Il femminismo è, ed è stato, un movimento, un pensiero, un programma che mira al recupero dell’indipendenza e della forza delle donne. È un argomento da approfondire, sia nella sua storia complessiva sia nei dettagli più specifici
Negli ultimi tempi sono emersi numerosi casi di maltrattamenti, o addirittura di omicidi, verso le donne (quest’anno un numero impressionante, 107) che la cronaca sui giornali o i commenti di televisione e radio hanno illustrato e discusso. Molti di noi hanno letto la storia della giovane studentessa Giulia Cecchettin uccisa dal fidanzato Filippo Turetta che, tra l’altro, oltre a mal tollerare la conclusione della loro relazione, non avrebbe voluto vederla laureare prima di lui, perché lo avrebbe messo in secondo piano.
Ci sembra, quindi, naturale parlare e tentare di spiegare il femminismo, il cui fine è soprattutto quello di garantire una effettiva parità tra i sessi sia dal lato pubblico sia sotto il profilo privato. Il femminismo è, ed è stato, un movimento, un pensiero, un programma che mira al recupero dell’indipendenza e della forza delle donne. È un argomento da evidenziare e approfondire, sia nella sua storia complessiva sia nei dettagli più di dettaglio
In apertura: Venere di Malta – scultura in argilla di 13 centimetri che risale alla prima metà del III millennio avanti Cristo – Museo Archeologico Nazionale de La Valletta
Femminismo, un movimento e tante conquiste
Il movimento da sempre prende le difese delle donne, mettendo in evidenza le loro qualità positive. A volte è stato enunciato con forza in alcuni convegni per denunciare e combattere il comportamento prepotente degli uomini, sia che fossero mariti, fidanzati, genitori o semplicemente amici. Ci sono state situazioni, soprattutto negli anni 1960-70 in cui le donne si sono sentite particolarmente represse in molti Paesi europei, soprattutto nelle grandi città e hanno proclamato apertamente i loro diritti, riunendosi in manifestazioni femministe. Le più importanti conquiste di questo movimento furono la riforma del diritto di famiglia, alcune leggi sulla violenza contro le donne, il diritto al divorzio, i consultori dove poter affrontate alcuni problemi clinici, spesso legati alla sessualità.
Oggi purtroppo il femminismo e i diritti delle donne di fronte alla violenza sono temi che sembrano superati , se non addirittura ignorati, da tante persone soprattutto anziane, specialmente dagli uomini. E anche se molti casi di maltrattamenti e di violenza sono denunciati e raccontati dalla cronaca, più spesso gli atti violenti sia fisici sia psicologici vengono vissuti dalle donne da sole e nel silenzio della casa, così le storie restano private. Fatti questi che andrebbero invece messi in discussione per continuare il filo culturale delle tante manifestazioni femministe degli anni Sessanta – Settanta che protestavano veementemente di fronte ai comportamenti maschili prepotenti, segnalando e colpevolizzando il patriarcato, ancora esistente in molte famiglie italiane. Spesso vengono messe in evidenza le qualità delle donne, ma ancora oggi, queste doti e capacità nel mondo del lavoro non sono prese in considerazione adeguatamente. Doti e qualità che hanno origini molto antiche; in tanti, però non lo sanno, o non lo vogliono né sapere né ricordare.
Femminismo e antichità, le statue di Malta
La storia della valutazione dell’alta qualità delle doti e capacità femminili, in chiave femminista, si può far risalire all’antichità. Immagini femminili molto forti sono quelle di alcune sculture che rappresentano corpi e personaggi ritrovate nel Mediterraneo, vicino a Malta e conservate nel museo della capitale, La Valletta. Non sono molto conosciute e sono, probabilmente, la raffigurazione di una divinità – donna del Mediterraneo risalente a una civiltà preistorica del terzo millennio avanti Cristo. Le sculture, alcune realizzate in creta e altre in pietra, rappresentano divinità antichissime, più antiche delle colossali pietre del Neolitico che si trovano a Stonehenge. Quelle di Malta erano presumibilmente molto apprezzate dalla popolazione, anche maschile, poiché hanno tramandato più di una rappresentazione di sculture femminili. Certo non possiamo dire che rappresentino una antica forma del femminismo, se non per la scelta di scolpire l’immagine di una donna potente – forse una regina o una divinità – riuscendo a tramandarla fino ai giorni nostri, diventando il fulcro di numerose visite guidate nel Museo nazionale di archeologia della Valletta
In epoche storiche successive invece, Aristotele e Platone svalutavano la figura femminile, negandole la possibilità di partecipare alla politica, subordinandola alla sola gestione e cura della famiglia, anche se riconoscevano che l’intelligenza delle donne era pari a quella degli uomini. Molte donne romane tuttavia approfittavano di lacune legislative per ottenere diritti e spesso emanciparsi dal controllo maschile, conducendo una vita a volte molto libera.
