Antonio Vivaldi
Estro Armonico – Libro secondo – Café Zimmermann – Alpha (75’30”)
Avendo completato la preziosa serie di 6 cd dei Concerti per molti strumenti di Johann Sebastian Bach, il Café Zimmermann – uno degli ensembles più raffinati e e autorevoli per quel che riguarda il repertorio barocco – si dedica all’immenso catalogo dei Concerti di Antonio Vivaldi.
Il Café Zimmermann era il luogo ove si riuniva ogni settimana, a Lipsia, per un concerto di musica strumentale o di cantate profane, il Collegium Musicum, creato da Telemann e diretto da Bach, ed, essendosi intitolato con questo toponimo, l’ensemble illustra le sue intenzioni di presentare le opere in programma come «novità», musiche scritte per l’occasione, piuttosto che come un repertorio ormai logorato da decine di interpretazioni – più o meno originali, più o meno autorevoli – il più delle volte naufragate nella banalità prima ancora di essere uscite in mare aperto.
Mi sembra proprio che – così come per Bach – l’iniziativa del Café Zimmermann si annunci felicemente. Non si tratta di clamorose rivelazioni – come lo furono le prime interpretazioni del Giardino Armonico – ma di un approccio disinvolto, senza essere superficiale, e vitalizzante a questi concerti geniali e molteplici che assicurarono a Vivaldi, sin dalla loro pubblicazione, un successo europeo.
Più tardi Johann Sebastian Bach, con le sue trascrizioni per l’organo o il clavicembalo di alcuni di questi Concerti, ne sottolineerà l’importanza e la genialità, ma non credo che Vivaldi sia stato più che tanto sensibile a questo riconoscimento, continuando a manifestare la sua audacia ritmica e melodica con la spontaneità e la freschezza che hanno permesso alla sua musica di attraversare i secoli senza nulla perdere de loro fascino.
Ed è di questa spontaneità che il Café Zimmermann è felice interprete, con un’interpretazione viva e «contemporanea» della loro tensione drammatica e della profondità dei sentimenti della musica di Vivaldi.
ascoltate il Vivaldi del Café Zimmermann
Antonio Vivaldi
Sonate à flauto solo – Lorenzo Cavasanti: flauti dritti, Sergio Ciomei: clavicembalo & organo, Caroline Boersma: violoncello – Arcana A 366 (64’28”)
Quel che è certo è che nella Venezia del ‘700 il flauto dritto era strumento molto frequentato – compositori come Benedetto Marcello o Francesco Maria Veracini pubblicavano raccolte di musiche per questo strumento, diffuso anche – o soprattutto – tra i patrizi come i Querini (Stampalia), i Contarini (del Bovolo), i Grimani. Ed è anche ben noto che Vivaldi ha scritto per ogni sorta di strumenti, dai più noti e diffusi, a cominciare dal violino – il suo favorito, assieme al fagotto – ai più stravaganti come la viola d’amore, il salterio, lo chalumeau (antenato del clarinetto) sino alla tromba marina (una specie di contrabbasso con una corda sola).
Quindi, anche se l’unica Sonata di Vivaldi espressamente destinata al flauto dritto è la minuscola, facilissima RV 52 – presente in una raccolta dedicata ad un rampollo, appunto, della famiglia Querini di cui sopra – per molte altre Sonate senza esplicita attribuzione, si può legittimamente pensare che esse fossero destinate a questo strumento, il quale, peraltro, a livello professionale non era certamente mai suonato in maniera esclusiva, ma da virtuosi che erano altresì oboisti, flautisti (traversi), fagottisti etc.
Lorenzo Cavasanti – che è presente come solista nei più noti ensembles barocchi – suona ogni sorta di flauti, dritti e traversi – otto tipi diversi di flauto dritto in questo disco, inclusi i meno noti «flauto di quarta» e «flauto di voce» – in un’interpretazione sapiente e disinvolta, accompagnato da Sergio Ciomei al clavicembalo e all’organo e da Caroline Boersma al violoncello.
ascoltate le Sonate per flauto di Vivaldi
Antonio Vivaldi
Le Quattro stagioni – Frédéric Pelassy, Orchestre de chambre du Marais, Pascal Vigneron – Quantum (37’10”)
Un Vivaldi come non lo si sentiva da tanto tempo. Né il violinista Frédéric Pelassy né Pascal Vigneron, trombettista, organista e – all’occasione – direttore, con l’Orchestra da camera de Marais, hanno pretese filologiche, ma le loro Quattro stagioni son quelle che si sentivano ai bei tempi di Renato Fasano e dei suoi Virtuosi di Roma, che questa musica la hanno registrata quando era ancora una novità, se non una scoperta …
Un bel vibrato e dei tempi comodi, non traumatizzanti; un disco da mettere nelle orecchie di tutti, col rischio (o per il piacere …) di scandalizzare i baroqueux puri e duri. Si tratta di un’iniziativa del Festival Bach di Toul, di cui Vigneron è direttore artistico, ed un altro suo anacronismo è la durata, soltanto 37’10”, mentre oggi si tende a ottimizzare le capacità del cd – che può contenere sino a 80′ di musica – ed il potere d’acquisto del discofilo.