Pareri a confronto: “La crisi dell’Europa e i giusti del nostro tempo”

Molti di noi si chiedono: chi sono i giusti, oggi ? Forse tutti coloro che cercano di difendere i diritti dell’uomo– in primo luogo la dignità umana – nelle situazioni estreme, o che si battono per salvaguardare la verità dei fatti e la memoria di quanto accade nel mondo. Forse quelli che resistono al terrorismo e non rinunciano al dialogo, che non cedono alla paura e a un contesto che incita alla chiusura di nuovi nazionalismi.


Il Teatro Franco Parenti e Andrèe Ruth Shammah che lo dirige, con l’intento di analizzare la crisi istituzionale, morale e culturale che si sta diffondendo in Europa, e i tanti quesiti su cui molti di noi si interrogano, hanno accolto, nella storica Sala grande, alcuni rappresentanti del progetto dell’associazione Gariwo, la foresta dei Giusti, una libera associazione nata nel 2001, presieduta dallo storico Gabriele Nissim. Ad essa si affiancano altri storici di varie nazionalità insieme a filosofi, scrittori, giornalisti. Sono in programma quattro incontri e una serie di dibattiti pubblici sul tema delle responsabilità politiche, morali e personali di fronte alle sfide del nuovo millennio.
Il progetto, a cui è stato dato il titolo “La crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo”, è patrocinato dall’Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione Corriere della Sera.

(foto Francesca Cassaro)

Primo incontro 17 gennaio

La prevenzione dei genocidi. Lo sterminio di migliaia di persone in Siria, il genocidio degli Yazidi in Iraq o le persecuzioni dei Rohingya nel sud-est asiatico ci mostrano un nuovo fallimento delle Nazioni Unite e della comunità internazionale. È urgente ragionare su come prevenire le atrocità di massa e mantenere l’impegno morale del “mai più” pronunciato dopo la Shoah.Con gli storici Marcello Flores e Yair Auron e il filosofo Gérard Malkassian

