Al di là del giudizio di valore della statua del “dito medio” che Cattelan, con arguta intelligenza, ha posto di fronte alla Borsa, c’è un’osservazione che, mi pare finora sfuggita ai commentatori: quella sulla importanza e il significato insostituibile del piedistallo che la regge.
Cattelan immagina questo simbolico sfregio tridimensionale, ne individua con precisione la collocazione nella città e il rapporto spaziale con Piazza degli Affari, ma è consapevole di come rapidamente il valore provocatorio scompaia nel momento stesso in cui il deriso accetta la derisione.
La mano col dito alzato (e con le altre dita mozzate perchè non possano esserci equivoci con il “saluto romano”) senza un sostegno alto e monumentale, ma semplicemente appoggiata a terra, avrebbe perso ogni sacralità e in breve tempo ogni forza provocatoria.
Cattelan ha capito questo, e la sua intelligenza è stata proprio quella di progettare solennità e altezza e di usare la medesima pietra della facciata della Borsa, integrando così il basamento nella stessa architettura del Palazzo, dando dignità e lunga durata al significato simbolico della mano. E dando una lezione a una città, quasi ovunque incapace di offrire un supporto degno alle sue ultime, modeste statue, incapace di comprendere l’importanza e l’obbligo di spendere qualche soldo in più per quella necessaria “architettura” di sostegno che integra l’opera statuaria. Sempre e solo goffi rialzi di terreno ospitano pessimi manufatti a cui viene negata la dignità di un sostegno progettato.
Salviamo dunque la statua ai “Marinai d’Italia” di Francesco Somaini e Caccia Dominioni, il monumento ai “Caduti per la Libertà” al vecchio Centro Direzionale, rivolgendo uno sguardo ad altri tempi quando anche una piccola, bella cosa come il busto di Francesco Baracca, nella piazza omonima, aveva un suo dignitoso radicamento a terra di forte geometria.
Oggi, a Milano, poveri Carabinieri, poveri Bersaglieri, povere Guardie di Finanza immeritevoli degli scempi a loro dedicati.
La mano di Cattelan ha una sua forza non solo irridente, quasi un ricordo della grande mano conservata nel Palazzo dei Conservatori dei Musei Capitolini a Roma, riassunto di una straordinaria tradizione statuaria e casa accogliente per i molti gatti del luogo.
Absit iniuria verbis.
Quanto alla richiesta dell’Artista di rendere perenne la presenza della “Mano” in quel punto della città, é interessante l’esperienza di Londra a Trafalgar Square, dove il cosiddetto quarto plinto è lasciato a disposizione per accogliere, successivamente, differenti proposte: dalla statua di Marc Quinn dedicata alla prima artista focomelica inglese, alla proposta di Antony Gormley che, rinuncia al suo ormai classico uomo metallico, e pone sul plinto persone vive e anonime, in una continua alternanza, ora dopo ora.
Italo Lupi
(Fonte: Arcipelago Milano)