“Gli angeli ci salveranno” è una frase e un’immagine che mi è venuta in mente all’annuncio della mostra di Giambattista Tiepolo, il geniale pittore del Settecento veneziano, alle Gallerie d’Italia di Milano, in piazza Scala. La mostra, organizzata in collaborazione con le Gallerie dell’Accademia di Venezia, intende mostrare l’evoluzione della pittura dell’artista dagli anni giovanili in Italia alla maturità in Paesi europei. Una grande mostra, nell’intendimento degli organizzatori “per offrire alla cittadinanza, obbligata a ridurre i consueti spazi di vita comune, l’opportunità di ammirare capolavori d’arte capaci di riportare momenti di serenità e di fiducia”. L’esposizione chiusa a causa del Covid dopo pochi giorni dall’apertura di ottobre, è stata riaperta al pubblico il 5 febbraio 2021 e proseguirà fino al 2 maggio. Da tenere presente che gli ingressi sono scaglionati secondo il tempo medio della visita alla mostra e la capienza delle sale delle Gallerie d’Italia (per maggiori infomazioni numero verde : 800 67619 – email: info@gallerieditalia.
Giambattista Tiepolo, nato a Venezia nel 1696 e morto a Madrid nel 1770 è stato uno dei grandi pittori del Settecento, un vero genio, conosciuto e amato in molte città europee. Un personaggio che ha avuto un rapporto aperto a diverse realtà umane e artistiche, sempre narrate e rappresentate con intensa partecipazione e grande abilità soprattutto nell’uso dei colori e delle sfumature. Nonostante fosse nato in una famiglia di un modesto mercante veneziano, ultimo di nove fratelli, in un ambiente dove non si sapeva nulla dell’arte, Giambattista Tiepolo dimostrò molto presto il suo interesse per la pittura. Ed entrò giovanissimo, a 14 anni, nella bottega del pittore veneziano Gregorio Lazzarini, per apprendere i primi elementi dell’arte pittorica e dell’affresco e approfondire poi il rapporto fra la forma, la luce e il colore nei soggetti rappresentati, sia sulla tela sia nei soffitti affrescati. Una ricerca che alla fine lo portò a esaltare al meglio le figure dipinte, sia quelle degli angeli che quelle mitologiche o quelle reali, sempre rappresentate nei minuti dettagli e con particolari sfumature di colore e di luce. A circa vent’anni, Giambattista Tiepolo, lasciò la bottega del Lazzarini per iscriversi alla congregazione dei pittori veneziani e ampliare ulteriormente i suoi orizzonti di conoscenze e di rapporti con il mondo dell’arte. Ben presto il giovane Tiepolo dimostrò le sue straordinarie capacità pittoriche, sia negli affreschi che nelle pitture su tela, nei palazzi, nelle ville e nelle chiese del Veneto, del Friuli e della Lombardia, dove ebbe diverse commissioni e incarichi. E molto più tardi – quando aveva superato i cinquant’anni – si affermò anche all’estero, dove ebbe importanti incarichi prima in Germania, a Wurzburg nel Palazzo del principe-vescovo, dove realizzò un grandissimo affresco lungo lo scalone del palazzo, poi in Spagna dove il re Carlo III lo chiamò per decorare con affreschi le sale del nuovo Palazzo Reale. Giambattista Tiepolo andò nella capitale spagnola con i figli Lorenzo e Giandomenico che lo aiutarono nella realizzazione de “L’apoteosi della Spagna “ e “L’apoteosi della monarchia spagnola” nella vasta sala del Trono e in altre sale del palazzo. I lavori durarono circa 6 anni. E a Madrid si concluse la vita di Giambattista Tiepolo nel 1770.
