Le celebrazioni per Dante e l’amore di Paolo e Francesca
Sono molti gli eventi culturali, le mostre, le conferenze, gli spettacoli che quest’anno celebrano in tutta Italia i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e le sue opere. Dalla mostra al Museo del Bargello Firenze, con importanti manoscritti di Dante, che si aprirà il prossimo aprile, a quella della Società Dante Alighieri in programma ad Agrigento, con letture, proiezioni che si svolgeranno nell’intero arco dell’anno. Da tenere presente la scelta del Comune di Ravenna, città dove è sepolto Dante, e dove per celebrarlo la sera, nel centro storico, molte strade verranno illuminate per tutto l’anno da alcune frasi e parole particolarmente significative del sommo poeta.
Mentre a Milano, per celebrare Dante, dal 7 aprile al 15 luglio nel Duomo risuoneranno i versi della Divina Commedia, con la lettura di alcuni versi dei canti che la compongono, grazie alla collaborazione dei musicisti della Scala e degli allievi del Piccolo Teatro. Diversi sono gli eventi digitali, segnalati anche in internet, a cui ci si potrà collegare. Come quelli dell’Accademia della Crusca, che per festeggiare il 2021 dedicato Dante ha annunciato di voler pubblicare sul proprio sito web una citazione al giorno del grande poeta. Si tratta di parole, frasi, passi di poesie e di scritti, che in molti casi mettono in luce l’attualità del pensiero di Dante.
La prima data da ricordare, fra le tante celebrazioni, è quella del 25 marzo, perché, secondo gli storici, proprio quel giorno del 1300 Dante Alighieri ha iniziato a scrivere la Divina Commedia e a narrare “la sua discesa agli Inferi, nel mezzo di cammin di nostra vita”. E in questi tempi di apprensione per il Covid, l’avvicinarsi al sommo poeta, e alla sua opera storica, può donarci pause confortanti.
Fra le tante storie dei personaggi della Divina Commedia e le immagini forti evocate nei versi, che sono rimaste nella mente di molti lettori e lettrici fin dagli anni di liceo, quelle della storia di Paolo e Francesca, collocata nel quinto canto dell’Inferno, è particolarmente suggestiva, perché rappresenta la storia di un appassionato grande amore. E questa enfasi compare non solo al lettore moderno, che vede sublimato un fatto amoroso, ma si ritrova anche nei versi della Divina Commedia, perché Dante, nel racconto del suo viaggio simbolico accanto a Virgilio nell’Inferno, appare fortemente scosso nel commemorare la storia dei due personaggi, le cui anime vagano nello spazio e “insieme vanno e paion sì al vento esser leggieri“.
Ma chi erano Paolo e Francesca nella realtà della storia? Francesca, che era figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, va sposa giovanissima e per un malinteso, a Gianciotto Malatesta, uomo rude e deforme (soprannominato Gianni ciotto, ovvero zoppo) che era signore di Rimini. Era Paolo Malatesta, fratello di Gianciotto, invece, che Francesca aveva pensato e sperato di sposare. E tutta la vita, nonostante avesse dovuto maritarsi con Gianciotto, Francesca aveva provato per Paolo un amore indistruttibile. Ed è ancora Paolo che le sta accanto nella morte, e nella condanna all’inferno. Così uniti li presenta Dante nella Divina Commedia: “quei due che insieme vanno“.
Il racconto della storia d’amore di Paolo e Francesca è narrata nella Divina Commedia dalla stessa Francesca, sollecitata da Dante che, impietosito da quelle due anime vaganti, vuole conoscere “la prima radice” del loro amore. E Francesca risponde che è doloroso ricordare il tempo felice quando si è miseri, ma se Dante vuol sapere l’origine del loro amore glielo racconterà, e farà “come colui che piange e dice”. Francesca, fatta una breve premessa sulle sue origini : “Siede la terra dove nata fui, su la marina dove il Po discende / per aver pace coi seguaci sui” prosegue il racconto con una citazione: “Amor che a nullo amato amar perdona,/ mi prese di costui piacer sì forte / che, come vedi, ancor non mi abbandona. / Amor condusse noi ad una morte…“.
Poi a una domanda di Dante di tono confortante sui “dolci sospiri” e sulla radice del loro amore, narra che un giorno lei e Paolo leggevano con piacere un libro, che parlava di Lancillotto e della regina Ginevra. E fu quella l’occasione di manifestare il loro amore.
“Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancillotto come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso.
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.
Quel giorno più non vi leggemmo avante”.
E alla fine del canto e del racconto di Francesca, Dante scriveva, colto da smarrimento profondo:
“Mentre che l’uno spirito questo disse
l’altro piangeva sì che di pietade
io venni men così come io morisse;
e caddi come corpo morto cade”.
Alcuni storici degli anni passati, come ad esempio Francesco de Sanctis, autore nell’Ottocento di un famoso saggio sulla Francesca di Dante, scrisse che in lei Dante ha voluto incarnare l’ideale della donna, una donna vera la cui poesia consiste nel sentire e nel vivere l’onnipotenza dell’amore, nell’esserne coinvolta, senza opporre resistenza. Ma per molti altri storici e critici più moderni è un grosso abbaglio. Perché la donna ideale per Dante è Beatrice, un vero angelo di purezza, lontanissima da Francesca. E per lei e la sua purezza, Dante ha scritto la Divina Commedia.
Basterebbe ricordare che la Francesca, commemorata da Dante per il suo grande amore per Paolo Malatesta, è stata messa da Dante nel canto V dell’Inferno.
Anche oggi molti critici più aggiornati sulla condizione della donna e il valore dell’amore sono propensi a non giustificare l’amore di Francesca e Paolo, ma piuttosto a condannarlo e a considerarlo un fatto negativo, che attecchisce in animi nobili, ma che li condanna. Come del resto ha fatto Dante, mettendoli nel quinto canto dell’Inferno, che è quello dei lussuriosi.
Per i lettori interessati al sommo poeta, Rai 5 fino al 25 marzo in seconda serata presenta i canti della Divina Commedia letti da Lucilla Giagnoni nel Teatro di Novara.