L’Unione europea non ha ancora una politica comune sull’immigrazione perché gli Stati membri finora non si sono ancora messi d’accordo.
L’editoriale di oggi potrebbe già essere finito così, perché è utile rispondere con parole semplici e chiare a chi urla dai giornali e dalle TV contro l’Europa che dorme. Invece diamo qualche spiegazione, nel modo più semplice possibile.
Il Trattato di Lisbona (cioè, il testo che dice cosa può fare – e per esclusione, cosa non può fare “l’Europa”) dice all’articolo 79 che l’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori. Inoltre il Parlamento europeo e il Consiglio (cioè gli Stati, ndr) adottano le misure su condizioni di ingresso e soggiorno, visti, diritti, immigrazione clandestina, soggiorno irregolare, allontanamento, rimpatrio, lotta alla tratta degli esseri umani. L’Unione può concludere accordi con i Paesi terzi. Stabilire misure per l’integrazione. Le politiche sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.
Chi dorme allora? Chi non si è preparato di fronte all’emergenza che arriva adesso dal Mediterraneo? A parte le invocazioni da comizio e l’uso demagogico dei media, qualcuno ha mai chiesto alla Commissione di lavorare in questa direzione sulla base di un mandato politico chiaro, oltre a quello di gestire gli (scarsi) strumenti a disposizione come Frontex e qualche altro ufficio?
Sveglia! La Commissione non aspetta altro che poter sviluppare politiche comuni a livello europeo, sulla base del Trattato voluto da tutti i 27 Paesi.
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Fonte: Le 12 Stelle n.186 del 23 febbraio 2011)