Federico Fellini, il nostro grande regista, un mago nel raccontare la realtà e i sogni, il 20 gennaio avrebbe compiuto cent’anni.Rimini, la città natale, lo celebra in una grande mostra intitolata “Fellini 100-Genio immortale”.
L’esposizione è nel centro storico della città, nella rocca quattrocentesca di Castel Sismondo, antica residenza dei Malatesta, signori di Rimini, ed è aperta fino al 15 marzo. Da aprile proseguirà a Roma, a Palazzo Venezia, e in altre città: a Berlino, a Mosca, a Los Angeles. La fama internazionale del grande regista, maestro della cinematografia del Novecento, è ancora una volta confermata. Anche con il progetto di un futuro museo Fellini internazionale, che si aprirà a fine anno e si espanderà nella città di Rimini, da Castel Sismondo a Piazza dei Sogni.
Molti anni fa io ho avuto la fortuna di incontrare e intervistare Federico Fellini, quando stava girando alcune scene del suo ultimo film “La voce della luna“interpretato da Roberto Benigni e Paolo Villaggio. Un film fantasioso e romantico, con un po’ di malinconia, sottolineata dalle musiche di Nicola Piovani.
L’incontro con Fellini è avvenuto negli studi cinematografici di Cinecittà, che si affacciano come grandi dromedari sulla campagna, nella periferia di Roma. Una pausa di lavoro, uno studio tranquillo, Fellini è stato straordinariamente gentile e disponibile a rispondere alle mie domande e a raccontare di sé. Una gentilezza generosa, come sanno avere a volte gli uomini di genio. Sopra una grande scrivania i suoi schizzi, gli appunti per le scene, e tante matite colorate.
Davanti alle foto di lui ragazzo a Rimini, ai disegni per “La dolce vita “e alle foto con Giulietta Masina e Marcello Mastroianni nel film “Ginger e Fred “, pubblicate in un saggio-biografia del critico cinematografico Tullio Kezich, che avevo letto e che gli sottoponevo per sollecitarlo a raccontarsi, si è lasciato andare alle confidenze. E mi ha raccontato un sogno premonitore che aveva fatto all’inizio della sua carriera cinematografica. Lo aveva annotato nel suo ‘quaderno dei sogni’ e, ricordandolo, era come se traducesse quelle visioni oniriche in immagini cinematografiche.
“Nel sogno mi è comparso davanti agli occhi, in primo piano, un grande piatto da portata, ripieno di una specie di crema densa, da una parte di colore bruno, dall’altra di colore giallo. La divisione dei due colori seguiva nel centro una linea a S, quasi a formare due pesci che si rincorrono”.
Per spiegare meglio quella strana forma, Fellini ha preso in mano due matite colorate, tra le tante che aveva sulla scrivania, e ha tracciato il disegno del piatto: poi ha cercato di spiegare il significato di quell’immagine.
“Quando molto tempo dopo ho raccontato quel sogno al professor Ernest Bernhard, lo psicologo junghiano che ho frequentato per anni, ho capito che quella linea a S rappresentava il segno del Tao, raffigurato nell’antico libro di saggezza orientale ‘I King’ , un testo che in quegli anni interrogavo alla ricerca di significati.
Il segno del Tao, raffigurato nel sogno, mi suggeriva allora una possibile interpretazione di alcuni fatti della mia vita. Nel sogno il grande piatto occupava in primo piano tutto il campo visivo, tanto è vero che, in un primo momento, non sono riuscito a capire chi me lo offrisse. Ma poi, una seconda immagine del sogno, mi svelava il suo mistero. Alzavo gli occhi, il campo visivo si allargava, e mi appariva di schiena una figura con una lunga veste a fiorami viola e un codino, come portano gli orientali. Avvertivo il fruscio della veste e il calpestio dei passi, mentre la figura misteriosa si allontanava. Il sogno finiva lì e non ricordo più, se assaggiassi o no quella crema nel piatto…”.
Era un sogno premonitore o una immagine fantasiosa del Maestro per una sequenza cinematografica? Forse, come Fellini mi aveva avvertito all’inizio della conversazione, era portato a fantasticare anche sui ricordi. E aveva anche precisato. “Ricordo meglio le cose inventate, sono molto più vere”.
E a proposito di sogni in altre occasioni aveva detto: “…I sogni sono favole che raccontiamo a noi stessi, piccoli e grandi miti che ci aiutano a capire. Naturalmente non bisogna chiedere ai sogni un aiuto immediato e continuo per modificare il proprio comportamento diurno“.
Fellini non si sottrasse, in quella intervista, alla mia curiosità e forse, un po’ preso nel gioco della memoria, mi raccontò altri episodi della sua vita.