Un approfondimento psicoanalitico e sociale sul femminismo
Sempre per ricordare le tante qualità delle donne e il giusto ruolo del femminismo, un convegno organizzato nel marzo 2018 al Teatro Studio di Milano sul tema della violenza maschile ha fatto emergere puntualizzazioni interessanti; al convegno partecipavano filosofi e psicoanalisti come Salvatore Veca, Silvia Veggetti Finzi e Luigi Zoja. Il filosofo Veca, autore di molti libri sui rapporti sociali, sosteneva che il comportarsi con rispetto nei riguardi delle donne non è solo un comportamento etico, ma è anche un moto di civiltà. Le donne, che in alcuni rapporti – sia in quelli familiari sia in quelli di lavoro – “sono usate a volte dagli uomini come arnesi o come oggetti di possesso”, diventano delle vittime. Questi comportamenti degli uomini sono spesso una prepotenza causata dalla “fragilità maschile“. Molte donne l’hanno capito e si difendono, sia privatamente sia attraverso associazioni femministe. La violenza maschile può essere provocata in molti casi dalla perdita di potere, per ragioni culturali e a causa di lavori insoddisfacenti, ma anche perché l’uomo, in molte situazioni affettive, è più debole delle donne, più fragile. In un rapporto affettivo, molte volte la perdita della compagna è come una perdita del sé.
Silvia Veggetti Finzi, psicologa e pedagogista, oggi ottantenne, ha cercato per diversi anni di comprendere le ragioni della violenza degli uomini sulle donne: violenza di diverso genere che ha spesso radici nella vita passata, nel tempo trascorso insieme come coppia, in cui imperversava un comportamento patriarcale da parte dell’uomo. Il patriarcato, oltre a essere un residuo del passato che in molte coppie continua a manifestarsi, è la ragione di questi comportamenti prepotenti ai quali le donne dovrebbero avere la forza e l’intenzione di reagire. Un rapporto patriarcale è più spesso messo in atto da quegli uomini che hanno sviluppato un attaccamento e una dipendenza totale dalla madre, quando erano bambini o adolescenti. Questo condizionamento della dipendenza infantile dalla madre (dove il padre era spesso assente) riemerge nel momento dell’abbandono da parte di una donna, moglie o compagna, che l’uomo considerava “sua”. Il maschio ha paura di non poter sopravvivere da solo e a volte può avere reazioni anche violente con una donna che ha amato in modo egoistico.
Lo psicoanalista Luigi Zoja ha scritto qualche anno fa un libro intitolato “Centauri“, sulle radici della violenza maschile. Secondo Zoja il più delle volte la violenza è un antico residuo animalesco del maschio; l’identità maschile è molto meno definita e risulta molte volte fragile, più di quella della donna, a causa dell’origine dell’uomo e del suo passato, da far risalire all’età antica. Nella scala evolutiva dell’antichità, le femmine si sono evolute con la cura dei piccoli e con le tante mansioni che si assumono, mentre i maschi si limitano a competere tra loro per l’accoppiamento e ad andare a caccia per procurare cibo.
Il femminismo, oggi poco sentito dalle generazioni mature e anziane, è invece ancora molto vissuto dai giovani, soprattutto dalle donne. Forse perché crescono più distanziate dal patriarcato familiare e sono spesso, specie le donne, più consapevoli e desiderose della loro libertà. Un argomento che purtroppo non si insegna né si impara a scuola. Ma i concetti femministi hanno avuto e hanno ancora una certa propaganda, non solo tra le associazioni femministe.
Simone De Beauvoir e il femminismo
Simone De Beauvoir (scrittrice, filosofa e insegnante che visse tra il 1908 e il 1986), nonostante la forte ondata del femminismo che ha vissuto, riteneva che la “filosofia femminista” e in diversi casi l’uguaglianza giuridica uomo-donna – ottenuta anche grazie alle manifestazioni femministe di quegli anni – non sarebbero bastate garantire rapporti paritari tra i sessi, perché le discriminazioni verso le donne erano ancora profondamente radicate nel contesto culturale di molte famiglie europee, anche fra persone di un buon livello culturale. Scriveva nel suo libro “Le deuxieme sexe”, dedicato alle donne: ‘Non dimenticare mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti in modo definitivo. Le donne dovranno restare vigili durante tutto il corso della loro vita“. L’osservazione di De Beauvoir era all’avanguardia, l’ha dimostrata e confermata anche nelle sue scelte di vita perché, pur amando il filosofo e scrittore Jean-Paul Sartre non ha creato un rapporto familiare con lui, pur restandogli sempre molto vicina. La scrittrice ha espresso diversi concetti femministi in molti suoi libri e in particolare nel saggio intitolato “Per una morale dell’ambiguità”.