueminuti”- GfK Eurisko- settembre 2010)