Jacques Henri Lartigue, l’invenzione della felicità
La mostra del fotografo Jacques Henri Lartigue (1894 – 1986) che lo scorso anno a causa della pandemia è stata aperta e richiusa più volte a Venezia alla Giudecca, alla Casa dei Tre Oci, dal 21 maggio è a Milano al Museo Diocesano, in piazza Sant’ Eustorgio e rimarrà aperta fino al 10 ottobre 2021. Jacques Henri Lartigue viene celebrato con 120 fotografie in bianco e nero e a colori, tutte provenienti dagli album personali, con numerosi materiali d’archivio, testi e libri autobiografici come quello pubblicato a Parigi nel 1973 con il titolo “Instants de ma vie”, documenti storici, immagini di scenari parigini e anche un recente video sulla vita dell’artista. Nonostante le tante immagini fotografiche che ha scattato nella sua lunga vita, Lartigue è rimasto un personaggio e un fotografo per molti anni poco conosciuto, specie in Italia. Solo negli anni Sessanta, a quasi settant’anni, ha raggiunto una certa notorietà soprattutto in Francia e in America. Oggi è considerato dalla critica internazionale uno dei padri della fotografia moderna.
La mostra al Museo Diocesano mette in luce molti aspetti del personaggio e del suo operato fin dagli anni giovanili, nella cosiddetta Belle Epoque. Un periodo di benessere e di pace della storia europea, che va dagli ultimi anni dell’Ottocento all’inizio della prima guerra mondiale. Anni in cui emerse uno straordinario sviluppo culturale, civile ed economico in molti paesi europei.
Jacques Henri Lartigue, nato in una ricca famiglia, è vissuto senza problemi economici, e ha potuto coltivare una serie di passioni. Fra le prime: la passione per la pittura. E ha dipinto per anni, pur sapendo di non essere un pittore professionista. Ma contemporaneamente ha vissuto la passione ostinata per la fotografia, senza mai porsi il problema di dover scegliere il mestiere del fotografo per avere un compenso di denaro. Lartigue ha vissuto soprattutto a Parigi, nell’ambiente della ricca borghesia francese a cui apparteneva, spesso in situazioni privilegiate. E molto presto, appena ragazzo, fin dall’inizio del primo ventennio del Novecento ha cominciato a fissare le immagini di quei personaggi e di quegli ambienti che frequentava, e più lo sorprendevano. Come le gare sportive, i circuiti automobilistici, alcuni personaggi della famiglia, e soprattutto donne belle e interessanti.
Giovanissimo inquadrava i suoi soggetti con una grossa macchina fotografica, che gli era stata regalata dal facoltoso padre. Era uno strumento del tutto nuovo non solo per lui. In realtà, “un apparecchio pesante, in legno lucido, con un grande soffietto in tela verde, bordato di rosso e dotato di lastre fotografiche di vetro”, come ha raccontato meticolosamente in un suo diario. E poi, con grande interesse ha sviluppato e raccolto le sue foto in un album. E ha continuato a farlo negli anni, con diverse macchine fotografiche, ordinando poi le tante foto in una serie di numerosi album, che alla fine sono diventati più di un centinaio.
Lartigue ha sempre cercato di realizzare le sue fotografie in ambienti gioiosi e sereni, anche nel passare degli anni. Nei suoi rapporti con il mondo, fin da giovane ha sempre manifestato una sorta di filosofia, che ha poi caratterizzato tutta la sua vita e la sua opera: il culto della felicità e dei momenti felici. “L’unica cosa che tutti dovrebbero costruire è la propria felicità”, ha ribadito più volte, un atteggiamento, o meglio una sorta di filosofia che traspare da molte sue immagini. Una giocosità data non solo dalla scelta di dame eleganti e la spensierata quotidianità della borghesia, ma da quei salti che sembrano spiccare quasi tutti i suoi personaggi: salti di pura gioia ed efficienza.
Oppure a volte gli capitava di ritrovarsi in particolari serate mondane, tra curiosi personaggi del mondo artistico-intellettuale. Un mondo al quale lui e la sua famiglia appartenevano, e che ha frequentato fin da quando era molto giovane.
