Giornalista di stampo anglosassone, ideatore in RAI di programmi di grande successo, Augias è soprattutto un intellettuale laico e cosmopolita
Lo si ricorda recentemente per il suo approdo al canale Tv La7, ennesimo esule dalla Rai, dopo nomi illustri quali Bianca Berlinguer e Lucia Annunziata, dopo oltre sessant’anni di onorato servizio. Che l’azienda pubblica abbia subito le occupazioni dai governi di turno in carica è cosa ormai risaputa, da quando il giornalista Alberto Ronchey nel 1974 aveva coniato il termine “lottizzazione” per indicare la spartizione dei canali televisivi sulla base dell’esito elettorale.
In apertura: “La gioia della Musica”, Rai3, 2024
Ma Corrado Augias è soprattutto un intellettuale di stampo anglosassone, melomane per passione, politico in senso etimologico (interessato alla vita civile del suo Paese), storico sui generis, sostenitore dell’eutanasia, giornalista di razza nella redazione del Mondo, l’Espresso prima e di Repubblica poi capitanata da Eugenio Scalfari. Autore di programmi antesignani come Telefono giallo, Babele, Domino, Quante storie fino alla Gioia della Musica su Rai3, ha lavorato nella grande Rai di Raffaele La Capria, Andrea Camilleri, Andrea Barbato, Carlo Emilio Gadda”.
Capire chi è Corrado Augias
Un passo indietro per capire chi è colui che nel 1994 decide di entrare in politica con il PDS di Achille Occhetto, impegno che onora per un lustro nel Parlamento europeo, quando viene apostrofato come un “provocatore dalla sinistra con metodi da KGB” dall’allora neoleader di Forza Italia Silvio Berlusconi a seguito delle legittime domande sulla loggia massonica P2. Dalla sua autobiografia “La vita s’impara” (Einaudi, 2024) si leggono pagine interessanti venate di disincanto che, talvolta, sfocia in cinismo, scritte comunque con la massima onestà di chi può sembrare un pessimista che, come vuole un detto popolare, è solo un ottimista bene informato.
Nato nel 1935 a Roma, Augias si professa “figlio della guerra” da un ufficiale della regia aeronautica poi partigiano e da madre ebrea. Il nome di battesimo lo deve a suo zio, morto prematuramente con il suo biplano sui cieli della capitale. Il cognome ad antiche origini catalano-provenzali (con Parigi non verrà mai meno un legame forte e longevo). Cresciuto dapprima nella colonia italiana Bengasi poi nel collegio cattolico di Via Tasso nel quartiere Appio-Latino, il giovane Corrado si forma negli anni del dopoguerra della rinascita e del consumismo. Sua madre lo vorrebbe prete, suo padre avvocato; sceglie la seconda frequentando “più le aule di Lettere che quelle di Giurisprudenza”. Entra nel partito socialista, legge Lucrezio, Leopardi, Spinoza Gramsci, Belli, Gobetti, ma anche i Vangeli e Paolo di Tarso. Si forma una coscienza curiosa della religione e della figura di Gesù ma fortemente laica e anticlericale. Il primo luglio 1960 vince il concorso alla Rai. Ecco come ne parla: “in più di mezzo secolo ho assistito al declino di un’azienda fiorente oggi ridotta come tutti sanno. Colpa dei partiti politici che l’hanno sbranata, un pezzo alla volta, ma risultato dei mutamenti intervenuti nel frattempo, la perdita della posizione di monopolio, la contrazione della pubblicità, un organo pletorico, la concorrenza delle piattaforme on demand”.
Augias e la Rai, tra radio e TV
In quegli stessi anni viene assunto anche mio padre e mi piace pensare che abbiano condiviso l’orgoglio di fare il proprio mestiere con lo spirito pionieristico che contraddistingue i sognatori. Sempre nella sua autobiografia, Augias ci riporta però con i piedi per terra: “Non ammetto volentieri ma devo riconoscere che il decadimento ebbe inizio con la fine del monopolio democristiano e l’ingresso dei funzionari socialisti con il primo governo di centro-sinistra”. Non so se sia stato veramente così, benché in famiglia qualche problema con la dirigenza Craxi lo abbiamo avuto anche noi, ma sicuramente il nuovo canale Rai3 nato dalla spartizione partitocratica (Rai1 alla DC, Rai2 al PSI e Rai3 ai comunisti) è stato foriero di “grandi novità: capire l’Italia, interpretandone i fenomeni sociali ma anche i fatti di cronaca”. Nel 1987, al neodirettore della terza rete Angelo Guglielmi si deve la scelta della conduzione di Augias per Telefono giallo, una trasmissione innovativa dove gli spettatori potevano intervenire con informazioni utili a chiarire i cold case: un programma che irruppe nell’immaginario degli italiani pescando a piene mani nella mitologia nera di ogni civiltà. Una pietra miliare nel suo genere.
Da allora, di radio e televisione Corrado Augias ne ha fatto tanta. Da inviato, da corrispondente, da giornalista della carta stampata soprattutto a Repubblica di cui ha condiviso albori e intenti. Arriveranno poi le fortune delle serie dedicate alle capitali europee, le inchieste su Gesù, i riconoscimenti come drammaturgo, scrittore, giallista e fine amante della musica, fino alle nuove puntate de La torre di Babele del canale di Urbano Cairo, una rete commerciale finalmente matura, fuoriclasse delle tv private che riesce a fare un intrattenimento di qualità stando nel mercato. E chissà ancora quante sfide lo aspettano e noi con lui, impazienti di assistere ancora a una televisione garbata e intelligente da parte di un giornalista, erede della cultura illuminista, per nulla ossequioso del potere, amareggiato dalle odierne derive oscurantiste che somigliano tanto ai cicli storici del passato da cui però – osserva dalle colonne di Repubblica – siamo sempre usciti con l’esercizio del pensiero critico a cui i giovani potranno attingere grazie alle conquiste della generazione di Corrado Augias.
Fonte delle immagini: RaiPlay