Ma per raccontare Giambattista Tiepolo e la storia delle sue opere (in passato per Rai-Educational ho partecipato alla realizzazione di un video, con riprese filmate nel Palazzo del principe Vescovo a Wurzburg) si deve partire dai lavori giovanili dell’artista in Italia. I primi incarichi per Giambattista Tiepolo avvengono a Venezia, dove affrescò pareti e soffitti di alcuni palazzi di proprietà di importanti famiglie della borghesia. Come nel Palazzo Sandi sul Canale Grande (1724-1725) dove rappresentò, nel soffitto del grande salone, un racconto mitologico con le figure di Minerva, dea della Sapienza e quella di Mercurio, dio dell’Eloquenza. Il grande affresco è intitolato “Il Potere dell’eloquenza”. Probabilmente il soggetto intendeva magnificare il mestiere del proprietario, che era un noto avvocato. Poi, negli anni 1726-27 Giambattista Tiepolo si recò a Udine, dove fu chiamato dal patriarca di Aquileia Dioniso Dolfin, che gli chiese di eseguire, prima gli affreschi e la piccola pala della Risurrezione per la cappella del Santissimo Sacramento nel Duomo cittadino, e poi alcuni affreschi per il Castello. E soprattutto il grande complesso decorativo del Palazzo Patriarcale. Qui la decorazione comprende scene e personaggi dell’Antico Testamento. Nella volta dello scalone la “Caduta degli angeli ribelli”, con attorno otto scene con episodi tratti dalla Genesi. Nella lunga galleria del palazzo i tre episodi “Apparizione dei tre angeli ad Abramo”, “Rachele nasconde gli idoli” e l'”Apparizione dell’angelo a Sara”, posti tra figure di profetesse, sono molto interessanti, e coinvolgenti. E sul soffitto è raffigurato il luminoso Sacrificio di Isacco. Tutte opere che si arricchiscono spesso anche con la presenza di angeli raffigurati con grande dolcezza e umanità.
Tra una decorazione ad affresco e l’altra, fu proprio a Udine che Giambattista Tiepolo realizzò alcune opere ritenute capolavori giovanili negli anni 1726-1729, come appunto quelle del Palazzo Patriarcale. Sono opere che ho amato in modo particolare perchè le ho viste da vicino più volte. E perché nell’allegoria sono raffigurati – lo affermano diversi studiosi – lo stesso Giambattista Tiepolo giovane e la moglie Cecilia, sposata anch’essa molto giovane nel 1719. Cecilia era la sorella del pittore veneziano Francesco Guardi. Dopo alcuni anni trascorsi a Udine e nelle varie case patrizie del Veneto, nel 1740, Giambattista Tiepolo realizzò nella volta della galleria di Palazzo Clerici a Milano la “Corsa del carro del Sole”, lo splendido affresco che si sviluppa nel grande soffitto lungo 22 metri. Il palazzo oggi è sede dell’ISPI.
A questo punto il nome di Tiepolo aveva oltrepassato le Alpi, diventando uno degli artisti più apprezzati e ricercati della sua epoca. Eppure, nonostante le numerose richieste e le parole di lusinga, l’artista solo dopo i cinquant’anni decise di avventurarsi fuori dai confini dell’Italia in ambienti totalmente diversi. E si recò prima a Würzburg in Germania, chiamato dal principe -Vescovo per decorare la sua sontuosa residenza e dove rimase quasi tre anni con i figli che lo aiutarono nell’importante lavoro… E poi andò a Madrid, chiamato nel maestoso palazzo reale dei Borbone. Anche in questo caso fu aiutato dai figli Giandomenico e Lorenzo che a loro volta erano diventati buoni pittori.
Ed è proprio in Spagna che si chiude la parabola di Tiepolo: qui, provato dalle fatiche lavorative, morì nel 1770 dimenticato da tutti. Un lento declino che proseguì oltre la sua morte. Per quasi un secolo infatti Tiepolo fu criticato dai teorici dell’arte, ma ebbe anche grandi maestri come Canova e Hayez che seppero apprezzare il suo genio e rivalutarlo. Molti esperti oggi lo considerano un genio indiscusso dell’arte italiana e del Settecento europeo. Anche ai meno esperti compare come il pittore dei cieli fantastici, il pittore della luce, e anche il pittore degli angeli .