  1. La materia è densa, gli argomenti, specie quelli storici e filosofici sono complessi e hanno diverse appendici, noi abbiamo colto alcuni punti che cerchiamo di riassumere e semplificare, ma il dibattito rimane aperto a ulteriori opinioni degli interessati.
    ll primo incontro è avvenuto il 17 gennaio nella storica Sala grande del teatro e ha visto una grande partecipazione di pubblico che, come noi, cerca di capire se veramente si può credere in una giustizia che riguarda tutti, che abbia carattere universale. Alla base delle tematiche dell’incontro: il tema della prevenzione dei genocidi, lo sterminio di migliaia di persone in Siria, il genocidio degli Yazidi in Iraq e le persecuzioni nel sud-est asiatico, argomenti scottanti su cui tutti in Europa e nel mondo dovrebbero riflettere.
  2. Fra i protagonisti dell’incontro: lo storico italiano Marcello Flores che insegna Storia comparata e Storia dei diritti umani all’Università di Siena ed è autore fra l’altro di un’opera in sei volumi “Diritti umani. I diritti e la dignità della persona nell’epoca della globalizzazione” , editore Laterza. Con sapienza di dettagli Marcello Flores, citando la storica Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani presieduta da Eleanor Roosevelt, che nel 1948 approvò la Dichiarazione universale dei diritti umani e che per la prima volta sanciva l’uguaglianza totale di tutti gli individui, ha tracciato un ampio panorama storico sui genocidi che si sono susseguiti nel mondo dopo la Shoah. Fra i tanti da ricordare ha citato, per le spaventose violenze effettuate sulla popolazione negli anni Novanta, quello del Rwanda e quelli in Bosnia ed Erzegovina, l’ex Jugoslavia. E’ da tenere presente che storie passate di violenze e di conflitti armati hanno sempre preceduto quelle stragi che sono diventate poi veri genocidi. Marcello Flores ha messo in rilievo che quando avvengono dei genocidi che colpiscono civili inermi, tutta la popolazione che soffre in quelle guerre per le persecuzioni, lancia appelli che spesso non sono ascoltati. Così è avvenuto per le popolazioni armene e così sta avvenendo oggi anche in Siria .
  3. I problemi irrisolti restano per lo storico due e sono molto importanti, perché costituiscono il vero tallone d’Achille per ogni realistica prevenzione: 1) la mancanza di volontà politica – delle Nazioni Unite, dei gruppi di Stati, dei singoli stati che privilegiano interessi nazionali2) il potere di veto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che molte volte è intervenuto in ritardo.
    Bisogna creare una cultura integrata dei diritti e della prevenzione dei genocidi che possa prevedere ogni tipo di intervento a fini umanitari, sostiene Marcello Flores. I genocidi sono quasi sempre frutto di scelte politiche prese da leader e da élite. Anche in Italia va sviluppata una approfondita conoscenza delle reali motivazioni dei fatti che appaiono violenti, o fuori dalla norma e va incentivata la responsabilità di proteggere chi si trova in una area di crisi.
  4. Il secondo relatore dell’incontro è stato lo storico israeliano Yair Auron, che è docente alla Open University di Israele e collabora con l’associazione Gariwo per sviluppare il “Giardino dei Giusti del Mondo”. Yair Auron ha dedicato gran parte delle sue ricerche allo studio dei genocidi, compreso il genocidio ebraico che ha una grande rilevanza per tutta l’umanità, e risiede in un villaggio misto israele-palestinese, l’unico villaggio ebraico-arabo esistente in Israele. E’ stato visiting professor presso l’American University di Yerevan (Armenia) e presso l’Università Internazionale di Erbil in Kurdistan. Un suo libro intitolato “Salvatori e combattenti” , editore Sigest, tratta dei salvataggi di ebrei da parte di armeni, e in particolare della famiglia di Charles Aznavour che all’epoca della occupazione tedesca in Francia aveva nascosto e aiutato molti ebrei.
  5. Yar Auron ha messo in rilievo che in tutte le religioni, e anche nel Corano, è scritto e sancito l’imperativo “non uccidere”, ma nella realtà capita che le cose a volte siano molto diverse. E quando vede che molti eccidi sono ignorati anche in Israele dagli israeliani, si chiede perplesso quale potrà essere il loro futuro e quello dei palestinesi : ” Nel nostro villaggio ebrei e palestinesi vivono in pace assieme, è questo un esempio? Possiamo oggi prevenire i genocidi ? In pratica sono in molti che cercano di farlo in molte situazioni e in molti Paesi.”
    Dopo la Prima guerra mondiale molti pensavano e speravano che non ci sarebbero stati più conflitti armati. Il genocidio armeno era avvenuto sotto forma di guerra, le cui battaglie venivano usate per nascondere vere atrocità. Circa un milione e mezzo di armeni furono uccisi e molti, moltissimi finirono a ingrossare le schiere dei profughi. Ma poi in Turchia riuscirono a coprire la vicenda e solo più tardi alcuni leader turchi furono riconosciuti colpevoli di massacri.
    Nel campo degli studi sui genocidi, sostiene Yair Auron, l’ultima fase è la negazione dei fatti evidenti. E se si continua a negare, se il negazionismo alla fine ha successo, allora il genocidio non sarà riconosciuto nemmeno da gran parte degli Stati, in tutto il mondo.
    Anche per Yair Auron la reale conoscenza dei fatti sono un elemento imprescindibile per limitare la probabilità che si verifichino nuovi genocidi in futuro, ed è a questo compito di educatore che continuerà a dedicarsi anche in futuro – (il prossimo anno continuerà a insegnare nel Kurdistan ) – con molte speranze di fare qualcosa per la giustizia .
  6. Il filosofo francese di origine armena Gerard Malkassian, docente di filosofia a Parigi, terzo relatore nel convegno dei Giusti , ha parlato anche lui di memoria di genocidi e di prevenzione. Anche per questo filosofo l’educazione e la cultura sono fattori importantissimi che agiscono come prevenzione. Il valore del rispetto delle minoranze, della risoluzione pacifica dei conflitti, la conoscenza della storia, la memoria delle tragedie del passato, tutti questi elementi sono utili per allontanare la gente comune e i capi politici e amministrativi dal “demonio” della violenza di massa.
  7. Gerard Malkassian, rifacendosi alle sue origini, alla storia degli Armeni deportati, ha ricordato l’episodio positivo di Liman von Sanders, un ufficiale tedesco che nel 1916 vietò al prefetto ottomano la deportazione degli Armeni di Smirne. E poi ha citato il dialogo tra Armeni e Turchi – ancora pochi per varie ragioni, limitati a ambienti artistico-intellettuali – che nei primi anni del governo di Erdogan hanno delineato insieme un percorso di riconciliazione. La riconciliazione era basata sull’apertura progressiva della società e dello stato turco, con il riconoscimento dell’esistenza di una parte armena nell’identità della repubblica turca. E anche l’appello al perdono, una petizione varata da intellettuali turchi nel dicembre 2008 che ha raccolto più di trentamila firme. Un “sogno comune”, poi firmato da centinaia di Armeni e Turchi nel 2014, del quale Malkassian è stato uno dei sostenitori. Una memoria giusta, un cammino originale, per varie ragioni ancora valido, che potrebbe mandare un segnale a tanti popoli minacciati, o già caduti nella voragine della relazione tra un carnefice e una vittima.
  8. Ma anche Gerard Malkassian, concludendo sente che L’Europa è in crisi e si chiede : “Cosa accadrà da oggi in poi, in un futuro non lontano, mentre l’Europa si sfalda a poco a poco anche sulle scelte dei valori morali e politici, ed è bloccata davanti alle sue dissonanze interne e alle guerre che si svolgono a pochi chilometri dei suoi confini? “Un quesito impietoso al quale anche i Giusti italiani , assieme a tutta l’Europa troveranno delle risposte, almeno lo speriamo.

Il prossimo incontro: Martedì 14 febbraio 2017 ore 18.00

La battaglia culturale contro il terrorismo fondamentalista islamico. Il terrorismo va affrontato come paradigma ideologico che affascina i giovani e seduce con le proprie promesse. È importante quindi valorizzare le azioni degli arabi musulmani che si impegnano per il dialogo e la convivenza, mostrando un’alternativa al fenomeno fondamentalista. Con il politologo Olivier Roy, l’inviato del Sole24Ore Alberto Negri, la guida del museo del Bardo di Tunisi Hamadi ben Abdesslem e lo scrittore Hafez Haidar

Laura Bolgeri:
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