Maurice André
Trumpet Maestro – Bach, Vivaldi, Albinoni, Torelli, Hummel, Haydn, Jolivet etc. – Maurice André: tromba, orchestre e direttori vari – Indesens (78’03 + 78’47)
Questo numero della rubrica sarà abitato dalla nostalgia: la musica, quasi quanto una vecchia foto, può essere una straordinaria evocatrice di ricordi. Ricordi di altri tempi, di altri modi di far musica. Roma era ancora, alla fine degli anni ’60, musicalmente, piuttosto provinciale, incastrata nelle sue istituzioni: l’Opera, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Filarmonica romana … Giacinto Scelsi viveva nascosto nella sua casa all’Aventino, e le novità venivano da fuori; frequentavo, allora, sopratutto le prove, anche quelle chiuse al pubblico, e grazie alla mia faccia tosta ed alle mie conoscenze linguistiche, stringevo amicizie: ho fatto da guida per Roma a David Oistrach, stranamente abbandonato a se stesso, e i francesi – Rampal, Pierlot, Lancelot e gli altri fiati – me li portavo a casa. Il più simpatico, entusiasta di Roma ed ancor più della cucina italiana, era Maurice André; veniva a pranzo e non mancava mai, alla fine, di tirar fuori dalle capaci tasche della giacca una piccolissima trombetta – che non era, tuttavia, un giocattolo, ma uno strumento costruito apposta per lui, che lo usava per il secondo Concerto Brandeburghese di Johann Sebastian Bach (all’epoca non si parlava ancora di tromba barocca).
Maurice André è stato un immenso artista, non soltanto un impareggiabile virtuoso del suo strumento, ma un uomo dal gran cuore. Nato in una famiglia di minatori, giovanissimo – da 14 a 18 anni – aveva lavorato anche lui in miniera. Il suo primo maestro fu suo padre, appassionato di musica classica, e la banda della miniera il suo primo palcoscenico. Poi il servizio militare – anche quello in musica – il conservatorio e prestissimo i primi trionfi, ma Maurice André restò sempre legato al suo mondo (si recava ogni tanto a suonare per i suoi colleghi minatori) e ad una certa inimitabile semplicità e spontaneità che non gli impedirono tuttavia di interpretare con raffinata originalità i capolavori del repertorio per il suo strumento, dal barocco al contemporaneo, con i più grandi direttori (Herbert von Karajan lo aveva particolarmente caro) frequentando al tempo stesso, sopratutto agli inizi, il jazz, la musica leggera e quella per il cinema.
Un luminosissimo esempio della musicalità e della versatilità di Maurice André che ha saputo ricondurre alle glorie del XVIII secolo la tradizione e la scuola francese contemporanea della tromba.
Estratti musicali di registrazioni e video di concerti di Maurice André non mancano certo su internet. Basta digitare il suo nome ed avrete soltanto l’imbarazzo della scelta. Ma non soltanto musica: qui un’affascinante intervista (in francese) dell’artista 77 anni con la moglie Liliane, e Tanti auguri a te suonato su un vecchio, sgangherato clairon militare. E qui un’altra in cui André, ancora giovane, visita la miniera delle Cévennes nella quale aveva lavorato e rievoca, commosso, la sua infanzia.
Retour de Bayreuth
Onze improvisation sur des thèmes wagnériens – Loïc Mallié: organo – Hortus (63’47)
L’utilizzazione nel repertorio organistico di temi prelevati dalla produzione lirica alla moda non è certo una novità. Nella seconda metà dell’’800 si componevano intere messe che attingevano sopratutto alle musiche di Bellini e di Verdi, con la Norma, il Rigoletto e l’Aida in testa (la Marcia trionfale, nella trascrizione dell’organista Paolo Sperati accompagnava sovente i fedeli verso l’uscita dopo l’Ite Missa est).
Richard Wagner non ha scritto nulla per l’organo, e sembra che non amasse molto lo strumento – che pur aveva, già all’epoca, una sonorità ed una ricchezza di timbri che avrebbero dovuto lusingarlo e stimolarlo. La sua musica ha tuttavia perseguitato anch’essa generazioni di organisti incatenati al carro del Coro nuziale del Lohengrin, tormentone di tutte le entrate – o uscite – matrimoniali (con la sola alternativa della Marcia di Mendelssohn).
