La tecnologia moltiplica la fruizione della radio, meccanismo presto compreso dall’imprenditoria privata, ma ben prima dalle radio pirata, che hanno di fatto scardinato il monopolio RAI
“Poche cose sono cambiate quanto questa tecnologia. La radio no, esce dai tablet, dal telefonino, dal computer. E’ ovunque, si affianca a noi, si può fare qualsiasi cosa ascoltando la radio” diceva Marino Sinibaldi (giornalista, e direttore di Radio 3 per oltre 10 anni) in una intervista di qualche anno fa a Massimo Cirri. La tecnologia dunque moltiplica la fruizione della radio di cui l’imprenditoria privata aveva capito abbastanza presto le potenzialità se, nel 1919 la Marconi’s Wireless Telegraph Company fondata dal nostro compaesano nel 1897, viene acquisita dalla General Electric e diventa la RCA.
In apertura: Arbore e Boncompagni durante la conduzione di “Bandiera gialla”. Fonte: Teche Rai
Dal 1960 in poi “consumare” è la parola d’ordine. Ci si può ricordare le passeggiate degli italiani il sabato pomeriggio: i ragazzi con in una mano l’autoradio (estraibile, ma guai a lasciarla sotto il sedile accanto al conducente), e l’altra con la radiolina ad ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto” mentre le fidanzate sottobraccio dovevano badare a non perderli di vista. Due trasmissioni in RAI fanno scuola, oltre a “Chiamate Roma 3131” di cui si è già parlato, e sono le antesignane di una radio svecchiata e ormai pronta uscire ai binari ingessati tradizionali: “Bandiera gialla” dal 1965 al 70 su Radio2 e i nomi dei conduttori sono due geni della comunicazione come Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. A loro si deve anche, dal 1971 e per 5 anni, “Per voi giovani”, che dà voce alle problematiche dei minorenni, trasmette la musica “sovversiva” come Bob Dylan, Lucio Battisti, Fabrizio De Andrè.
La Rai e la radio pirata
Sovversivo è anche il tentativo di aggirare la posizione predominante RAI da parte delle radio pirata, fenomeno iniziato in Gran Bretagna negli anni Sessanta che sfruttava le falle della legislazione vigente. La più celebre è Radio Caroline, istallata su un vecchio traghetto passeggeri danese adattato dal giovane irlandese con velleità imprenditoriali Ronan O’Rahilly che, con l’aiuto della sua famiglia – proprietaria di un porticciolo nel Nord dell’Irlanda -, inizia a trasmettere oltre le acque territoriali di sua Maestà la “musica del demonio” dai Beatles ai Rolling Stones passando per Eric Clapton.
Mentre da oltremanica arriva quel vento di libertà, a Partinico, nel profondo Sud, due ragazzi tentano di scrollarsi una cultura reazionaria che aveva spesso mortificato le aspirazione di una generazione.
E’ il 25 marzo del 1970, dal Centro studi e iniziative della cittadina a 30 km da Palermo, in realtà la cucina di Franco Alasia e Pino Lombardo, con negli occhi le macerie del terremoto della loro terra di 2 anni prima (il Belice), ruotano un manovella e dai 98.5 megahertz in onde corte dicono: “Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale dalla radio della nuova resistenza. (…) Siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo ascoltate si lascia spegnere un intera popolazione, la popolazione della Valle del Belice che non vuole morire”. E’ singolare che usino il verbo ”spegnere” così vicino alla terminologia radiofonica. Ideatore e regista dell’impresa di Radio Partinico Libera era stato Danilo Dolci, (sociologo e teorico della non violenza) che aveva capito la potenza di quel mezzo popolare, immediato comprensibile dalle masse di bassa scolarizzazione. L’emittente trasmette solo per 27 ore, poi viene confiscata. Ma da allora nulla sarà come prima.
La portata del cambiamento stava passando da un mezzo che aveva tutte le carte in regola per diventare l’amplificatore di una mentalità nuova. Cinque anni più tardi sarebbe arrivata la prima legge organica che avrebbe di fatto scardinato il monopolio RAI.