Anche le sue fotografie legate all’ambiente famigliare erano il più delle volte tese a cogliere i momenti felici, spesso legati a piccoli e grandi avvenimenti della giornata. Mentre le foto ufficiali dei fotografi dell’epoca rappresentavano le famiglie della borghesia, con i genitori e i figli, in una cornice di statica intimità, le fotografie giovanili di Jacques Lartigue erano focalizzate spesso su personaggi e avvenimenti ambientati in luoghi più insoliti e aperti, come i parchi parigini, le corse automobilistiche o le gare di pattinaggio.
E molto spesso Lartigue ha fotografato anche episodi della sua vita, avvenimenti quotidiani che lo riguardavano, cosa che nessun atro fotografo professionale ha mai fatto, prima e dopo di lui. Come se avesse sempre saputo che anche le piccole cose, i piccoli avvenimenti quotidiani, racchiudono i veri segreti dell’esistenza. Nei diari, che Lartigue ha tenuto per tutta la vita, oltre al racconto di quello che faceva ogni giorno, annotava quasi sempre anche le condizioni meteorologiche, il tempo che faceva, come se volesse precisare la luminosità dell’ambiente. Il cielo era spesso bello, altre volte molto bello e spesso perfino molto molto bello. Certamente era un ottimista, ed anche un uomo e un fotografo fortunato. Anche nella vita sentimentale non ha avuto traumi. Si è sposato giovanissimo e ha avuto tre mogli. Tutte belle donne che più volte ha rappresentato nelle sue fotografie. La prima, Madeleine Messager, soprannominata Bibi, che ha fotografato persino nell’intimità di un bagno, la seconda Marcelle Paolucci che lo ha lasciato dopo due anni senza rancori, e la terza, la bellissima e giovanissima Florette Ormea, appena ventenne, che ha sposato quando aveva più di cinquant’anni. Una donna generosa che gli resterà accanto tutta la vita.
E anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori di due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare il suo microcosmo familiare e fotografico, come se vivesse in un altro mondo, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che voleva ricordare e conservare. Un modo di fermare il tempo con la fotografia, e documentare e rivivere solo i momenti che riteneva felici. Negli anni Cinquanta Lartigue, ha avuto dei rapporti con alcuni personaggi dell’ambiente del cinema, e ha fatto delle fotografie di scena, che ha poi pubblicato su riviste di moda e di costume. Poi ha avuto anche l’occasione di incontrare e ritrarre personaggi famosi come Pablo Picasso e Jean Cocteau, foto che sono state pubblicate più volte.
Il suo nome ha cominciato allora a circolare, ma il riconoscimento come autore fotografico è arrivato solo nel 1963, quando Jacques Henri Lartigue aveva quasi settant’anni, e il Museum of Modern Art di New York gli ha dedicato la prima e importante mostra personale di fotografie. La rivista Life allora ha pubblicato un lungo articolo con la sua storia e le sue foto, una vera consacrazione tra i grandi della fotografia. E persino il celebre fotografo Richard Avedon ha cercato di contattarlo e ha poi curato e presentato un libro sulla fotografia di Lartigue intitolato “Instants de ma vie” che ha rivelato per la prima volta le fotografie di Lartigue realizzate dopo il 1930 .
Tra gli anni sessanta e settanta Lartigue ha scritto le sue memorie, ricomponendo i suoi album nei quali aveva raccolto tutti i suoi scatti. Nel 1974, raggiunta la notorietà ufficiale, Lartigue ha avuto l’incarico di scattare la fotografia ufficiale del presidente della Repubblica francese Giscard d’Estaing. Parigi lo ha celebrato nel 1975 con una grande mostra al Musée des Arts Décoratifs. Nel 1979 Jacques Henri Lartigue firma l’atto di Donazione del proprio archivio (più di cento album e alcune decine di migliaia di fotografie) allo stato francese. Oggi esiste la Donation Jacques Henri Lartigue, che con il Ministero della Cultura Francese, ha dato il patrocinio alla mostra prima a Venezia e poi a Milano e ci mostra inediti aspetti del personaggio e del fotografo.