“ Ricordo la casa della nonna Fraschina ( o Ceschina), la madre del mio papà, che viveva a Gambettola, un paesino romagnolo tra Rimini e Cesena. Noi bambini passavamo ore a chiacchierare al caldo in cucina, con la scusa di fare i compiti.
Ricordo i gesti delle donne davanti ai fornelli con la “piumarola “, quella specie di ventaglio fatto di penne di gallo che sventolavano per alimentare il fuoco, e i loro gesti ritmati sul tagliere per fare la sfoglia. E ricordo quella piada un po’ spessa della nonna, cucinata su un piatto tondo di coccio, che rimaneva morbida a lungo. Ai tempi della spremitura dell’uva, noi bambini facevamo il bagno nei tini, e poi le donne ci avvolgevano in grandi teli e ci portavano a letto, ubriachi dei fumi del mosto e felici. L’ho raccontato molti anni dopo nel film “8 1/2”. “
E allora fu inevitabile chiedergli se si ricordava di essere stato goloso. E Fellini confessò:
“ Sono e sono stato goloso fin da bambino di quei dolci umidi che si facevano in casa per le feste: i diplomatici, la crema gialla e soprattutto la zuppa inglese. Ma soprattutto sono molto goloso di quella zuppa inglese che faceva mia nonna, non come la fanno oggi a Roma con la panna. Quella della nonna Fraschina mi ricorda momenti particolarmente felici.
Era fatta con il “pan di Spagna” imbevuto nell’Alkermes, non con i savoiardi, e con strati alternati di una crema gialla e densa e un po’ di cioccolata. Guardavo la nonna ammirato mentre con un imbuto di carta, fatto con un foglio del Corriere Padano, decorava la torta con ghirigori di chiara d’uovo sbattuta e zucchero. La seguivo, quando portava in tavola il dolce, dopo averci versato sopra un mezzo bicchiere di Mistrà.
Poi prendeva uno zolfanello e accendeva il liquore che bruciacchiava anche tutta la parte superiore della chiara d’uovo con lo zucchero: era una sorta di trofeo luminoso, un incanto. E quell’incanto è rimasto nei miei ricordi. “
Fellini ha rievocato quei momenti della scena del dolce con la nonna, con tutti i particolari, come se dovesse ancora una volta raffigurarli in una scena cinematografica.
Nella mostra “Fellini-100”, che ha già visto una numerosa partecipazione di pubblico, sono esposti filmati, interviste, disegni originali di Fellini, e appunti di sequenze cinematografiche. E poi documenti di vario genere, fotografie, testimonianze di amici e di esperti, provenienti in gran parte dal ricco patrimonio accumulato negli anni dalla Fondazione Fellini, recentemente chiusa e che ha lasciato molto materiale bibliografico alla Cineteca di Rimini. L’allestimento della mostra è curato dallo Studio Azzurro di Milano, che ha ideato anche spazi multimediali di grande effetto, come quello che ricostruisce la famosa scena del film “La dolce vita“ con Anita Ekberg e Marcello Mastroianni alla Fontana di Trevi a Roma. O quella del passaggio notturno del transatlantico Rex, diretto con le sue mille luci verso terre lontane, nel film “Amarcord”, e il commento musicale della dolce e nostalgica musica di Nino Rota.
Quattordici sale con ricostruzioni dei set cinematografici, per immergersi nell’immaginario di Federico Fellini, ed esserne il più delle volte incantati. Molto il materiale inedito tra cui la prima stesura della sceneggiatura del film di Fellini “Otto e mezzo“ , che custodiva Lina Wertmuller, che negli anni Sessanta fu assistente alla regia di Federico Fellini proprio in quel film. Particolare attenzione è data anche alla figura di Fellini memo nota, al suo rapporto nostalgico con la città di Rimini e con gli amici, alle sue relazioni umane e intime, al suo rapporto con gli attori e le attrici non solo sul set. E infine anche al suo rapporto con il pubblico e con la stampa.
Oggi sono diversi i libri che riportano gli appunti e i disegni sui sogni di Federico Fellini. Sono pubblicati da Mondadori, Electa, Rizzoli, e da altri editori sia in versione illustrata, sia in formato Kindle ed economica. E il rapporto di Fellini con i suoi sogni, gli appunti e i disegni che aveva annotato in una sorta di perenne diario, sono stati ampiamente esaminati. alcune edizioni pubblicate su questo argomento non sono facili da trovare, altre sono esaurite. Forse perché è molto interessante non solo conoscere e rivedere i film del grande Maestro (e quest’anno le occasioni saranno tante), ma anche scoprire i meccanismi della sua immaginazione, i suoi pensieri più nascosti, quelli dei suoi sogni.