Questo interessante cd è un’alternativa alla retorica di cui sopra. Loïc Mallié, che è un appassionato wagneriano ed un profondo conoscitore degli organi Cavaillé-Coll (l’organo romantico per eccellenza), presenta una serie di improvvisazioni estremamente libere, vero viaggio di esplorazione dell’universo di Bayreuth a cui si riferisce il titolo del disco. Nel rispetto dei temi e delle atmosfere, una vera lezione di improvvisazione, ed una registrazione esemplare.
ascoltate gli estratti del cd
Les Trompes de Chambord
Musique de vénerie – Ad Vitam Records (59’05’’)
Ancora ricordi di tempi lontani, quando nella campagna romana si cacciava ancora a cavallo. Le volpi dormivano sonni tranquilli, si cacciava «alla strusa» (o «drag»): un cavallo partiva avanti con attaccata alla sella una cordicella alla cui estremità era uno straccio imbevuto di pipì di volpe; un certo tempo dopo seguivano cani e cacciatori guidati dal Master seguendo un percorso più o meno avventurosamente movimentato sino alla conclusione, incruenta, ma che soddisfaceva tutti senza turbare i protezionisti (che, a quei tempi, tuttavia, non manifestavano).
In Italia non si usavano quelle specie di corni, che, malgrado l’apparenza, si chiamano trompes de chasse, soltanto la stridula trombetta con la quale l’Huntsman stimolava i cani, ma tutti sognavamo le Fanfare, gli Hallalí e gli altri richiami e segnali che avevano risuonato nelle ombrose foreste delle Cacce Reali e che avevamo ascoltato in una rarissima – all’epoca – registrazione importata dalla Francia.
Oggi Ad Vitam Records mette ben più facilmente a disposizione dei nostalgici – e degli amatori di quelle belle, uniche sonorità – la magia evocatrice così efficacemente descritta da Guillaume Apollinaire : «Les souvenirs sont cors de chasse / dont meurt le bruit parmi le vent» (I ricordi son corni da caccia / il cui fragore muore tra il vento). Il disco è stato realizzato grazie alla passione ed al virtuosismo delle Trompes de Chambord che hanno registrato – nel castello di Chambord, appunto – un programma di fanfare ed altri richiami tradizionali (la maggior parte risale al XVIII secolo) ricco di titoli evocatori : Le Point du jour, Le Passer l’eau, La troisième tête, Le Dix cors jeunement, Le Grand Retour de chasse, L’adieu des Piqueux … Il tutto nella splendida registrazione di Jean-Yves Labat de Rossi, ricca di echi e di affascinanti risonanze.
ascoltate Les Trompes de Chambord
alla breve
Brahms – Schumann
Works for cello & piano – Bruno Philippe: violoncello, Tanguy de Williencourt: pianoforte – Evidence (64’58)
Per il loro primo disco, il giovanissimo violoncellista Bruno Philippe ed il pianista Tanguy de Williencourt che l’accompagna hanno scelto tre capolavori emblematici del repertorio romantico per il violoncello. Non a caso si inizia con la Sonata op.38 di Johannes Brahms, che sotterranea, insinuante, proclama un nuovo modo per lo strumento di entrare in scena, senza virtuosistiche prese di posizione ma con una poetica invocazione sostenuta da un suono ampio, caldo e vibrante in una affascinante polifonia. Già con il terzo movimento, un Allegro fugato, l’atmosfera cambia ed il violoncello occupa ormai la scena senza false timidezze né esitazioni (giusto qualche ammiccamento …). L’itinerario si ripete con i tormentati Fantasiestücke op.73 di Robert Schumann, nei quali il solista dà prova di una straordinaria maturità ed intelligenza della partitura. Conclude il programma la Sonata op.99 sempre di Brahms, la conferma di un ruolo ormai definitivamente assunto dallo strumento solista.
Ancora una conferma dell’impegno di Evidence, un’editore attento ed aperto ad una politica di valorizzazione dei giovani talenti.
qui potete sia ascoltare l’Allegro vivace dalla Sonata per violoncello e pianoforte no. 2 di Johannes Brahms che vedere un clip sulla registrazione di uno dei Fantasiestücke op.73 di Robert Schumann
Peter-Anthony Togni
Responsio – Jeff Reilly: clarinetto basso, Suzie LeBlanc: soprano, Andrea Ludwig: mezzo-soprano, Charles Daniels: tenore, John Potter: tenore – ATMA classique (48’)
Una singolare, impressionante e suggestiva re-interpretazione dell’austera vocalità di Guillaume de Machaut e del suo capolavoro, la Messa de Nostre Dame. La composizione di Peter-Anthony Togni – compositore canadese di origine italiana – riflette, commenta, réfuta, contraddice e decora le voci denudate di questa icona medievale. Come un viaggiatore a ritroso nel tempo, un clarinetto basso, con una magica, inattesa gamma di sonorità ed il fascino delle sue note gravi, improvvisa attorno alla spiritualità del materiale vocale, penetrando le luminose, eteree architetture romaniche della composizione che è insensibilmente trasportata dal XVI al XXI secolo.
Protagonista della registrazione è il clarinettista Jeff Reilly, circondato, inseguito, volta a volta trattenuto o precipitato da quattro splendide voci abituate alla frequentazione del repertorio antico e contemporaneo (John Potter ha fatto parte dell’ensemble Hilliard ed è uno dei protagonisti del progetto Officium di Jan Garbarek) e che partecipano con passione a questa fantastica avventura.
un video di Responsio in concerto